Saul Williams: Rabbia e Poesia a Lubiana

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Un live show di Saul Williams è una performance ibrida, che cattura l’attenzione dello spettatore a diversi livelli. Poeta, cantante, scrittore, un intellettuale molto sfaccettato, ricordiamo anche il ruolo da protagonista nel film indipendente del 1998 Slam, in cui impersonava, guarda caso, un Mc.
L’occasione di vederlo in azione è capitata durante un festival interessante che si tiene ogni primavera a Lubiana, il Druga Godba, manifestazione con uno sguardo obliquo sulla world music declinata in generi disparati.
Nella verdissima capitale slovena le sferzanti frecciate hip hop di Williams hanno aperto la serata del venerdì del Kino Siska, ex sala cinematografica da alcuni anni diventata una splendida sala dedicata all’arte (concerti, mostre, film e altro ancora). A seguire la festa vede on stage il live reggaeggiante di Nneka e un’afro session turbinosa della star ghanese Pat Thomas con la Kwashibu Band. E a fine spettacolo ci chiediamo il perchè di questa scaletta: non sarebbe stato più efficace chiudere con la tensione sociale e sonora dell’Americano?

Williams sale sul palco accompagnato dai beat solidi di un Dj che oltre alla console manovra un piccolo set di macchine con cui aggiunge effetti e istantanei campionamenti, seppure dosandoli con parsimonia. Un videowall di dimensioni imponenti rapisce gli sguardi, e sugli schermi si mescolano e ricombinano icone pop, figure radicali di ambito black (e non solo), simboli e loghi contemporanei del capitalismo più sfrenato intervallati e contrastati da slogan dal forte contenuto politico, spesso composti da crasi di discorsi e dichiarazioni differenti.
Una performance decisamente forte, polemica e politica. Bassi affilati, beat precisi, a tratti minimali a tratti aggressivi, ma sono le parole e le rime del newyorkese a dominare la scena insieme a un’energia che confina con la rabbia nella sua accezione più genuina. Parecchi brani vengono dal recente MartyrLoserKing, ambizioso progetto centrato sul dialogo digitale tra mondo occidentale e paesi in via di sviluppo, ma anche da The Inevitable Rise and Liberation of Niggy Tardust, che nel 2007 si era avvalso della collaborazione e produzione di Trent Reznor, e da Ametyst Rock Star (ai comandi quella volta niente di meno che Rick Rubin).

Il rapper non si risparmia, salta, danza, scende dal palco per eseguire due pezzi in mezzo al pubblico (che risponde entusiasta) mentre sullo schermo il faccione rubizzo di Donald Trump è ancora più deformato del normale e materializza il nuovo incubo Made in USA. Le taglienti analisi di Saul Williams, cantore del meticciato e dalla critica al liberismo senza freni, pungono e traghettano gli spettatori per oltre un’ora in un mondo tormentato, complesso e poetico.

Sandrica Se-lecter

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