Il Lunchmeat, nonostante dalle nostre parti non sia chiacchierato quanto CTM e Unsound, è una realtà parecchio consolidata a livello europeo. La manifestazione è stata concepita sette anni fa dal nucleo gravitante intorno all’ex club praghese Neone, arrivando ad ottenere gli spazi dell’imponente e magnificente Veletrzni Palac, il palazzo delle fiere in cui è ospitata permanentemente la galleria nazionale. La direzione artistica è da sempre molto attenta a curare tanto la parte audio, quanto quella visual e l’ulteriore dimostrazione è questa ospitata degli Empstyset, a meno di due mesi dalla fine della kermesse vera e propria.
Le abilità tecniche e urticanti del duo verranno sviscerate nel convento di St.Anezky, altra location di tutto rispetto.
Gli Emptyset si fecero conoscere grazie ad una serie di EP incisi per la CLR di Liebing (molto probabilmente alzando il livello medio qualitativo della stessa), per poi passare alla più consona Raster Noton e, con l’EP “Skin” più quest’ultimo LP “Borders”, al meritato approdo su Thrill Jockey.
Dal vivo sono a tutti gli effetti una forza distruttrice, un’esperienza tra le più potenti a cui si possa assistere, ma tutte le volte che i bristoliani sono usciti con materiale nuovo su disco non hanno decisamente mai sbagliato un colpo, ridefinendo costantemente il loro concetto di elettronica brutale, sperimentando, concependo addirittura creazioni site specific (l’album “Medium”), scrollandosi da dosso l’ingombrante peso dell’etichetta di “eredi dei Pan Sonic”. Come tralasciare l’importanza che la Subtext (fondata da James Ginzburg, insieme a Paul Jebanasam e Roly Porter) riveste nella scena elettronica mondiale?
Il 7 dicembre bisognerebbe riprendere un altro low cost direzione Praga come il 4 ottobre scorso, data in cui la redazione di Frequencies approdò nella città di Kafka, delle birre ignoranti e dei bordelli per turisti ignobili con l’intimo Artengo.
La presenza di hipsterume alla porta del Veletrzni era a livelli stellari; le parole d’ordine parevano essere wrap vegani-club mate-tè matcha-tute in acetato- marsupi ma di Italiani molesti non vi era traccia. Pubblico al 90% autoctono e mediamente preso bene, timetable rispettata quasi sempre con estrema puntualità e diversi set decisamente memorabili.
Quanto agli artisti in lineup, Actress in questa nuova veste live con fantoccio irradia-fasci-di-luce (à la Hajime Sorayama) al seguito, prende ulteriormente cento punti simpatia e non può che far rimembrare gli esperimenti del dr. Gerald Donald. Durante il suo set la struttura sonora nevrotica e rabbiosa rimane in superficie, senza esplodere mai, lasciandoti nell’impotenza del “non ballo”. Fantastico.
Poi, sempre perché l’ortodossia non fa sconti comitiva, è sempre bello rifugiarsi tra le bordate di Regis, presente con lo showcase dedicato ai 25 anni della Downwards, e nelle fitte trame della performance (forse) più attesa della rassegna intera, cioè quella di Claro Intelecto, uno dei nomi tutelari della dubtechno (anche se in realtà si è sentito poco dub e molta, moltissima techno). Un gradito ritorno sulle scene dopo un ritiro di cinque anni che aveva gettato tutti nello sconforto.
Sul magnifico live dei Demdike Stare con la parte AV curata da Michael England credo non ci sia molto da aggiungere, se non che Miles e Sean rappresentano la perfetta colonna sonora del nostro periodo storico, oltre ad essere un coppia che si situa tranquillamente un paio di spanne sopra a tutto quello che ribolle nel pantano della scena musicale odierna.
A tal proposito: Yves Tumor, Lanax Artefax e le finte sgabberate alle 10 di sera di Aisha Devi, magari sono ottime trovate per ottenere copertine su The Wire, ma non aiutano certo a smuovere il basso ventre.
Anche il set degli Amnesia Scanner non fa gridare al prodigio, tra fumo, luci accecanti e il solito immaginario 90’s bored, come se si vivesse perennemente dentro una bolla nostalgica. La sensazione è un po’ quella di prendere il posto del protagonista del video di “Weekender” dei Flowered Up.
Nella seconda saletta si consuma il miracolo: piccola, buia, quasi oscura. I Neon Chambers partono piano e arrivano potenti uno schiacciasassi, Fis e Jasss non deludono, Eomac condivide un set duro e crudo a metà con il suo collaboratore Sal. La pietà non è di casa.
Ma c’è spazio anche per sonorità “altre”: l’etichetta Principe Discos fa sfoggio di tutte le sue uscite serigrafate, una più peculiare dell’altra, in un turbinio di house e musica angolana. Immenso il piacere di poter vedere alternarsi in consolle i membri di una label che non ha eguali.
Lo stesso si può, a maggior ragione, sostenere per lo showcase eccelso della Night Slugs: il collettivo londinese droppa senza ritegno tracce del calibro di “Little miss dynamite” e “Shottaz Riddum” di Flirta D. Apoteosi e pista rovente.
Il Lunchmeat non ha nulla da invidiare a festival più gettonati dalla massa pirla social-comandata. Torneremo.
Buono Legnani
Cover photo: Kubacerv