Torna il duo composto da Gianluca Becuzzi e Massimo Olla, fautore già nel 2017 del disco RedruM, rivisitazione in chiave neofolk/drone delle cosiddette “murder ballads”, e lo fa con un nuovo album, TheenD, pubblicato sempre dalla svizzera Luce Sia, in collaborazione con la conterranea Show Me Your Wounds Production.
Se, come detto, il primo lavoro rielaborava canzoni popolari legate a omicidi nate nel diciassettesimo secolo e diventate particolarmente popolari nei paesi anglosassoni e scandinavi, dando loro un’identità originale, quest’ultimo lavoro compie un passo forse ancora più ambizioso e artisticamente stimolante.
In TheenD infatti l’artista toscano, importante tanto per la sua attività passata in progetti come Limbo, Pankow, o Metaform, quanto per quella attuale come solista e Kinetix, e il poli-strumentista, produttore e creatore di strumenti sardo, uniscono ancora le forze (aiutati in due occasioni da Sara Cappai dei Diverting Duo e Ramplingg), scelgono come soggetto di partenza un album topico e storico, sia per la storia della musica moderna, sia per la discografia della sua autrice. Parliamo infatti di The End di Nico.
Non è un semplice disco di cover; con TheenD il duo ripercorre i brani rendendoli propri. La musica vissuta come coralità, esperienza universale, che va (anche) al di là del singolo momento e del contesto temporale di creazione, nonché delle logiche di mercato. Viene richiamato il mondo della canzone popolare, degli stornelli, e del primo blues, quando veniva continuamente riadattata riproposta in nuove forme, diventando materia presente nella vita di tutti, evolvendo insieme alla società ed in questo modo ribadendo sempre più la sua identità e funzione artistica. Si prenda per esempio It Has Not Taken Long, dove i toni sognanti, quasi cinematografici, dell’originale, lasciano spazio a movimenti ben più notturni e dilatati, dove vocalizzi sacrali e linee severe creano droni evocativi e atmosfere profonde. E’ interessante notare come la natura onirica della traccia venga rispettata, rivolgendosi però ad uno spettro ben diverso, più vicino all’incubo acido piuttosto che al sogno, tra accordature basse, ritmiche serpeggianti, ossessive e cantato filtrato.
Un diverso tipo di rielaborazione è invece apportata con Innocent and Vain: se nella versione di Nico troviamo iniziali cacofonie da field-recordings, salvo poi aprirsi a momenti più soavi e trascinanti legati ai modi della canzone tradizionale, qui asperità da ambient oscura e suoni grevi ci consegnano una sorta di “dirge meccanico”, arricchito dai cori di Sara e dalla sentita interpretazione di un Becuzzi che narra con rassegnata calma la sua nera lezione. Sospensioni improvvise ed ariosità dal gusto nebbioso ci accompagnano tra paesaggi sonori che preferiscono ai modi “saturi” dell’originale, un certo minimalismo che trova proprio nella sottrazione di fattori la sua forza.
Interessante prendere in considerazione le due finali The End e Das Lied der Deutschen, brani che fungono da “rielaborazioni di rielaborazioni”. Si tratta infatti, nel primo caso, di un brano dei The Doors, e nel secondo di una sua reinterpretazione dell’inno nazionale tedesco. La prima traccia viene tradotta come un’esperienza dagli echi tetri, poi aperta ad un minimalismo dai tamburi sospesi e dalle vocals dominanti di Becuzzi. Elementi elettro-acustici sottolineano l’ammanetto ossessivo, ma controllato, mentre quelli ritmici vengono pian piano aggiunti, in un crescendo che non esplode mai. La seconda invece evita la svolta con chitarre della versione di Nico, offrendo un pastiche avant-garde con elementi industriali iniziali, sfociando però subito in una diretta versione tradizionale dell’inno che funge da outro all’album.
Un’opera che vive perfettamente di vita propria e che può essere ascoltata senza la minima conoscenza dell’originale. Arte che può essere vissuta su diversi livelli, ma che conserva sempre in sé una pluralità di visioni e collegamenti ad una filologia musicale che attraversa secoli di composizioni, motivi, riprese ed evoluzioni. TheenD ne è un esempio perfetto.
Davide Pappalardo