Piercarlo Bormida, creatore di universi olografici

Come disse uno dei Plaid alla domanda: "Dove hai trascorso questi anni?" Rispondo anche io: "Nella mia testa!"

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1987

Ripensare a quanto sia stata compagna di vita ed ancora lo sia, è qualcosa di cui ti rendi conto inconsapevolmente ogni giorno quando la prima cosa che fai è ascoltare gli stimoli sensoriali che caratterizzano la tua esistenza ed immancabilmente immaginare di inserirli in un contesto creativo di composizione (il suono della sveglia, gli uccellini nel bosco, l’acqua del torrente, la caffettiera che sbuffa, etc.)…

Abbiamo incontrato Piercarlo Bormida, protagonista di una delle avventure più intense della scena elettronica italiana; dall’esperienza IDM di Betulla Records, al rock dei Marlene Kuntz, agli infiniti progetti solisti o in gruppo, siamo davanti a una storia che va ascoltata fino in fondo, raccontata direttamente dall’autore:

Piercarlo Bormida:…In questo caso ricordare i momenti salienti di un’esistenza vissuta con la musica non mi provoca nostalgia, per il semplice fatto che non la si può percepire per qualcosa che continua ad essere presente in maniera quotidiana: ringrazio quindi Simone KK di Frequencies per essersi innanzitutto ricordato del sottoscritto e conseguentemente per avermi permesso di mettere a fuoco i mo(vi)menti vaganti di quello che mi piace definire il mio ‘disco rigido organico’.

Come disse uno dei Plaid alla domanda: “Dove hai trascorso questi anni?” Rispondo anche io: “Nella mia testa!”

Io vedo l’uomo come un creatore di universi olografici (laddove nella grafica includo anche il suono), in relazione ad un mondo esterno che è assolutamente parte di noi. L’importante è non rinchiudersi in sé stessi, ma interfacciarsi con quello che creiamo. Sono arrivato a questa conclusione soprattutto dopo essermi allontanato volontariamente dal modello cittadino, rifugiandomi nella natura, ormai diversi anni fa.
Da un po’ di tempo a questa parte mi soddisfa comporre come farebbe un geologo, lavorando sulla stratificazione di vari livelli, uno dopo l’altro, in un’opera certosina di incastro e simpatia sonora fra gli elementi che presi singolarmente a volte non dicono nulla, o poco, quantomeno ad un ascolto distratto. E questo modus operandi lo devo esclusivamente appunto al mio isolamento. Non potrebbe essere altrimenti e sempre di più accolgo la scelta che prima di me fece l’ eccentrico Pete Namlook, che purtroppo non ho avuto occasione di conoscere personalmente, ma col quale condivido la passione per l’orto e la campagna, unita a quella per il sound elettronico. Il fatto di vivere alla macchia mi permette di farlo secondo ritmi sincronici con l’ambiente e non aver a che fare con la fretta: sono convinto che la lentezza sia la matrice della qualità. Ripercorrendo la mia esperienza come musicista, la via più facile per darle un senso è quella legata ai vari pseudonimi con i quali ho prodotto in questi anni. Di fatto credo in questo modo di aver arginato un disturbo di personalità multipla!

