Utopie di Natale: un Manifesto per una nuova scena alternativa

Siccome a Natale siamo tutti più buoni, abbiamo deciso di provare a concentrare in una sorta di "Manifesto" i nostri sogni e utopie per il rilancio della scena.

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Siccome a Natale siamo tutti più buoni, abbiamo deciso di provare a concentrare in una sorta di “Manifesto” i nostri sogni e utopie per il rilancio della scena, in un momento in cui questa viene vista sempre di più come una qualsiasi sezione della Camera di Commercio. Il Dj oggi ha più bisogno di un ufficio marketing che di un negozio di dischi, ed è una situazione che non ci piace per niente. Ovviamente si tratta di un divertissement idealistico, ma potrebbe essere utile per prendere qualche spunto e farsi due domande su ciò che non va.

Buona lettura!

Avevamo vegliato tutta la notte — i miei amici ed io — sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perchè come queste irradiate dal chiuso fulgòre di un cuore elettrico. Avevamo lungamente calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche scritture.
FILIPPO TOMMASO MARINETTI “Fondazione e Manifesto del Futurismo” (Parigi, 1909)

Davanti a un muro di casse, sotto i lampi di una strobo, noi ci riconosciamo fratelli e sorelle. Nel Club come nel Rave non ci sono ricchi o poveri, bianchi o neri, uomini o donne, solo amanti della Musica che vivono senza pregiudizi.
Esistono due mondi contrapposti: uno insegue il denaro e non è altro che un lunapark, anche quando prova a camuffarsi da situazione impegnata; l’altro pone la Musica al di sopra di tutto.
Chi aderisce a questo Manifesto viene definito dalla massa “alternativo”, ma si pone verso gli altri sempre nella maniera più inclusiva possibile.
Il nostro moto di ribellione alla scena tradizionale ormai mortalmente avvelenata, deriva soltanto dalla Passione per la Musica, e per quel senso di comunità che prende il nome di Club Culture.
Per noi “andare a ballare” non è semplice svago, bensì un atto politico, di consapevolezza e automiglioramento. Pretendiamo innanzitutto da noi stessi una mente aperta e un corpo libero. Alla base di tutto c’è la forza delle nostre scelte, e saper scegliere significa poter cambiare il mondo.
Al centro del Club ci sono solo due cose: la Musica e le Persone. Un impianto dal suono cristallino e clubber messi a proprio agio sono gli unici principi a cui non si può derogare. Nei club si va per ascoltare e sudare, non per sfilare o esibire una presunta coolness. Non ci sono tavoli, sciabole, vip, dirette streaming, dresscode, e selezione all’ingresso da business techno fashion nazi.
Di seguito i nostri consigli pratici per la rinascita e lo sviluppo di un circuito che possa essere davvero chiamato “alternativo”. Gratuiti e a disposizione di chiunque ritenga che la parola “scena” non sia solo uno strumento di marketing, sono rivolti in particolare a tutte le piccole e medie realtà, che non si riconoscono nella scena mainstream e che hanno come scopo la promozione, organizzazione, diffusione di contenuti di carattere culturale all’interno della stessa.

1. L’impianto è il cuore del Club. Semplice, pulito, caldo.

2. Suono, spiritualità, festa. Crediamo fortemente nell’eredità di Dave Mancuso, quando si organizza le persone devono venire prima del business. I prezzi di ingresso e consumazioni devono essere alla portata di tutti.

3. Il Club ha una dimensione umana e invita alla condivisione. La Club Culture è un rito collettivo. E’ il pubblico a fare la differenza non un nome importante in cartellone. In questo modo non ci sarà da temere alcun passaggio di mode.

4. E’ essenziale che si lavori affinché chi è in pista si senta felicemente partecipe di un momento da condividere con gli altri affianco a lui/lei. Deve essere quindi naturale, e non un obbligo, evitare l’uso del cellulare, anche solo per le foto, perché bisogna vivere ogni istante del party.

5. A restare fuori è solo l’ego. Vale per tutti: clubber, promoter, Dj, guardarobieri/e e baristi/e.

6. Reintrodurre la figura del Direttore/Direttrice Artistic*. E’ questa figura che propone al team la linea da seguire, frutto del suo lavoro di ricerca, non i PR o peggio le agenzie di booking. Il Club avrà quindi un’identità propria e non sarà considerato un mero contenitore.

7. I Dj resident sono i maestri di cerimonia del club, non gli sparring partner dell’ospite di turno o i/le PR più brav*.

8. Un Club schiavo del guest Dj è destinato a una vita breve. L’ospite deve essere la ciliegina sulla torta non la base dell’impasto. A maggior ragione vanno evitati i nomi ingaggiati dal circuito mainstream.

9. Valorizzare i resident è dare importanza alla scena nazionale. Vanno incoraggiati a sviluppare uno stile personale, perché sarà la firma del Club.

10. Va deciso, e rispettato, un tetto massimo per l’ingaggio (oneri accessori, accompagnatori, alloggio) degli ospiti da parte di tutti, interrompendo i rapporti con le agenzie che non accettano il compenso proposto.

11. Le situazioni affini tra loro, anche se magari propongono stili diversi, devono necessariamente collaborare, sostenendosi a vicenda.

12. E’ necessario un costante dialogo tra tutte le organizzazioni coinvolte. Collaborare porta vantaggi nel breve e nel lungo periodo. In particolare parliamo, tra le tante cose, di:

A) Affittare spazi in comune tra più gruppi organizzativi per dividersi le spese. All’interno dello spazio potranno poi essere organizzati eventi in autonomia e/o in collaborazione tra i vari gruppi. Dall’house music al co-housing club.

B) Organizzare tour tra Club di regioni diverse per gli ospiti internazionali, di modo da dividersi le spese e creare più attesa anche per nomi underground.

C) Un’azione di marketing e comunicazione più efficace senza doversi svenare su Facebook o comprando spazi su media commerciali.

D) Associazione tra Club per partecipare a bandi di finanziamento istituzionali, spesso fondamentali per affrancarsi dalle logiche tradizionali di mercato.

E) Dialogare con la politica a livello locale e nazionale, non come commercianti qualsiasi ma operatori culturali promotori dello sviluppo sociale.

F) Avere un team di professionisti (legali, fiscalisti, esperti di bandi UE e comunicazione) di riferimento.

G) Organizzare periodicamente momenti di incontro e confronto per comprendere le future evoluzioni della scena o discutere dei problemi attuali.

13. Le contaminazioni tra differenti discipline artistiche sono le benvenute.

14. L’adesione al Manifesto è aperta anche a etichette, produttori, Dj e artisti/e non legati a un Club.

15. I media aderenti al Manifesto si impegnano a dedicare almeno il 30% dei propri contenuti alla promozione di artisti, Club, label del medesimo circuito.

16. Esaltare la fuga dall’hype preconfezionato delle grandi capitali. La provincia può essere un ottimo luogo per eventi quali festival celebranti il lavoro svolto nell’anno, puntando sull’integrazione con le risorse del territorio.

Redazione