Wroclaw Industrial Festival ’18: Breathe the Fire

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A due settimane di distanza dalla serata che concludeva per sempre il Maschinenfest, eccoci di nuovo in moto direzione Polonia, verso quello che, a poco a poco, si sta guadagnando la palma come miglior kermesse in salsa industrial europea: il Wroclaw Industrial Festival.
Rispetto al suo corrispettivo teutonico, più legato a roboanti bpm, il WIF è molto più eterogeneo, cercando di abbracciare una fascia di pubblico più ampia.
Questo evento infatti ha deciso di non avere una linea dominante: non ci sono band o etichette particolari erette a colonne, e si spazia tantissimo tra i sottogeneri, dalla darkwave al neofolk, dalla digital hardcore al technoise (ebbene sì, anche qui il beat ha il suo spazio, seppur limitato) all’industrial più classica o al power electronics, passando per la dark ambient e la musica esoterica.
La nostra prima visita al WIF risale al 2009 ma non restammo molto impressionati.
Ad una sede davvero singolare e gotica (un ex monastero domenicano sconsacrato), faceva da contraltare una manifestazione casalinga. Un solo palco per i concerti, in cui un sipario faceva da divisorio con la zona merchandising limitatissima, e il bar dove alcune ragazze del tutto impreparate mescevano bibite torcibudella.
Tuttavia nel giro di appena un paio d’anni ci siamo ritrovati davanti a un evento completamente rinnovato e maturo, dal respiro più internazionale.
Wroclaw nel 2016 è stata la capitale europea della cultura e al monastero sono stati aggiunte nuove location come sinagoghe, ex cinema abbandonati, miniere di carbone.
La stessa main hall si è trasformata, aprendo anche una sala al piano terra dal sapore di vecchia biblioteca.
Gli organizzatori a questo punto decisero di proporre una soluzione davvero originale nella sua semplicità: alternare i concerti tra le due sale in modo da dare la sensazione di essere sempre in un posto diverso, pur spostandosi solamente di un piano.
La perseveranza di Maciej Frett e di Arek Baginski hanno permesso al WIF di diventare un punto di riferimento, portandolo dalla dimensione di squat underground a prodotto culturale finanziato dalla Comunità Europea, oggetto d’attenzione da parte dei media.

In questa edizione 2018 abbiamo avuto modo di assistere a ottime performance, tra cui quella degli immensi Theo Teardo e Blixa Bargeld. Entrambi sono ormai passati dal fare musica, rumorosa, industriale, controcorrente, all’essere artisti a 360 gradi, suonando nei teatri, componendo colonne sonore. Qui è andato in scena uno spettacolo nello spettacolo, un divertisment tra i due che ha trasmesso le sue vibrazioni alla platea. Standing ovation.
Per le proposte più crude, citiamo: Pharmakon, che mette in pista una piece brutale, in cui la stessa non esita a buttarsi in mezzo alla massa pogante; Meta Meat, duo formato da un elemento di 2Kilos & More con Phil Von Magnet con un set molto ritmico e percussivo, in cui il buon Phil passa dal suonare strumenti vari a scatenarsi in una danza furiosa, posseduto dal sacro fuoco della musica; i soliti Ambassador 21, che infiammano il palco trascinando anche i più reticenti a ballare con foga, migliorando però qualitativamente lo show; Kevlar (entrambi polacchi ma di casa a Edimburgo) che, con la loro potentissima power electronics a due voci, radono al suolo qualsiasi cosa gli si pari dinnanzi. Iron Fist Of The Sun ha provocato un mosh pit talmente selvaggio da mettere a repentaglio la sua stessa incolumità fisica. Ma è MDS51 probabilmente la vera rivelazione del festival, perché pur proponendo un concerto industrial tradizionale senza alcuna particolare caratteristica, lo eseguono con totale perizia tecnica, producendo quaranta minuti di veemenza fuori controllo.

In passato la domenica è sempre stata il tallone d’Achille del WIF.
Meno concerti, esiguo numero di partecipanti e location più modeste talvolta difficilmente rintracciabili.
Invece stavolta si è cambiato registro, confermando in primis la sede della manifestazione, in secundis chiamando a dar man forte sia un nome storico come quello dei Crisis, che The Soft Moon che hanno perfettamente centrato l’obiettivo di fare accorrere il pubblico. Inoltre facciamo notare che anche in questo frangente l’attuale terzetto capitanato da Luis Vasquez sia artisticamente cresciuto, in grado di regalare uno show dai suoni e momenti multisfaccettati.
Infine ci fa molto piacere che la presenza di partecipanti italiani sia aumentata in maniera significativa. Wroclaw e il suo industrial fest ce l’hanno fatta, sono diventati un appuntamento fisso sull’agenda di ogni appassionato.

Carmine Pizzuti con la partecipazione di Simone KK Deambrogi

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