In copertina: Konstantin Yuon “New Planet”, 1921
Oggi tutto è X. Musk fu il primo a cogliere questo trend a livello di massa, o forse ad esemplificarlo proiettandolo in avanti assieme alla monetizzazione del meme e del fallimento. Una sorta di marketing negativo che quegli attardé delle università spiegheranno quando sarà ormai disteso ed inefficace, citando nomi a caso ed al meglio: Putnam, riavvolgendo il nastro fino a “teoria ipodermica e pippe di massa”: 30 e lode.
Un prodotto nuovo deve essere X. Un museo moderno deve essere X. Un bene di lusso deve essere X, come lo storico Yacht X-102. Persino un dentifricio è X, oppure è vecchio come la Lancia Y. X è il contemporaneo, non inteso come genere di cose, ma come marker simbolico dell’incertezza del tempo presente. Umberto EXXON.
Non serve creare un nome fiko: è pacchiano, diverte solo i boy scout del linguaggio politicamente corretto che non han mai limonato in discoteca e sarà subito superato. La creatività è ormai evidentemente uno sforzo inutile, come cercava già di spiegare a suo tempo Enzo Mari, mentre la comunicazione dissolve i contenuti in quanto contrario della conoscenza (Perniola).
I social ne sono un esempio accelerato. Puttanate rizomatiche, trastulli semiotici per incerti perfettamente automatizzabili allo scopo di intrattenere gente X.
I raggi X e mister X sono gli archetipi, X-men il conclave della spettacolarizzazione. X è avveniristico, è una Fiat sportiva a due posti disegnata da Bertone negli anni ’70, è rivendicazione di diritti civili degli afroamericani con Malcom. Raddoppiando la lettera, si indica la coppia di cromosomi che caratterizza oggettivamente la femmina, e moltiplicato per tre dà il porno. Se esce un virus nuovo è per forza il virus X. X funziona. X è paradossalmente una certezza.
X è una variabile pronta ad essere sostituita con un numero, il numero dell’ora X: la tua ora.
Facciamo un passo indietro.
Quando vivevamo nel futuro, prima di questa Xteria spaziale che indica Marte per monetizzare da un’altra parte, a NY c’era comunque Adam X, ed esisteva la techno con un suo immaginario avveniristico ma analogico. In fatto di tecnologia, certamente l’OBX della Oberheim giocava un ruolo fondamentale nella messa a punto del sound di Jeff Mills, forgiato a metà anni ’90, malgrado quasi tutta la tecnologia utilizzata dai demiurghi di Detroit venisse dal Giappone, che di afroamericano non ha mai avuto nulla. Potremmo dire che la techno è un prodotto di Kikumoto, visto che il genere vedeva le macchine da lui disegnate come principalmente coinvolte; tuutavia sarebbe riduttivo, come lo sarebbe trascurare il ruolo dell’EBM belga, oggettivamente prima specie embrionale, mentre nella Motor City si faceva invece del funk elettronico, che solo successivamente si evolve in quella che poi si è convenzionalmente chiamata techno: un prodotto della globalizzazione intuito ed accelerato da Richie Hawtin, che faceva networking globale con la +8, prima dell’esistenza di Internet.
Come il jazz (cit. Giampiero Cane a riguardo), tale tipologia musicale è innanzitutto generata dalla modernità, non peculiarmente parto di una comunità precisa e mitizzata a scopo strumentale, sebbene ne siano emersi soggetti ed autori non trascurabili. Infatti tale comunità si avvaleva specialmente di strumenti importati, non parte della propria tradizione.
La modernità deriva necessariamente dalla tecnica e dalla possibilità in potenza del profitto: macchinari automatici svolgono il ruolo di costosi turnisti, generando implicazioni inedite e possibilità di declinazioni del gusto.