Tristan Tzara: Nata nel 1984, è stata la prima band con cui mi son buttato a capofitto nel mondo musicale. Fui ingaggiato da un manipolo di new wavers e rapito da una adolescenza incentrata sullo studio del pianoforte e le materie classiche; ne sono sorte tante registrazioni su tape (di cui alcune ora disponibili su youtube) ed un solo disco house x il Sintetico di Torino con la vocalist Tischy. Siamo stati il primo gruppo techno-pop-industrial del nord Ovest, fortemente influenzati dai Depeche Mode e dall’elettronica post-industriale. Erano anni in cui ci si divideva fra l’acconciatura di un ciuffo geometricamente impeccabile ed un rifiuto per il mondo contemporaneo fatto di disprezzo per il sistema come per l’amore per le nuove sonorità. E’ nata allora la passione per gli strumenti elettronici e la mania di collezionare sintetizzatori analogici, modulari e poi digitali ed in particolar modo la focalizzazione per il sound design e l’attenzione al micro. Ho acquistato diversi dischi da quelli che allora erano luoghi di perdizione: l’esaltazione per aver trovato un vinile dei Throbbing Gristle o dei KMFDM, la voglia di condividere l’ascolto di quelle perle da un giradischi in compagnia degli amici fidati, il sentirsi parte di una comunità intenzionale fuori dagli schemi. Queste componenti sono rimaste per fortuna, anche se hanno preso sembianze diverse. Ad ogni modo la compagine (specie dopo aver ridotto l’organico da 4 a 2) è ben presto divenuta un punto di riferimento per le serate techno (al tempo seminale) piemontesi, avendo da subito sposato questa accezione di fare musica, attraversando il newbeat e l’acid-house. Siamo stati attivi nei raves torinesi, dai centri sociali agli Psylocyborg, dai clubs, agli innumerevoli parties organizzati talvolta anche in prima persona sotto diverse crew (Onda Quadra, Killer, etc.).
Parallelamente sono stato per breve tempo tastierista dei Marlene Kuntz, miei concittadini; le registrazioni del demo tape con la banda rossa conservano i miei interventi elettronici col sampler S50 ed il sequencer Roland MC500 che mi sono valsi una citazione nel libro a loro dedicato pubblicato nel 2005. L’esperimento non ha avuto lunga durata perché mi sono poi tuffato in quella che sarebbe stata per me un’impresa decisamente più congeniale, Betulla Records. Per quanto non abbia mai inseguito il successo, ho sempre fatto musica prima di tutto per me stesso. Tuttavia tutto si è ben presto omologato con l’esaltazione della figura del DJ, sostituito alla rock-star, ma ricalcandone la caricatura. Opinione questa condivisa da molti ribelli della prima onda.
Ho avuto l’opportunità recentemente di ricordare la mia fase come Acid Front.
Fu  come portare la mia esperienza  fuori dal contesto regionale ed affacciarmi addirittura all’Europa ed agli USA. La label Muzak e in particolare Fabrice dj (Fabrizio Lazzari ndr), decise, dopo un attento ascolto, di pubblicare il mio primo vinile come solista. Ciò ha reso visibile il mio moniker nei clubs e nei raves europei, regalandomi una certa popolarità che ironicamente sopravvive ancora oggi.
Il nome è stato riesumato come tribute da un collettivo nord-europeo che ha ripreso l’estetica acid house della prima ora, come dimostra il brano Decay Probability sul lato B del disco, stampato in mezzo ad altri di allora. Lo studio di registrazione era ieri come oggi la mia camera. Dopo il periodo del Modulo, definito dal fonico e compagno di avventura Riccardo Parravicini come “il primo vero studio di registrazione/studio grafico/co-working/etichetta discografica in Cuneo -probabilmente in Piemonte”, sono tornato alla comodità dell’ home headquarter: poter creare in qualsiasi momento del giorno e della notte in compagnia dei cani, dei gatti, degli insetti occasionali e dei tanti libri (anche loro hanno un anima) con cui condivido lo spazio.

