Seven Trax One Week: Il ritorno dei Krampus (La componente rituale nell’Industrial)

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Niet Signala: La notte di San Nicola cade proprio in questa settimana, e in molte zone i bambini si aspettano di ricevere dei regali, ma sanno bene che c’è qualcos’altro di oscuro che li aspetta, specialmente se provengono dalle Alpi orientali, generalmente dell’area austriaca, e italiana di influenza austriaca o ladina di tutte le regioni montane a partire dal Sudtirolo al Veneto, al Friuli, fino alla Slovenia ed oltre, verso l’Ungheria, ma anche dalla Baviera.
Nella stessa notte infatti i Krampus invadono le strade dei centri abitati, sono vestiti di pellami ormai anche sintetici, ma tradizionalmente di ovini, caprini, ma anche d’orso, come accade ad esempio a Sappada, dove si tramandano i costumi e le maschere di legno che vengono utilizzate invece per il caratteristico carnevale.
La sostanza rimane la stessa: questi figuri fanno la loro boriosa comparsa indossando maschere spaventose con corna di capra, cingendo campane di forma sferica attorno alla vita, e soffiando nei corni, per richiamare l’attenzione e allarmare al loro passaggio. Come suggerisce il nome, sono dotati di artigli, che in tedesco si chiamano appunto krampen, come quelli che attaccano le persone solitamente alle gambe sorprendendole magari durante una camminata in montagna. I ragazzi più audaci sfidando il pericolo cercano di percuotere questi campanacci come prova di coraggio, piombando repentinamente nel mucchio per poi correre via vittoriosi se riescono a non prendere delle bastonate giù per la schiena.

I Krampus non hanno nessuna pietà, si muovono in gruppo, alla rinfusa, brandendo delle frasche, o delle scope da cortile, che utilizzano per percuotere chiunque si trovi a tiro perchè egli, certamente, se lo merita.
Nei chioschi solitamente non pagano il conto, ed entrano poi nelle case per spaventare i bambini: lì trovano naturalmente da bere, da mangiare, e non di rado qualche fanciulla in erba da insidiare.
I Krampus possono tutto, incarnano la scompostezza dei costumi, il vizio, la lussuria, l’istinto represso di una società intera per lungo tempo soffocata dalla morale cattolica.
Questa tradizione solo successivamente è stata reintegrata sotto forma di folklore, dopo secoli di reticenza della Chiesa, ed è stata interpretata in assonanza con l’immaginario diabolico della religione per far da contraltare alla possibilità di salvezza da attuarsi tramite il pentimento e il perdono.
In realtà si tratta di un costume pagano antecedente, che aveva comunque lo scopo di impartire un’educazione ai bambini e di liberare il desiderio di onnipotenza dell’orda, secondo una morale di matrice nordica di cui si può trovar traccia nelle fiabe dei fratelli Grimm più che all’ombra di un confessionale. – Ma quale perdono? Qualcosa certamente avrai fatto, dunque ti conviene stare in guardia se no ti portiamo via con noi!

Nella musica rock spesso si è fatto ricorso alla figura del demonio, quel ben noto signore dal piede caprino che ti fa divertire per rubarti l’anima, ma si tratta comunque di operazioni che hanno luogo all’interno di una dialettica religiosa canonica, in riferimento alla medesima sfera culturale, riducendosi tutto sommato a del mercanteggiamento, all’utilizzo della seduzione del peccato per fare proseliti ed infine vendere! Tutto sommato lo sterco del diavolo non è un grande problema neanche per i religiosi dunque fin qui non c’è nulla di cui stupirsi.
Nell’ambito della musica industriale invece, di quel sottobosco eterogeneo che si estende dall’imparentamento con il rock e l’elettronica fino alle provocazioni del noise estremo, della drone music fino alla sua rarefazione ambient, abbiamo anche questa componente rituale di matrice pagana, che riaffiora come un rigurgito primordiale dalla superficie traslucida della modernità, ed appare come un Krampus a fianco di San Nicola. Questa non va confusa banalmente con il satanismo, quanto è vero che il Krampus non impersonifica il demonio, ma la pulsione originaria dell’orda. Nell’azionismo viennese vediamo che il corpo e il sangue negli atti dell’orgia e del sacrificio diventano oggetto di un’esperienza rituale durante le sessioni performative di Nitsch: si tratta di un’avanguardia cruda, che ha in comune con la cultura industriale l’utilizzo dei taboo.

Tutto questo, suggestione inclusa, non è di proprietà di alcuna religione, nè tantomeno di movimenti antireligiosi: ci troviamo al di fuori da questa dialettica spicciola, semmai è qualcosa che viene da più lontano, ed ha alla sua radice una componente profondamente umana che sopravvive flebilmente sotto le pieghe della coscienza della società civile.
Artisti come Genesis P Orridge hanno esplorato tematiche relative al corpo a livello performativo, mentre gruppi dell’area fiamminga come gli Hybrids o gli Psychic Warriors of Gaia hanno approfondito la questione ritmica, richiamandosi ad un’origine mitica, o addirittura riferendosi al pianeta Terra come ad un unico organismo popolato da parassiti umani.
Per molti di questi artisti non si tratta di compiere un’apologia della modernità industriale meccanica o furiosamente rumorosa, quanto piuttosto di addentrarsi in una dimensione rituale atavica, utilizzando la musica come un linguaggio rituale, avvalendosi di oggetti, della voce, e persino di ossa umane.
I brani non vengono concepiti in modo strutturato, preciso, meccanico e sequenziato e rivolto ad uso fisico come invece accade ad esempio nell’EBM, o nell’electro, ma piuttosto come liturgie rituali evocative, non decorative.

In tutto ciò il rischio della deriva new age è inevitabile, dunque precisiamo che non stiamo parlando di fricchettonate come le forzature antropologiche alla Lapassade che riconduceva il livellamento del rapporto umano basato sul costume di un rave party ad uno stato mistico di trance per menti ottenebrate.
Possiamo dire che l’azionismo sta all’happening come la ritualità tribale legata alla musica industriale sta ad un techno party. Come ben evidenzia la voce di Diamanda Galas, che ho voluto inserire in questo contesto rituale ma non necessariamente tribale, abbiamo qui a che fare con la tragedia nel senso classico del termine, non tanto con la religione.
Si tratta di un atteggiamento che oscilla tra il provocatorio e l’archetipico, legato intimamente all’esperienza umana di presenza concreta, più che all’analisi dell’oggetto musicale in sè o ad un viaggio mistico come nelle derive ambient. Mentre il rumore di campanacci si avvicina, qualcuno potrà notare che quelli di Skull Disco e in particolare Shakleton avranno probabilmente familiarità con alcuni di questi artisti.

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