Sia il jazz che la techno, e così pure il punk, il rock in generale, l’hip hop e tutto il resto che è legato alla cosiddetta industria culturale, si sono sviluppati all’interno del capitalismo e ne compongono una varietà oggettiva. Probabilmente in origine sono stati creati costrutti più sani ed autentici di altri, ma spesso ridondanti e deviati, proprio come accade con il citazionismo nei paper accademici. Tutto ciò rende più difficile il digging per quanto riguarda la musica e la ricerca per quanto concerne il ruolo degli studenti; attività che potrebbero svolgersi in modo automatico, se ben indirizzate e purgate da vizi dottrinali.
Tutte queste operazioni spesso impediscono di scorgere evidenze apparentemente banali. Ad esempio si può notare che, per qualche ragione, sono sempre esistite nell’industria culturale e specialmente musicale corrispondenze e riferimenti all’immaginario sovietico, probabilmente per dare una spinta accattivante e ribelle al manufatto, come per i i Sigue Sigue Sputnik, oppure per enfatizzare una certa spinta data anche dai razzi che si fumavano i jamaicani Skatalites, originators del genere ska.
Prendiamo proprio questo esempio: il nome della band era infatti un gioco di parole inventato da Tommy McCook, ispiratosi ai satelliti spaziali russi: per il lancio dello Sputnik 1 fu scelto e sviluppato il razzo vettore R-7 “Semërka”, un missile balistico intercontinentale alto 34 metri e a due stadi.
Rientrando nell’orbita techno di Mills, riscontriamo invece una serie X dalla turbolenta sonorità analogica legata presumibilmente ad archetipi X di matrice fumettistica, a loro volta di derivazione scientifica, imparentati con lo spionaggio come esito della Guerra Fredda I: l’agente X, l’arma letale X…
La bomba H invece si sapeva da mezzo secolo cos’era, e sembrava un pericolo scampato con l’avvento della Perestrojka: una sorta di deterrente fossile del XX secolo, che tuttavia non ha mai smesso di svolgere la sua brava funzione.
Non possiamo fare a meno di notare che X in cirillico si scrive Kh, e per questo le ricerche su Google non hanno mai portato alla luce prima d’ora questa evidenza che sto per introdurre pubblicamente in anteprima qui, partendo da questa sintetica descrizione presa in prestito dal sito del CSIS (Center for Strategic and International Studies based in Washington, D.C.) nella quale ho operato la sostituzione grafica del dittongo Kh con la lettera X, così come si pronuncia in occidente, per rendere immediatamente l’idea:
The X-101 / X-102 is a line of conventional and nuclear capable air-launched cruise missiles (ALCM) developed and deployed by Russia. A stealthy missile, the X-101/-102 is designed to defeat air defense systems by flying at low, terrain-hugging altitudes to avoid radar systems. The X-101 carries a conventional warhead, while the X-102 is believed to carry a 250 kt nuclear payload.
(…)
The X-101 carries a conventional 450 kg warhead, and can be equipped with high explosive, penetrating, or cluster/submunition warheads. The X-102 reportedly carries a 250 kt nuclear warhead, but some report the warhead could be larger, up to 450 kt.11.
(…)
Since entering service in 2012, the Russian air force has employed the X-101 several times in combat operations.
(Per approfondimenti tecnici e storici sull’utilizzo dell’arma)
X-101 e X-102 erano dunque anche i nomi di testate che entrano però in servizio dal 2012, utilizzate in seguito principalmente contro obiettivi ISIS in medio oriente, mentre le tracce di Jeff X-101, X-102, X-103 degli anni 1991 e 1992, erano delle bombe. In questo caso non è dato sapere se a Detroit fossero a conoscenza di come si chiamassero i piani balistici provenienti dal patto di Varsavia, che stavano testando esattamente in quel frangente, o se agli ingegneri russi, ironia della sorte, piacesse la techno. Probabilmente entrambe le conclusioni.
Nei primi due dischi sono presenti anche Banks e Hood, il nucleo originario degli UR.
In X-103 invece Mike non è più del gruppo, poiché, essendo teorico della musica intesa come sonic weapon, aveva già seminato e si era fatto da parte per curare altri progetti noti come Red Planet.
