Potremmo tradurre Depatterning, il titolo del primo album di Ipman, come de-condizionamento. E in effetti può essere una chiave di lettura con cui interpretare questo ottimo disco.
A dominare sono i bassi, il suono metropolitano, gli accenni in quattro quarti e squarci claustrofobici, flash improvvisi che paiono arrivare da rave passati; una fotografia ultracontemporanea del bass sound a tutto tondo, libera da condizionamenti troppo spiccati dell’uno o dell’altro sottogenere specifico.
Jack Gibbons aka Ipman ha un passato recente legato al dubstep, grazie alle belle produzioni condivise con Killawatt, ma si era già fatto notare con un singolo di fine 2013, Ventricle, in cui flirtava con la cassa diritta e le strutture proprie della techno.
Sono nove i pezzi di Depatterning (che esce anche in formato di doppio vinile) edito dalla Tectonic Recordings dell’autorevole Rob Eliis/Pinch, che oltre ad essere un producer di altissimo livello si conferma anche un grande scout di talenti con la sua label (in arrivo anche un album di Acre, altro nome da seguire, ne riparleremo).
Il disco parte subito in bomba con la trascinante Regicide, allentando un minimo la pressione nella lisergica Technicolour. La successiva Gravity Dub tiene fede al suo titolo, fluttuando tra echi e basse frequenze. Si prosegue con Ipa, che gioca con dub e techno senza essere propriamente nè una nè l’altra, e con la seguente Last One in The in The, rinforzata da synth epicamente drammatici. Ci avviciniamo al termine con la doppietta Y e U, la prima più dritta, la seconda storta e avvolgente; infine Strong Ones, che chiude il viaggio di Depatterning sul dancefloor, ma anche in questo caso c’è qualcosa di sfuggente e fluido a sovrapporsi a una ritmica più quadrata che nelle tracce precedenti.
Un disco che guarda al futuro del bass sound, indicandone tutte le svariate possibilità.
Sandrica Se-lecter