Ena: Evoco il Diavolo con D’n’B e JPop mutante

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Il Giappone è una terra affascinante. L’approccio nipponico in diversi campi artistici ha segnato profondamente l’idea di futuro: dalle possessioni demoniache e mitologiche alla trascendenza digitale dell’anima, quello del Sol Levante è un immaginario apocalittico, in cui l’essere umano si trova continuamente davanti alla distruzione del “suo” mondo (inteso non solo come luogo ma anche come percezione di esso), per tanto deve essere sempre pronto a reinventarsi, agendo a seconda del caso sull’io interiore oppure mutando direttamente il proprio stesso corpo.
Ena, vero nome Yu Asaeda, è un produttore della nuova generazione: non guarda a Detroit come le leggende locali Ken Ishii o Takkyu Ishino e nemmeno all’intransigenza industrial techno di matrice teutonica del primo Fumiya Tanaka.
Più vicino a Dj Krush o Kentaro, Ena si immerge in una sostanza liquida e mutante: abstract hip hop oscuro con slanci cyber’n’bass, l’eredità rave inglese si discioglie nella grande rete come la protagonista di Ghost in the Shell. In attesa della sua performance speciale al prossimo Atonal Festival di Berlino lo abbiamo raggiunto per fargli alcune domande.

Ciao Ena benvenuto su Frequencies! Che ne pensi se iniziamo chiedendoti di raccontarci come hai scoperto di avere questa passione per la musica elettronica?

Ciao, grazie innanzitutto per quest’opportunità. Per farla breve, io ero un chitarrista cresciuto in una famiglia di musicisti. Intorno al 2000 a Tokyo c’era una scena abstract hip hop molto ricca. Per me fu una rivoluzione, per quanto mi piacciano ancora hit da classifica, devo ammettere che quelle prime produzioni abstract e d’n’b ruppero ogni schema di composizione e produzione. Da quel momento ho iniziato anch’io a fare musica utilizzando campionamenti.

Ascoltando i tuoi lavori vengono subito in mente riferimenti Uk d’n’b come Photek. Quali sono state le tue fonti d’ispirazione più vicine?

Beh intanto Photek è senza dubbio uno dei miei eroi. Le sue prime produzioni le considero davvero un miracolo! Mi piacciono molto anche i primi Metalheadz, Renegade Hardware e certamente anche Samurai e Auxiliary.

Che opinione hai dell’hardcore contiuum, la lotta per l’eredità rave inglese?

All’epoca non ero presente quindi non sono proprio sicuro. Di sicuro a quei tempi c’erano persone con una grande energia, incomparabili alla situazione odierna. Mi sarebbe piaciuto esserne parte.

Qual’è secondo te il rave sound di oggi? Può avere lo stesso valore politico del suo predecessore?

Non ho avuto un’esperienza reale del movimento Rave nel Regno Unito e in Europa. Per me il termine “rave” indica più che altro un suono o le feste all’aperto. A livello musicale direi la classica hit ‘ardkore col loop di piano compresso e l’Amen break. Se avessi partecipato agli eventi di quel periodo sicuramente avrei un’altra opinione. In Giappone quando si parla di rave si pensa soprattutto al suono.

Passiamo a esaminare le tue produzioni: hanno un mood oscuro e una struttura organica. Lavori sui tuoi synth inseguendo un’idea astratta o ci sono dei suoni reali che cerchi di fare tuoi?

Di solito le idee mi vengono mentre mi esibisco come Dj, per cui realizzo ciò che vorrei suonare nei club. Attualmente sto lavorando per trovare un suono che non abbia mai sentito prima. Mi piacerebbe un giorno rompere ogni regola di produzione come successe con l’avvento della drum and bass. In studio mi avvalgo di vari synth vst ma soprattutto ottengo i miei suoni attraverso lunghi processi di elaborazione.

Quale immaginario ti piacerebbe evocare con la tua musica?

Non sono sicuro, forse il diavolo? ahahha
Capisco che la mia musica possa rimandare ad un aspetto visivo ma io preferisco immagini astratte. Fortunatamente potrò mostrare quelle immagini durante il mio show A/V sul palco dell’Atonal. Per questo progetto ho lavorato insieme a Dbkn che si occupa di VJ e design per i BackToChill Party in Tokyo. Abbiamo filmato alcuni oggetti davvero astratti!

Come vengono alla luce i tuoi pezzi?

Credo sia perchè vivo in Giappone. L’Europa è l’area principale della musica elettronica. Pur essendo nell’era di internet i luoghi e l’ambiente circostante continuano ad influenzare la musica.

Che differenze trovi tra il tuo ruolo da Dj e quello di producer? Ti poni obiettivi e prospettive differenti?

Voglio ci sia coerenza tra il mio lato da Dj e quello di produttore. So che ci sono artisti che non suonano la propria musica durante i set, ma io propongo in maggior parte cose mie. La mia idea è che un Dj dovrebbe suonare soltanto tracce proprie di modo da rappresentare al meglio sé stesso.

E’ vero che lavori segretamente per artisti Pop? A ben pensarci il JPop è uno stile così iper-prodotto che chi meglio di un musicista elettronico underground sa metterci le mani?

Ahhahhh il JPop è una musica mutante e molto tecnica. Chi siede in studio ne deve possedere molta, ma di solito basta quella utile a realizzare ciò che vuole il cliente.

Com’è attualmente la scena nipponica? A chi e cosa dobbiamo prestare attenzione secondo te?

Negli ultimi due anni la scena è cresciuta molto e davvero bene. Anche la cultura dei soundsystem sta aiutando nel curare la qualità della musica. Forse rischio di citare nomi che già conosci ma segnalo Goth-Trad DJ Nobu, Steven PorterRyo Murakami che suonerà anche lui all’Atonal.

A proposito di Atonal ci puoi anticipare qualcosa della tua performance? Cosa dobbiamo aspettarci?

Non aspettatevi nulla. Vi dico solo che suonerò un’unica traccia, quindi ascoltatela dall’inizio alla fine.

Federico Spadavecchia

 

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