Elevate ’19: Realtà e illusione in chiaro scuro

A Graz si svolge la quindicesima edizione del celebre festival di musica elettronica che, come ogni anno, porta sul palco una vasta selezione di artisti internazionali per la gioia di tutti gli appassionati

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Per quindici volte consecutive Elevate Festival coglie nel segno, con un variegato programma musicale e una riuscita serie di incontri/panel su tematiche urgenti accomunate dal claim Real is Fake.

Dal venerdì siamo riusciti a essere in Stiria, partendo dal concerto dell’Orpheum con il suono gotico e penetrante di Puce Mary, colonna sonora distorta del nostro contemporaneo, magma dal quale emergono a momenti archi o altri sprazzi melodici a stemperare l’atmosfera. Un’ottima introduzione al live dei Sunn o)) , che come sempre avvolgono lo spettatore nelle spire scurissime di un’unica suite che si sviluppa in quasi novanta minuti, senza compromessi, in un turbine di droni e distorsioni.
Ci si sposta poi al Dom im Berg, per la nottata targata Hyperdub. Il live di OZKharp e Manthe Ribane è un successo: il carisma della cantante sudafricana e i suoni del produttore londinese sono perfettamente complementari; il pubblico reagisce con entusiasmo.

Tocca quindi a Nazar, producer angolano che rimescola tradizione (kuduro in primis) e ipermodernità in un set non banale, a tratti oscuro e complesso, ma capace di intrigare.
C’è parecchio hype intorno al set di Kode 9, specie per la prima parte condivisa con i visual dell’animatore britannico Konx om Pax, che ha rielaborato materiale del giapponese Koji Morimoto (nell’ambito del progetto Digging in the Cart). Quarantacinque minuti di A/V show ad alto livello, i beat cesellati da Steve Goodman integrano alla perfezione lo script sullo schermo, in un riuscito e studiato unicum che soddisfa occhi e voglia di ballare. Lo show prosegue poi con una seconda parte di “sola” musica, ma l’intensità della selezione non cala affatto. La producer tunisina Deena Abdelwahed ben impressiona con il suo collage arabo-futurista di qualità.

Il sabato apre le danze già nel pomeriggio all’Orpheum. Entrando fa uno strano effetto il contrasto con la sera precedente a livello di sound e luce. Dopo la cupezza e l’oscurità della serata live ci si mette un po’ a cambiare timbro e focalizzarsi sul solare set di Jayda G. Soul e funk, gospel e qualche puntata tropical definiscono il set della canadese, non sempre precisissima, forse non innovativa, ma diverte il dancefloor con un liberatorio e genuino entusiasmo. Dorian Concept mischia le carte andando verso una attualizzata forma di IDM, in cui il lavoro quasi virtuoso alle tastiere è efficace e centrato, un’ora di gran fattura e un’ovazione a fine show. Chiude Michael Mayer, che conferma perizia e gusto nella prima parte di set che seguiamo.

Bisogna spostarsi al Dom Im Berg per l’ultima serata, allestita in tre sale.

Ci tratteniamo per lo più al Tunnel, ricavato in una delle piccole grotte scavate nella spettacolare struttura della venue. Due passaggi nella hall principale ci permettono di confermare la verve di rRoxymore (di cui avevamo parlato poco tempo fa su queste pagine per un set a Lubiana).  Qualche ora dopo sudiamo sul solido set di Paula Temple. In mezzo abbiamo goduto della performance bomba di Miss Red, con alle macchine la gradita sorpresa The Bug, fondamentale arma segreta della cantante isrealiana, vera belva da palco, del set tosto e di grande impatto dell’emergente producer keniota Silkback e della frenesia controllata di un nome epico della scena footwork come Traxman.

Ripartiamo la domenica molto soddisfatti, con l’unica stonatura di perderci il live finale dei DAF, ma già pensando alla prossima edizione.

Cannibal Se-lecter