Emanuele Porcinai è un esploratore del suono. La sua ricerca parte dallo studio delle relazioni tra frequenze acustiche e sintetiche, per prendere successivamente la forma di composizioni elettroniche ibride in cui è ben distinguibile il DNA classico, come il suo ultimo disco rilasciato sulla Contort di Samuel Kerridge o come durante l’intensa performance dell’Atonal Festival di Berlino, senza tuttavia rifuggire dal dancefloor, cui si dedica con energia insieme a Sciahri nel progetto Unknot. L’abbiamo incontrato per conoscerlo meglio.
Ciao Emanuele benvenuto su Frequencies! Che ne dici se partiamo subito col tuo ultimo progetto? Come nasce WSR e da dove viene questa tua curiosità per i contrasti elettro acustici?
Ciao Federico, ti ringrazio. Il progetto WSR nasce circa quattro anni fa a Manchester, dove ho studiato per tre anni come sound engineer. La curiosità per la combinazione di suoni acustici ed elettronici è sempre stata un po’ una fissazione. Come molti altri della mia generazione, il mio primo approccio alla musica è stato tramite un computer, piuttosto che una chitarra o un qualsiasi altro strumento. Per questo motivo ho sempre trovato il contaminare musica scritta al computer con suoni dal mondo reale un enorme stimolo per umanizzare delle strutture di per sé piuttosto statiche; questo approccio di base si è poi sviluppato ed evoluto in diversi modi negli anni.
Quello che mi ha colpito del tuo EP su Contort è l’organicità del suono. Un elemento vivo che si nutre di stimoli ed esperienze differenti (musica techno ma anche classica). Come riesci a trovare un tuo equilibrio tra tutti gli stili da cui ti senti influenzato? Parti in studio con un’idea precisa o ti lasci guidare dall’istinto?
Tendo a lavorare in maniera abbastanza casuale e in stadi molto separati. Non sono una persona metodica e difficilmente mi siedo ad un tavolo e tiro fuori qualcosa da zero: ci sono volte che mi diverto a fare qualche esperimento ritmico via software o con uno strumento o un processo in particolare, altre che prendo una chitarra per buttar giù dei pezzi in acustico, altre che mi ritrovo un amico di Firenze per registrare cose un po’ più post-rock con basso batteria e chitarra.
Poi ci sono quelle rare volte che ho l’occasione di fare delle sessioni di registrazione con qualche violoncellista o contrabbassista per ri-registrare materiale scritto in precedenza. Alla fine tutte queste registrazioni e tracce di generi e suoni totalmente diversi vengono combinate, processate e “remixate” un milione di volte per diventare pezzi finiti, per questo motivo penso che il mio output finale suonerà sempre come una combinazione abbastanza random di influenze e suoni spesso piuttosto distanti tra loro.
A proposito come ti sei incontrato con il team di Contort? Cosa avete in comune?
Seguivo il lavoro di Samuel da un po’ di tempo e finita l’università, un giorno che facevo il punto della situazione sulle mie produzioni, un amico mi ha consigliato di mandargli una demo per mail, visto che l’etichetta Contort era stata lanciata da poco. Se non ricordo male il mio amico mi fece notare una certa affinità a livello di approccio all’elettronica tra alcuni dei miei pezzi e quelli di Samuel, ed io mi trovai d’accordo. Mandai una mail e Il giorno stesso lui e Hayley mi risposero entusiasti, da lì a poche settimane il materiale dell’EP era già pronto per il mastering.
Hai portato il tuo live come WSR su palchi importanti come quelli di Atonal e RoBOt, cosa ne pensi di questo momento di così grande interesse intorno all’ambient drone? Pensi durerà a lungo?
Ad essere sincero faccio un po’ fatica a rispecchiarmi in tali definizioni. Sicuramente c’è stata molta attenzione su entrambi i festival ma non saprei dare un giudizio a livello di interesse del pubblico e generi.
Curi molto l’aspetto dinamico della musica. Cos’è per te il movimento e qual è il suo ruolo all’interno della tua arte?
Il materiale da cui parto è quasi sempre derivato o sviluppato a partire da registrazioni di cose catturate dal vivo. Come dicevo prima, nonostante quello che faccio sia piuttosto strutturato ed arrangiato, faccio fatica a creare seduto davanti a un computer. Per prima cosa ho un po’ bisogno di sporcarmi le mani con oggetti, persone e situazioni diverse, per tirare fuori delle idee. Suppongo che l’essenza dinamica, e un po’ più umana ed imperfetta di questo stadio originale dei suoni, permei i miei pezzi e live set, attraverso tutte le varie fasi di scrittura, arrangiamento ed esecuzione.