Procton: io e il mio socio Paul Beltrando aka Atzmo (siamo i due reduci dei Tristan Tzara che hanno continuato a fare della musica la propria ragion di vita e creato Betulla Records) ci siamo specializzati nel d’n’b, per quanto sempre con un’accezione sperimentale e melodica. Ci siamo esposti molto dal vivo: dall’Estragon e dal Link di Bologna, a numerose locations nei più sperduti angoli della penisola, come il Capolinea di Entracque ed il Nuvolari Libera Tribù dove abbiamo nel tempo organizzato diversi eventi con artisti ospiti (ricordo fra tutti i D’Arcangelo, Marco Passarani e Jolly Music, Fingernail, Dougee Dimensional dei GentlePeople solo per citarne alcuni).
L’ aspetto discografico invece è stato minoritario anche se però abbiamo registrato un CD in Svizzera, dopo esser stati contattati del produttore Davide Poggio. Lo abbiamo inviato alla mitica etichetta inglese Warp, che ci ha risposto con una lettera che ancora conservo ma che purtroppo non ha dato seguito alle nostre speranze. Una piccola soddisfazione legata a questo moniker è tuttavia avvenuta durante il live di Zombie Nation al Sonar, perchè a Barcellona ha indossato la t.shirt dei Procton di fronte ad un pubblico davvero vasto, essendo la sua performance momento topico della International Deejay Gigolo. Con Florian Senfter abbiamo poi suonato in diverse occasioni, avendolo ospitato in svariati locali italiani dopo aver stretto con lui rapporti di sincera amicizia che perdurano tutt’oggi, malgrado il suo trasferimento a New York. Addirittura qualche anno fa, ha scelto come meta delle sue vacanze il mio casale di campagna: se gli ignari compaesani sapessero chi era in realtà quel papà affettuoso che passeggiava come un qualsiasi tedesco in villeggiatura!
Il pezzo Run (uno dei pochi dove si può sentire la mia voce, vocoderizzata col Korg VC10) ha avuto dopo anni una sua collocazione emozionale con il remix del 2020: la liberazione di Lucio, una volpe che abbiamo curato al Bardo prima di rimetterla in libertà nel bosco, mi ha ispirato ad usare il brano come colonna sonora di questo momento di particolare intensità. Vi ricordo che vivo in campagna, dove ho fondato una comunità intenzionale che si chiama Il Bardo micronation (vera e propria micronazione per artisti, operatori olistici e liberi pensatori) e all’interno della quale ospito alcuni animali recuperati da situazioni di maltrattamento (come cavalli ex campioni di gare ad esempio), e dove offro ospitalità e stallo temporaneo ad altri selvatici in convalescenza, prima di restituirli al loro ambiente naturale.

Seiko: è stato definito miglior demo d’n’b secondo the vibes-net ma è rimasto tale; ancora una volta niente uscita ufficiale. Le componenti sono state però proposte con ottimo feedback da parte del dancefloor ripetutamente nel corso del periodo d’n’b live al Link, al Brancaleone e nei pochi club italiani che al tempo davano spazio a questa declinazione musicale.

Strek vs Atzmo: prima release su Betaform, sublabel della Minus Habens di Ivan Iusco. Poi dal vivo al Sonar nel 2003 con conseguente presenza di una traccia sul CD di Piemontegroove. A Barcellona è stato incredibile; eravamo fra i primi italiani ad essere ospitati in quello che all’epoca era considerato il festival internazionale di musica elettronica più prestigioso per antonomasia. Abbiamo ottenuto ampia visibilità in una tre giorni fortemente emozionante: la loro macchina organizzativa è stata ineccepibile e dopo avervi partecipato come fruitori in alcune precedenti edizioni, è stata davvero una bella soddisfazione. L’accesso e la durata al palco erano scanditi da un irreprensibile quanto zelante tecnico che pressava per far rispettare le tempistiche. Ci sentivamo come pugili su un ring! Idea che abbiamo poi replicato creandone uno vero e proprio al NLT in uno showcase di Betulla Records. In quell’occasione andai in scena con un guantone da full-contact con non poche difficoltà nel gestire il computer. Abbiamo poi continuato l’attività in giro per l’Europa toccando diversi stati (Pulsamix in Francia e CCCIV in Svizzera, tra i più entusiasmanti e popolati).

