Nel secondo appuntamento della rassegna Inner_Spaces all’auditorium San Fedele di Milano, lunedì 9 ottobre, in collaborazione con la Milano Digital Week, si succedono due momenti musicali: la rappresentazione di “Reflection”, opera di Brian Eno del 2017 che rispecchia la recente preoccupazione dell’artista nel predisporre dispositivi musicali di ambient generativo, e il viaggio audiovisivo nelle “Phantom Islands” di Andrew Pekler, ricostruzione di una mappa oceanica con diverse tappe nelle isole annotate nei diari di viaggio o nelle esplorazioni marittime del passato ma in realtà mai esistite. Due modi di investigare la tematica dello sviluppo dei limiti partendo dal linguaggio di artisti che integrano tecnologie digitali, però al servizio di un’esperienza di ascolto live comunitaria, di una modalità fruitiva in presenza di tipo immersiva, grazie all’impianto audio spazializzato di San Fedele.
Brian Eno ha concepito “Reflection”, uscito su etichetta Warp, come il suo esperimento ambient più sofisticato attraverso una app. Rispetto ai suoi progetti degli anni Ottanta, in cui il musicista britannico sottolineava l’intenzione di costruire musica senza una fine, musica che avrebbe potuto durare per tutto il tempo che si voleva, negli ultimi anni l’interesse si è invece orientato nel desiderio di proporre l’ascolto di un’opera in una modalità ogni volta diversa, “come sedersi a guardare un fiume che scorre: è sempre lo stesso fiume, ma cambia totalmente”. Bisognava trovare una soluzione tecnica che gli permettesse di superare lo scoglio del supporto fisso: “Le registrazioni – ha spiegato Eno – che siano su vinile, CD o musicassette, sono uno strumento limitato in termini di lunghezza, così suonano uguali ad ogni ascolto, quindi in passato sono stato limitato da questo problema. Reflection ha ancora questo problema nella versione CD e vinile. Ma l’app attraverso la quale Reflection è stato prodotto non ha restrizioni: crea un cambiamento senza fine per questa composizione. La creazione di un tipo di musica come questa segue tre stadi di sviluppo: il primo riguarda la selezione del materiale sonoro e della modalità musicale – una costellazione di relazioni musicali. Queste sono quindi esplorate attraverso un sistema di algoritmi che cambiano gli elementi iniziali che ho introdotto, conducendo a un flusso (o fiume) musicale in perpetuo cambiamento. Il terzo stadio è costituito dall’ascolto. Una volta approntato tutto il sistema, passo molto tempo – molte settimane invero – a sistemare le giuste tracce e settare le regole che governano gli algoritmi. È molto simile al giardinaggio: pianti i semi e continui ad alimentarli fino a quando ottieni il giardino che vuoi”.
Si propone dunque, per la prima volta con l’acusmonium Sator, un ascolto immersivo di Reflection mediante l’applicazione disponibile su Apple TV, che è pensata per far suonare diversamente gli intrecci musicali in base al momento della giornata: “L’armonia è più luminosa al mattino, gradualmente si attenua nel corso del pomeriggio per raggiungere la sua veste originale alla sera”.
Conclude la serata “Phantom Islands” di Andrew Pekler. L’artista tedesco, presente in sala, ricostruisce con un live audiovisivo una mappa degli oceani e conduce il pubblico come in una nave alla scoperta dei suoni misteriosi di isole fantasma. Secondo la descrizione del progetto, le Phantom Islands sono i prodotti dell’era delle scoperte marittime e dell’espansione coloniale. Durante i secoli di esplorazione oceanica, queste isole sono state avvistate, mappate, descritte e persino esplorate, ma la loro esistenza non è mai stata definitivamente verificata. In bilico da qualche parte tra cartografie e finzione marittima, esse hanno assillato le mappe marittime per secoli, ispirato leggende, fantasie e storie inverosimili. Un atlante sonico interpreta e presenta questi luoghi immaginari sotto forma di una mappa degli oceani del mondo in cui una serie di Isole Fantasma, tracciate nei documenti storici, possono essere scoperte. All’immagine di ogni isola viene correlato un paesaggio sonoro, fino alla composizione di un arcipelago globale di plausibili ma fittizie connessioni etnomusicologiche grazie a una serie di registrazioni irreali. La musica, sebbene generata e programmata con sintetizzatori, emula ed evoca alcuni aspetti ritmici e timbrici associati dagli occidentali alle tradizioni musicali non occidentali – dando l’effetto complessivo di un suono quasi etnografico, di mondo pseudo-tradizionale.
Ingresso libero fino a esaurimento posti
Info: http://www.innerspaces.it / musica@sanfedele.net
Comunicato stampa
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