Saranno le ferie, sarà che non ci sono più notizie fresche dell’ultima ora da saccheggiare, ma sembra che l’attenzione mediatica sulla morte del 16enne Lamberto Lucaccioni si sia un po’ arrestata.
Mai come in queste ultime settimane tutti hanno sentito la necessità di dire la propria, il più delle volte senza però riuscire a cavare un ragno dal buco.
Il dibattito che si è creato in occasione della tragedia che ha colpito il povero ragazzino di Città di Castello per ora non ha portato a nulla se non a creare due fazioni contrapposte con i soliti cerchiobottisti che tentano invano di trovare una sintesi tra i due gruppi.
In questo scenario dove fiumi in piena colmi di parole scorrono come durante un’alluvione, l’unica cosa abbastanza chiara è che, alla fine di tutto, a guadagnarci sarà paradossalmente lo stesso Cocoricò.
Per una volta la frase “Bene o male, purchè se ne parli” non è la solita citazione buttata lì per ostentare sicurezza in un momento di difficoltà, mai come in questo caso il celebre aforisma di Oscar Wilde sembra calzare a pennello.
Sarà cinico e antipatico da dirsi ma per un brand che ha nella “trasgressione” (nel senso più positivo del termine) un ingrediente importante della propria identità, la tragedia della morte di un ragazzino, non influisce minimamente sulla percezione dell’immagine che una parte non indifferente del target di riferimento del Cocoricò ha nei confronti del club.
Rischiare di morire assumendo delle sostanze stupefacenti non è che la più stupida, pericolosa e inutile delle “trasgressioni” tuttavia, nonostante questo, la tragedia per più di qualche persona (soprattutto i soggetti più giovani) non solo non sarà un motivo per smettere di frequentare il locale, ma al contrario rafforzerà in loro l’immagine ideale del Cocco che si sono creati nella testa.
Il fascino del proibito e della trasgressione è una leva di marketing che funziona sempre, fidelizza la clientela e attira nuovi soggetti con la morbosa curiosità di esplorare quello che (grazie al tam tam mediatico) per loro è diventato un luogo di “perdizione”.
Il beneficio più considerevole per il Cocoricò però arriverà grazie al dibattito che si è creato. L’assalto dei media ha polarizzato l’opinione pubblica in due grandi fazioni: i sostenitori e gli oppositori.
Questa polarizzazione non ha fatto altro che compattare il “popolo del Cocco” che alla prima occasione non mancherà di dimostrare con i fatti il proprio senso di appartenenza.
Stiamo parlando di un target sostanzialmente tifoso con scarso senso critico. Per queste persone la faccenda è diventata un fatto personale, dove esiste solo il NOI contrapposto a LORO – , “i poteri forti che vogliono toglierci la libertà e che hanno trovato nel Cocoricò il loro capro espiatorio”
La discoteca di Riccione in questo momento più che un locale è un simbolo; attorno al club si sta consumando una vera e propria battaglia tra due modi diversi di intendere la società. Non è più una questione che riguarda quel microcosmo che gira attorno alla Piramide sulla collina, il dibattito è già oltre, la questione ora è diventata ideologica.
Scontati i quattro mesi di chiusura forzata, alla riapertura il Cocoricò, probabilmente segnerà un sold out, con pochi precedenti; per l’occasione tornerà qualcuno della vecchia guardia, arriveranno moltissimi curiosi e il popolo della notte non farà mancare il proprio appoggio muovendosi in massa.
Nel frattempo, il locale che sostanzialmente a livello mediatico ha gestito abbastanza bene la crisi (indovinata la mossa delle dimissioni di Fabrizio De Meis e l’organizzazione della conferenza di sensibilizzazione) forte di una strategia che ne sta ripulendo l’immagine potrà addirittura diventare paradossalmente un “simbolo positivo” senza perdere nel contempo la propria identità.
In definitiva, fossi nella proprietà del locale, non dormirei sonni troppo agitati, quasi sicuramente il Cocco risanerà in poco tempo il buco finanziario per il mancato incasso di questi mesi estivi e ripartirà forte di un gruppo di clienti maggiormente fidelizzati e di una popolarità ai massimi livelli.
Per assurdo in tutta questa faccenda, le vere vittime potrebbero essere invece gli altri locali, quelli più piccoli e mediaticamente meno potenti, facili capri espiatori di aspiranti sindaci “sceriffi” che sull’ondata emotiva di una certa opinione pubblica non mancheranno dimostrare la propria forza per guadagnare qualche punto in più nei sondaggi.
Samuele Dalle Ave
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