Strek: come solista ho suonato in diverse location, fra cui il mitico barcone sulla Senna di Parigi, Le Batofar. Permane il rammarico per la mancata stampa sulla label Engine dei gemelli D’Arcangelo. Marco e Fabrizio sono amici che stimo dall’ascolto del primo loro disco su Rephlex, acquistato in un record shop a Zurigo, e li considero fra i migliori produttori di musica elettronica di sempre. Con lo stesso moniker ho partecipato al festival Bitz di Roma e in quell’occasione conobbi Andrew Fletcher dei Depeche Mode (mi deve il ritrovamento del suo telefono cellulare), band che al completo ritrovai e frequentai approfonditamente a Barolo nel 2018, grazie all’intercessione dell’amico fraterno Skycon. Dovete saper che costui, all’anagrafe Francesco Fiore, è anima del trio noto come Cervo Boys con il quale ho conseguito un EP contenente il mio remix di ‘Boys’ di Sabrina Salerno. Lo passavano Zombie Nation, DJ Hell ed innumerevoli DJ’s internazionali. Abbiamo rischiato persino una causa legale per l’uscita del bootleg: una volta diventato virale nelle discoteche di mezzo mondo, siamo stati presi di mira dall’ufficio legale della Sabrina nazionale. Per fortuna le poche migliaia di copie hanno fatto desistere i suoi avvocati! Al Link le ho fatto un po’ il verso ed ho cantato con una maschera di cartone che ritraeva il suo sorriso ammiccante: non uno spettacolo così sexy all’altezza della cantante ma di facile impatto sulla memoria dei presenti. Ci siamo divertiti parecchio a farlo. Anni dopo mi è stato riferito che privatamente era stata apprezzata da lei la versione dei Cervo Boys al punto da richiederne una copia.

Fra le altre curiosità, mi piace segnalare che Strek è stato il titolo dato ad una sua composizione da FaltyDL, divenuto artista di fama mondiale e producer di punta della Planet Mu di μ-Ziq. In Betulla eravamo in effetti lungimiranti, se non altro nell’individuare talenti nascosti. Il casus più eclatante è stato Populous, un caro amico che, prima di decollare con Morr Music, abbiamo pubblicato sia sotto il suddetto pseudonimo sia come Bronxo, sulla compilation Save the Future.

Per chi se lo fosse dimenticato, porta il mio soprannome Strek un pantalone che è stato ideato e compiuto da Sinapsi (già S. distribution), la casa di moda più innovativa ed all’avanguardia creata da dj Kalapodis, aka Fabrizio Usberti, prematuramente scomparso. Sottoscrivo quanto è stato dichiarato da Andrea Benedetti proprio sulle vostre pagine:“senza Fabrizio Usberti l’hardcore in Italia non avrebbe avuto l’eco che ha avuto. Aveva difatti un’esclusiva, perché quel suono era poco compreso dalle distribuzioni storiche nazionali che erano molto più concentrate su produzioni più commerciali. Era una persona speciale e con lui ho fatto svariate serate al Link o ad esempio a Mutonia, la comune dei Mutoid. Avrebbe meritato molto di più per quello che ha fatto”.
Distorsonie Festival 2004 è stato dedicato proprio a lui; per omaggiarlo, con Atzmo e Mike Dred abbiamo deciso di lasciarci ispirare dai suoni delle sue macchine da cucire e dalla libertà di espressione che ci ha sempre accomunati. E si parla ancora una volta del contenitore underground felsineo: per me è stato una seconda casa che mi ha ospitato nei momenti più interessanti della mia carriera. Non posso non citare la presentazione di Save the Future (prima compilation di Betulla records) in concomitanza con il tour Rephlex e di Aphex Twin del 2002.
Il CD contiene i miei artisti preferiti dell’epoca e due miei brani (Lubumbashi come Strek -nel quale ho voluto ricordare la mia infanzia in terra africana – e il secondo firmato come Daisuke, in onore al principe stellare da noi noto come Actarus – esule in incognita nella fattoria chiamata non a caso Betulla Bianca). Non esistendo i social media in quella decade, se escludiamo le riviste specializzate, è quasi impossibile avere testimonianze di quegli eventi, a parte qualche VHS – ne ho un paio con i live di Zombie Nation, DMX Krew, Autechre e pochi altri-. Credo di esser presente solo in un DVD promozionale di Combo Cut che contiene una video intervista registrata in occasione di un dj-contest tenutosi in quel di Torino. Per il resto, parlano i vinili e le produzioni e forse è meglio così.

