Ottava edizione di Flussi, uno dei festival italiani più longevi e più coraggiosi, uno dei pochi festival che “resiste” e lo fa con il coraggio di chi non punta ai numeri e agli incassi, ma solo alla coerenza e alla ricerca continua.
Il pay-off Minus Habens, concept di questa edizione insieme al ritardo nell’annuncio della line-up lasciavano presagire un’edizione “ridotta”. Invece tutt’altro, il festival si è svolto e si è imposto facendo sentire la sua voce ormai più che matura, mostrando ancora una volta come anche senza inseguire “i soliti noti” per poter fare rumore mesi prima con un cartellone promettente si può produrre un evento dagli standard qualitativi elevatissimi.
Del resto la sinossi del concept dell’ottava edizione di Flussi recitava: “Minus Habens intende aprire un orizzonte critico sull’eccessivo livello di “performatività” che un mondo in cui si è sempre “online” richiede a tutti noi. Invitando a riscoprire, nell’impossibilità di corrispondere agli standards comportamentali e prestazionali imposti dalla società, non momenti di deficienza, ma potenze attive per l’invenzione artistica e politica, tale concept intende invocare una decrescita non solo economica ma prestazionale, in cui tutti (più e meno dotati, disadattati, emarginati, malati, reclusi…) possano riappropriarsi del proprio tempo, dei propri limiti, dei propri desideri.”
Per il report di quest’anno abbiamo preferito un punto di vista neutrale, qualcuno che abbia vissuto per la prima volta l’esperienza dell’evento. Così abbiamo chiesto ad Andrea “Onga” Ongarato* (presente al festival come espositore e label manager di Boring Machines) di raccontarci nella maniera più libera e schietta il suo Flussi, ci ha risposto così:
Tema: Il mio Flussi
Svolgimento:
C’è sempre una prima volta per tutto, quest’anno per me è stata la prima volta che sono andato a Flussi, il festival agostano che da anni si celebra ad Avellino. Conoscevo di nome e di fama il festival ma non ho mai avuto occasione di andarci, preso dalla smania di andare verso nord dove fanno i festival nelle centrali elettriche.
Per non sbagliare mi sono presentato in città già dalla notte prima, per non correre il rischio di essere troppo stanco, dopo tante ore di macchina, per godermi la serata.
La festa inizia a La Casina del Principe con vari dj-set a cura del progetto 180gr, mi ha subito messo di buonumore.
La Casina del Principe è molto bella, spazi abbastanza ampi da renderla vivibile senza lo stress di code, ammassamenti.
Finché scorre la musica dei vari dj mi guardo un po’ intorno e comincio ad acclimatarmi. Si respira un clima di generale rilassatezza e cordialità, una cosa che apprezzo molto, al posto di tante rigide menate che ho visto in altri festival di una certa dimensione.
La scalinata che porta alla terrazza sopra il San Carlo Gesualdo, il main stage della notte, mi fiacca non poco vista la mia scarsa prestanza fisica, ma la fatica è ripagata dalla vista della location che merita davvero.
Battezzano la serata i romani Balance che, nonostante qualche problemino di clock ai synth, scaldano a dovere l’ambiente con i loro oscillatori. Brava anche Key Clef, sempre della cricca romana, che propone un set un filino più nervoso e comincia a far crescere la tensione. Per tutto il set di High Wolf sono convinto che facesse tutta un’altra cosa, non riesco a togliermi dalla testa che l’ho sempre inquadrato a fare dei drones abbastanza simpatici ed innocui. Invece anche lui mena abbastanza.
L’highlight della serata e (SPOILER ALERT) di tutto il “mio” festival sono i r²π che mettono in scena un’ora di techno con la T maiuscola, con la E maiuscola e pure tutto il resto maiuscolo. Monolitici, a tratti forsennati con Lino Monaco che se la balla contento, lasciano giusto lo spazio a brevi pause dal beat per riallineare il mood successivo e poi giù a testa bassa a picchiare, su strati di suono incendiari.
Il resto del festival, sia in Casina del Principe in prima serata, che alla Terrazza Belvedere in notturna, propone una line-up composta da nomi a me quasi tutti sconosciuti, tolti Felix Kubin, Mark Fell e Franck Vigroux. Con le dovute differenze tra l’uno e l’altro, sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità media della proposta, davvero molto alta, tutti i set valevano la pena di essere visti. In questo nugolo di nuovi nomi da memorizzare, si sono distinte soprattutto la svedese Maria W. Horn ed Anna Zaradny. La prima autrice di un set a mio giudizio da spellarsi le mani: partenza con beat potenti e suoni profondi e curatissimi, prosieguo fatto di strappi e cadenze irregolari e finale quasi ambient molto coraggioso, una grande narrativa nel suo set. Mi sono piaciuti anche il duo Meta e naturalmente Mark Fell, il suo autismo techno è sempre una bella scossa.
In definitiva la prima volta a Flussi, in una edizione che mi raccontano essere stata più travagliata delle altre, è stata super positiva. Flussi dimostra che non è necessario un cartellone zeppo di nomi super-hype per proporre cose di qualità, che le location sono importanti ma non sono tutto, insomma SI PUO’ FARE!
Menzioni particolari, oltre che allo staff:
– i due URSSS che hanno stoicamente ripreso tutto, e loro vanno solo dove c’è qualità.
– il panino alla mortadella grigliata con finocchio e coriandolo di Gourmet Electronique, roba che salva la vita.
Lunga vita a Flussi!
Fine
Ringraziamo Onga per la sua disponibilità, e speriamo di poter raccontare ancora tante edizioni di Flussi.
Trystero Theorem
Foto: Marco Abete
*Andrea “Onga” Ongarato ha fatto parte del duo Martini Bros djset (progetto con il quale come lui stesso dice faceva “ascoltare la nuova musica che usciva, giusto per porre un argine alla valanga di musica di merda che si sente normalmente nei bar”) ed è stato fondatore di Basemental, attività dedicata alla produzione di musica dal vivo e all’organizzazione di tour. Nel 2006 fonda Boring Machines, label con cui ha prodotto artisti come Fuzz Orchestra, Philippe Petit, Jealousy Party, Von Tesla, Mai Mai Mai, Simone Balestrazzi e Heroin in Tahiti.