Esplorare lo spazio, viaggiare nel futuro. Da sempre sono stati tra gli obiettivi principali dei musicisti elettronici, che oggi invece inseguono altre ambizioni. Si preferisce descrivere l’oggi rimarcandone involontariamente i contrasti. L’avanguardia gode nel sentirsi altrove anche rischiando l’isolamento, il ritmo più paraculo consente alla massa di provare l’ebbrezza di una fuga schizzofrenica dai dogmi quotidiani, salvo poi riavvicinarsi quando il portafogli langue.
Poi c’è chi insegue i sogni facendosi guidare da costellazioni antiche che, per quanto ancora splendenti, non sono comprensibili e interpreatabili da chiunque. Eppure il messaggio è chiaro, basta soltanto stare con la mente aperta. Dalla galassia sonora degli anni ’90 arrivano nitide le istruzioni per raggiungere ogni pianeta.
I ragazzi della Ekar Records sono degli ottimi ascoltatori e dimostrano di avere le idee chiare sin da quando hanno preso il nome della cima su cui sorge l’osservatorio astronomico di Padova.
Le rotte stellari li hanno portati a Berlino e in quattro anni di attività si sono ben destreggiati tra uscite fisiche e digitali, pubblicando perle come Eria (2014) di Alan Backdrop, ma soprattutto portando avanti un percorso coerente fatto di scelte non scontate, rilanciando l’idea di etichetta come piattaforma di condivisione e luogo ideale per gli esperimenti anche non legati alle note.
Air Protection Office è il progetto musicale del boss della label, Enrico Bozzato.
Escaping Distances definisce lo spazio di ricerca di Ekar. IDM, ambient, techno, sono ingredienti di un piatto importante cui si aggiunge l’estetica dell’artwork disegnato da Francesco Rosso e il mastering scultoreo di Piero Schiavon.
L’album si apre con It’s over, una ballata crepuscolare dalle icrespature electro che segna la malinconia nel lasciarsi indietro la Terra. Universe è la tensione verso l’ignoto, un sound morbido ma incalzante che guarda a Vangelis e Gerald Donald.
Switched on television si avvicina di più alla linea Drexciya, rievocandone il periodo più cupo con un beat voglioso di azione.
Space blanket illumina il post rave inglese con i suoi raggi gamma mentre Arabic gum è la show stealer del disco: tappeti volanti sospinti da un iper sub-bass nel cosmo, bagliori acid in lontanza luminosi come stelle cadenti, una sinfonia per sognatori.
Chi comprerà il cd avrà il piacere di gustarsi la bonus track Flow, l’ultimo volteggio prima di sparire nell’infinito.
Federico Spadavecchia