L’era del computer e la nuova frontiera del sinfonismo

"Silver Apples of the Moon" di Morton Subotnick

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Morton Subotnick, compositore statunitense di origine ceca, va definito come iniziatore della musica elettronica, perché ha segnato uno spartiacque fra il prima e il dopo.
Silver Apples of the Moon esce nel 1969, in un periodo di profondi rinnovamenti in campo musicale e sociale. Era il tempo dei grandi cambiamenti, della voglia di esplorare territori nuovi, di battere strade mai percorse fino ad allora.
Subotnik si inserisce a pieno diritto in questo clima culturale e ne cavalca gli umori fino in fondo, arrivando ad un’innovativa concezione.
Una volta inquadrato il personaggio sul piano storico, è vitale menzionare la sua formazione.
Egli ebbe come maestro uno dei grandi protagonisti della contemporanea del novecento: il francese Darius Milhaud, il quale, oltre ad essere un compositore rivoluzionato e membro del cosiddetto Gruppo dei Sei (Honegger, Milhaud, Poulenc, Tailleferre, Auric, Durey), è stato anche un insegnate di musica dalla cui scuola sino scaturiti fior di artisti.
Lo stile di Milhaud non è in contrasto con la tonalità ma è rivolto allo sviluppo di quest’ultima in direzione avanguardista, per elaborare la cosiddetta politonalità; composizioni differenti scaturite da fonti sonore diverse, convergono a creare un universo di assonanze poligonali.
Subotnik apprende questa lezione e la fa sua. Importa tale stile e lo traduce in un’inusitata modalità di elaborazione, perché a suo dire: “sognavo un mondo senza pianoforti e violini”.
Quindi insieme all’ingegnere del suono Don Buchla elabora un moderno modello di sintetizzatore, il Buchla appunto. Sarà con questo strumento che realizzerà l’opera che lo renderà famoso, che gli fu commissionata dalla Nonesuch, una label corollaria della Warner Bros specializzata nell’avanguardia, con un occhio particolare alle allora inesplorate frontiere della ricerca elettronica.
Silver Apples of the Moon è divisa in due parti dalla durata di circa un quarto d’ora. La prima
esplora la timbrica e la ricerca del suono computerizzato. La seconda pone l’accento più sulla ritmica. Il titolo è ispirato a una poesia di Yeats.
La caratteristica fondamentale è quella di avere una struttura secondo uno schema classico di consonanze; siamo lontani da qualsivoglia improvvisazione e dalla ricerca della dissonanza.
Alterna momenti di eterea volatilità a slanci impetuosi, ma nel complesso è dotata di una sua struttura corposa. Più che nell’ambito astratto, siamo dalle parti di un concretismo; ma non nel significato della musica concreta di Pierre Schaeffer, bensì nella realizzazione in una nuova timbrica di una struttura melodica già collaudata.
Parlando di Silver Apples of the Moon, se per sinfonia si intende etimologicamente una consonanza sonora (dal greco sun phonè, “suono con”) allora il capolavoro di Subotnik rientra a pieno diritto nel novero dei lavori sinfonici, con l’unica differenza che il Buchla ha preso il posto dell’orchestra. Una volta codificati i canoni, il maestro traduce anche in atto la sua visione dedicata al cosmo, trasportato dall’entusiasmo del tempo che si percepiva per i voli nello spazio (siamo nell’anno in cui vi fu il primo storico allunaggio dell’equipe Armstrong-Aldrin-Collins).
In definitiva, la novità introdotta dall’americano è una straordinaria apertura alla computer music, ad un nuovo modo di pensarla.
Due curiosità a riguardo: il titolo ha disputato la ragione sociale di una band considerata fra le più progredite dell’ultimo scorcio degli anni ’60, i Silver Apples; in seconda battuta, gli inglesi Laika produssero nel 1994 un disco con lo stesso titolo della composizione.

Marco Fanciulli