Count of Saint Germain: il progetto che porta questo nome si intitola The White Mozart. Sono sempre stato affascinato dalla musica classica, nello specifico da Wagner, Beethoven e Purcell, ma l’austriaco rimane un unicum, da qui la dedica. Il sequel The Black Mozart sarebbe stato destinato al framassone Chevalier de Saint George, un’importante compositore parigino nella seconda metà del XVIII secolo soprannominato appunto il “Mozart nero”, figlio di un gentiluomo francese e di una schiava senegalese. Non l’ho mai terminato però l’ho portato sul palco in poche ed indimenticabili esibizioni in abiti d’epoca, con tanto di parrucca settecentesca e giacchetta rossa, dal Circolo Clandestino, al festival Encode in provincia di Cuneo, poi a Torino dove una dozzina di alterati tentò di assalire l’impassibile performer in costume, fieramente protetto dai buttafuori, trasformando il tutto in una esilarante baruffa.Il CD in edizione limitata è stato recentemente messo online su bandcamp.

Progetti fantasma e remix:

Mi è stata offerta più di una volta l’occasione di remixare brani di gruppi alieni alla scena elettronica che hanno apprezzato il mio stile. Ricordo con affetto Brychan, cantautore gallese per cui ne ho curato uno dei suoi primi album. C’è stata una ghost track sempre come Strek, contenuta in un lavoro dei Kash, sotto l’ala di Steve Albini. Nel 2020 ha visto la luce DeadBodies con lo pseudnonimo Bormanus della potente compagine metal partenopea Jumpscare: ho realizzato una versione dark-ambient-sperimentale unendo stili a volte distanti e spesso al limite dell’ossimoro, come da mia abitudine. Con loro c’è una forte sintonia che comporterà altre collaborazioni in futuro.
Passiamo all‘alias dj Roberto con il quale sono presente in una compilation di Tommy Bass ed alcuni lavori anonimi come sound designer per le edizioni Panini ed altre corporation nipponiche e italiane.
Ha visto il sole il 29 aprile 2021 un EP techno sotto lo pseudonimo theBaron, presente in tutte le piattaforme digitali per una net-label specializzata ad hoc: un ritorno al dancefloor degli esordi con il quale ho voluto giocare con la famigerata cassa in quattro.
Di pari passo ho curato e lo faccio tuttora, colonne sonore per documentari, cortometraggi, videoinstallazioni di arte contemporanea, spot pubblicitari e contenuti multimediali in genere. Essendo di fatto un artista interdisciplinare (grafico, musicista, designer) per un periodo ho vestito gli abiti del dj & vj-performer con il nome di der Prinz, pseudonimo col quale ho animato le domeniche pomeriggio dedicate alla trasgressione nei club BDSM milanesi con una selezione di brani strumentali non solo miei. Bondage, body modifications, erotismo estremo, momenti intensi che suscitano indubbiamente forti sensazioni.
Ad oggi però mi muovo principalmente come Herne von Bormanus sullo studio terapeutico delle frequenze con le quali metto in pratica vere immersioni coinvolgendo dal punto di vista psicofisico i partecipanti.
In parallelo curo le sessioni di sound-healing sul sito della mia associazione, sulla pagina bandcamp e su youtube. La similitudine con l’ambient mi ha portato in maniera molto naturale a firmare come Herne su Neotantra (per chi non lo sapesse Neo Ouija=Neotantra), label inglese di Lee Norris aka Metamatics. Avevo già all’attivo 4 tracce nelle loro compilation. Questa mia opera si articola sulla linearità sonora e sul vuoto, pervaso da campionamenti naturali raccolti in maniera molto ‘local’ nei dintorni di casa mia. Mi muovo sulle orme di Chris Watson il fondatore dei Cabaret Voltaire ma approfondendo la matrice sonica nelle sue applicazioni olistiche. Nel contempo sto realizzando un esperimento multimediale dove il mio avatar insegnerà a praticare lo yoga runico, disciplina da me praticata ed insegnata nei workshop al Bardo, che si basa appunto sull’interazione fra vibrazione, postura e canto.

Simone KK Deambrogi