Tra l’altro una bella accelerata la dai quando lavori assieme a Sciahri. Cosa ci puoi raccontare di quest’esperienza?
Io e Sciahri siamo grandi amici dai tempi delle superiori, ma il progetto Unknot è nato solo un paio di anni fa, quando abbiamo provato per la prima volta a lavorare insieme e, non avendo né uno studio né una strumentazione vera e propria, lavoravamo a casa sua con un Korg MS20 e qualche pedale. Dopo qualche mese abbiamo fatto il punto della situazione. Constatando che i pezzi avevano assunto un carattere proprio, piuttosto lontano sia da quello che faccio io, che da quello che fa lui abitualmente, abbiamo deciso di dare al progetto vita propria con un nome ed un’identità grafica tutta sua. Dopodiché abbiamo messo da parte dei soldi, compilato degli EP e trovato una distribuzione, e così siamo partiti. Sciahri ed io siamo persone molto diverse e con gusti musicali quasi opposti, per questo motivo e per il fatto che abbiamo modi di lavorare piuttosto contrastanti, i risultati consistono sempre in compromessi abbastanza assurdi, tra ciò che piace a me e ciò che piace a lui.
Qual è il tuo immaginario di riferimento?
Non saprei dire con esattezza se ho un immaginario di riferimento preciso, ascolto e leggo un po’ di tutto ed amo trovare concetti, temi e punti di vista comuni tra testi, opere ed opinioni di persone con cui parlo, sopratutto quando provengono da background molto diversi. Lavoro anche con mia sorella Elisabetta (la quale cura sia illustrazioni per il progetto WSR che tutti gli artwork delle release Unknot – elisabettaporcinai.com) e spesso riuniamo queste nostre visioni in note, da cui lei elabora nuovi testi, grafiche e illustrazioni, che spesso contaminano e/o viaggiano in parallelo con la musica. Generalmente sono molto affascinato, in ambito narrativo, dalla fenomenologia dei rapporti umani e da come questi vengono influenzati dai contesti in cui si sviluppano.
Leggo che hai dedicato molto tempo allo studio dell’architettura aurea e del riverbero, ci puoi spiegare il focus delle tue ricerche?
Volentieri. Ricollegandomi alla risposta alla prima domanda, la mia ossessione per il suono acustico in contesto digitale è esplosa e si è moltiplicata per mille quando ho studiato per la prima volta Fisica Acustica all’università.
Non appena appresi quei pochi concetti in base ai quali è possibile analizzare ed influenzare il suono con consapevolezza in uno spazio interno, i miei esperimenti di registrazione e produzione hanno iniziato a diventare abbastanza deliranti – tra i più memorabili tra chi mi conosce: una sessione notturna di registrazione di una batteria nei bagni dell’università.
Ho iniziato inoltre a interessarmi all’effetto esercitato dall’architettura aurea di un luogo sulle persone che interagiscono/abitano/producono in tale luogo o che suonano musica al suo interno. Su tutto ciò ho sviluppato vari progetti anche piuttosto distanti da quello che faccio adesso come WSR, tra cui la mia tesi di laurea e una piccola release auto-distribuita con una composizione ricavata da field recordings dei quartieri urbani di Tirana, realizzata in parallelo con un libro di Marco Mazzi “Uninspired Architecture” – di documentazione fotografica delle stesse aree.
A livello concreto, in linea generale, quello che faccio consiste nello sfruttare la riverberazione di uno spazio reale per creare qualcosa di vivo, sia registrando field recordings che microfonando strumenti in modi improbabili, oppure (il caso più artificioso di tutti) facendo una cosa che in gergo sound si chiama reamping, ovvero riprodurre una fonte pre-registrata (come uno strumento elettronico) in uno spazio reale per poi registrarla nuovamente con un microfono, e in questo frangente ci sono mille cose più o meno estreme che possono essere fatte per condizionare il risultato finale.
Se sbirciamo nella tua collezione di dischi cosa troviamo?
Che ho molto apprezzato o scoperto recentemente :
Áine O’Dwyer – Music for church cleaners : improvvisazioni di organo registrate in una chiesa durante gli orari di pulizia, incontrollabilità all’ennesima potenza.
Chevel – Blurse: un super disco di un artista elettronico italiano che stimo molto.
Broadcast – The Future Crayon: se non sbaglio è una raccolta di tutti i B side dei broadcast, gruppo che amo alla follia.
Abbiamo finito, quando e dove ti incontreremo prossimamente?
Il 6 dicembre, penultimo evento Contort all’OHM, Berlino.
Federico Spadavecchia