Contrariamente a quello che tutti i guru dell’afrofuturismo propugnano, con a volte l’aggravante di essere accademici, Banks non è infatti afroamericano, bensì un fan degli All Blacks di origini neozelandesi. L’eco Pacifico (maiuscolo!) di Pearl Harbor, che in codice si chiamava guarda caso operazione Z (omissis), è proseguito in forma di milizia sonica e militanza sfociata in una sfida contro le major e terminata in una standardizzazione berlinese canonizzata dal gemellaggio con Detroit, diventata ora attrazione culturale turistica tutelata dall’Unesco, proprio come un sentiero delle Dolomiti o un qualche borgo medievale pieno di gente con i panini al sacco.
I titoli delle tracce di X-101 non lasciano spazio all’immaginazione: Sonic Destroyer, Rave New World, The Final Hour, G-Force, Whatever Happen To Peace, Mindpower.
Si è sempre usato il gergo militare per definire risultati culturalmente deflagranti, a cominciare dalle avanguardie, che non erano certo composte da retrovie, come attualmente accade purtroppo a coloro che seguono i followers, soggetti che arrivano irrimediabilmente in ritardo; parimenti i critici musicali, i critici in genere, ed i lettori, eterni secondi, che giungono sempre a posteriori rispetto a chi ha scritto e già pensato, anche se in realtà, nulla è più avanti o più indietro quando si tratta di autoevidenza. Per vedere però, servono occhi. Non a caso Hood adotta lo pseudonimo di The Vision…
Mills rilancia con Hood il progetto X-103, quando l’artiglieria russa si ferma invece al modello X-102.
Anche se la coincidenza tra titoli delle tracce e le sigle dei missili russi rimane in balia degli artisti del cospirazionismo, bisogna sottolineare che il padre di Mills lavorava alla Nasa (no, nessuno di quelli della Detroit techno viene dal ghetto come necessita di narrare qualche maniaco accecato dalla dialettica hegeliana). Abbiamo così l’evidenza che l’immaginario legato alla colonizzazione dell’universo di cui Mills fa riferimento nella traccia Glen21 del disco Preview del 1999, riflette comunque i capestri del Cosmismo russo di Fedorov, concepito negli anni 20 del XX secolo. Non fu una visione inventata dai Sun Ra, né tantomeno dal sequel dei Funkadelic. Tutto ciò si presenta infatti come una derivazione in forma attualizzata e musicata dalle avanguardie di inizio ‘900.
In questo spazio ideale, la cosa peggiore che possa essere accaduta al secolo scorso è dunque forse John Lennon: nessuna avanguardia senza guerra. Gli UR sono prima di tutto dei marines, non dei giocatori di padel, ed al limite dei fruit ninja come Abdul Haqq (taglia beatamente cocomeri con una katana nel suo giardino a Detroit). L’evento migliore invece è stato senza dubbio il palesarsi ed il confermarsi di Marinetti: nessun afrofuturismo senza futurismo. Idee ed intenti. Intenzione. Warfare e sonic warfare.
La storia si fa col compasso, non con la stecca; col compasso poi non si fanno solo cerchi. (cit. Giovanni De Donà www.kooeditions.art)
Lascio a voi giocare con queste e altre congetture per rifuggire dalla noia professorale e dal ruolo di influencer. Tutti i titoli, le coincidenze ed i riferimenti letterari (Huxley ecc) nonchè scientifici (forza di gravità…), potranno essere liberamente evocati e collegati da soli, seguendo le parabole che preferite, magari evitando liberamente puttanate strutturaliste tendenti a propinare una storia che vede annullata l’intenzione del soggetto, o addirittura lo stesso soggetto, se non volete ritrovarvi a scorrere sterili cumuli di dati, per finire col spararvi di nuovo il mito prometeico senza nemmeno il tenente Uhura.
Niente è (solo) come sembra, e forse neanche. Buon viaggio dall’agente X.
Niet Signala
Avvertenza: Niet Signala è un autore del passato che è stato ricreato in esclusiva per la redazione di Frequencies da un team sperimentale di ricercatori con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale.