Roberto Vaio comincia la sua carriera attraverso il mondo della notte come performer nella città di Torino. Viene scoperto agli inizi degli anni novanta dalla Contessa Pinina Garavaglia, entrando subito a far parte del circuito “Vanitas”, e resterà per sempre in questo selezionatissimo gruppo capitanato dalla Contessa milanese.
Dalla fine degli anni novanta comincia la sua esperienza radiofonica sulle frequenze storiche di Radio Flash Popolare Network e proprio in quel contesto darà vita a format bizzarri e provocatori, anticipatori di quelle atmosfere entrate a far parte dell’attualità definita dalla rete. Verso la metà degli anni duemila entra nel mondo dell’arte contemporanea come curatore di mostre e critico, grazie a un importante progetto legato alla riqualificazione dei quartieri periferici patrocinato dalla Regione Piemonte. Parallelamente alla radio organizza una serie di mostre che vedono come protagonisti artisti di fama internazionale.
Attualmente, sfruttando l’immobilità generale causata dallo stato di pandemia, ha dato vita a un format pittorico denominato “Don Chuck”, prossimo a una mostra appena la vita delle gallerie tornerà alla normalità.
Con questo articolo Vaio si è cimentato nella miscelazione di quello che possiamo definire un linguaggio più affine alla critica d’arte, per raccontare al grande pubblico un’esperienza vissuta in prima persona grazie alla Contessa Pinina Garavaglia che, da sempre, offre al mondo la sua passione per la creatività nelle forme più variegate.
Se penso al mondo della notte made in Italy nella mia mente sboccia all’improvviso la Contessa Pinina Garavaglia; se invece sposto l’attenzione su chi giudica sterile il divertimento al chiaro di luna, riaffiorano le parole di chi non ha mai vissuto una serata davanti ai “Tableaux Vivants” firmati dalla famosissima Contessa. Partecipando al mondo della notte spinto da irrefrenabile curiosità, e amando in modo particolare ascoltare il punto di vista di chiunque consideri in grado di avere un parere, affermo ciò con grande serenità. Provare per credere.
Le opere performative della Contessa sono sonorizzate dalla musica dei dj più gettonati al mondo e, a volerle definire in senso critico, grazie alle suggestioni che letteratura e cinematografia hanno tatuato nell’immaginario collettivo, non ho dubbi nel considerarle affini al rituale.
La gloriosa colonna sonora annuncia l’ingresso di Pinina Garavaglia sul palco, le luci che attraversa sono ammalianti a tal punto da traghettare lo scenario fantascientifico ai giorni nostri, e il boato del pubblico manda definitivamente l’encefalogramma della serata in tilt.
Il seguito di prescelti alla creazione dei “Tableaux Vivants” la circonda, oppure l’anticipa, arriva dopo, non si sa mai, ogni performance regala scenari opposti.
Dopo un’effervescente suspense la Contessa impugna finalmente il microfono: attraverso la sua voce comincia a divulgare visioni che s’alternano fra archetipo e poesia, immagini virtuali che susseguendosi nello spazio trasmutano in carica interiore per lo spettatore danzante. Le rime traducono la realtà in fantasia e viceversa, quindi diventa semplice lasciarsi andare nell’altra dimensione.
L’azione teatrale resta impressa nella memoria come un dipinto grazie al bilanciamento fra i soggetti e la loro coreografia, irremovibile cornice, denominatore comune fra un’opera e l’altra. Nel tuo bagaglio culturale possono anche mancare le ultime lettere dell’alfabeto ma ti rendi subito conto di aver stabilito un sorprendente contatto con le emozioni vere, quelle generate dalla finzione dell’arte.
Gli attori dei “Tableaux Vivants” sono ragazze e ragazzi, ognuno con virtù e caratteristiche proprie, infatti il lavoro di Pinina comincia dal riconoscere l’idoneità dei soggetti fra un infinità di pretendenti, spesso e volentieri, particolarmente insistenti. Creato il team, l’opera viene esposta al pubblico.
La Contessa può permettersi di vestire e far luccicare a suo piacimento pure i quattro elementi che determinano le forze della natura. Viene altresì spontaneo considerare il suo impareggiabile stile al pari di una sincera stretta di mano fra colpo di scena e gusto sopraffino. I suoi favolosi cappelli delineano da sempre il punto d’incontro fra ardire e futuro; mostrano lo stesso carisma di un terzo occhio, sapientemente ritoccato con matita e mascara, che si spalanca completamente al richiamo della luce stroboscopica.
I designati alla creazione dei “Tableaux Vivants” devono sapere cosa fare ma fino a un certo punto; il compito primario di ognuno è quello di rendere pulsante, detto in senso assoluto, il colore della propria anima. Un contesto che prende forma da se, sul palcoscenico nessuno sta fermo, ma il quadro resta immobile, ieratico, appeso al centro della notte.
L’ouverture riempie la sala di tutte quelle emozioni che un cuore umano è in grado di provare quando viene colto di sorpresa dalla bellezza: dal dolore di chi vorrebbe trovarsi sul palco al fianco della Contessa, alla gioia di chi, senza troppi pensieri, ama godere del trionfo di un impatto coi fiocchi. La loro maestosità lascia di stucco, un piacevole caos interiore è assicurato, e voltarsi dall’altra parte, anche solo per ritirare il drink appena ordinato, diventa difficile.
Roberto Vaio