Innsbruck è il cuore del Tirolo, una cittadina di neanche 125.000 abitanti che peró riesce a sfoderare un festival degno di una capitale europea ed a sostenerlo con prezzi molto popolari. Ma, soprattutto, mettendo insieme delle line-up ricercate e coerenti, senza alcun cedimento ai soliti nomi che stancamente si ritrovano in quasi tutti quei festival che contano. Mettiamoci anche che qui nessuno passa il tempo a farsi selfie ed a pubblicarli su Facebook (tipo Sonar), e la cosa diventa molto seria.
Il mio Heart of Noise parte venerdì 19, nonostante il festival sia iniziato il giorno prima: giovedì, i miei emissari mi raccontano di un FM Einheit che frantuma laterizi contro il muro noise della chitarra di Brötzmann, e report di Kevin Martin che esprime soddisfazione per lo show dei suoi The Bug. Mi dicono anche che piove continuamente. Non importa: ho visto uno dei migliori festival della mia vita a meno 15 gradi nella bufera di neve. Un po’ d’acqua piovana mi farà bene alla pelle. E quindi, si parte.
Venerdi…si parte con il botto. Dalla stazione di Innsbruck, a 200 metri di distanza, direttamente alla Pema Tower, all’interno di uno degli Hotel più lussuosi della città. Al dodicesimo piano di altezza, nella terrazza del lounge bar, con le alpi come panorama. Sono le 19, si inizia senza complimenti con i Dalhous, Marc Dall concentrato a srotolare le sue oscure ma avvolgenti trame elettroniche, insieme al suo compare che lavora con una unità echo a nastro, ammantando il tutto di calore analogico. Precedentemente, avevano suonato i Fluktuation8, giovane duo locale alle prese con synth modulare e di belle speranze.
Dal lusso sfrenato dell’Adlers Hotel allo stiloso realismo funzionale della Stadtsaal ci sono circa dieci minuti a piedi. E’ la sede degli show serali ed il cuore del Festival. Arrivo per il concerto del romano Panoram, ma non sono riuscito a trovare la chiave di lettura del suo set. Al contrario, subito dopo di lui, Valerio Tricoli si è fatto capire forte e chiaro. Premiato da un impianto audio di eccellenza, come mai avevo avuto in occasione dei suoi concerti, Tricoli ci afferra e ci tramortisce ora con mini-drones, ora con voci trovate o con la sua stessa voce, ora con severe bordate noise, e con mille altri frammenti sonori, il tutto sempre con al centro il suo Revox B77, con cui sembra quasi parlare, o piuttosto misurarsi fisicamente, attraverso gesti che rappresentano quasi una performance di danza gestuale. Boato finale per salutare un genio.
Severo nello sguardo ed anche nella sua presenza arriva sul palco Perc, eroe della techno ‘di strada’, con un set live senza compromessi verso il dancefloor: chiude con una versione industrial di My Head Is Slowly Exploding, e solo alla fine Perc si concede un largo sorriso ed un caloroso saluto al pubblico. Eccellente, nel caso non si fosse capito. Fra Tricoli e Perc, il dj set di Object, che non poteva non essere giustamente techno oriented, grande tecnica, vinile 100%, richiami electro a destra e montagne di 909 a sinistra. Bravi tutti tutti. A domani.
Sabato…continua a piovere. Gli show del pomeriggio, previsti all’aperto, vengono dirottati nel foyer della Stadtsaal. Poco male. l’acustica è curata ed ottima anche qui. Aidan Baker, mistico folletto vestito come al solito con colori improbabili, è di scena con il suo trio. Diversamente dai droni iperelettrici che tesse con i Nadja, qui il tocco è più leggero, ma non meno profondo. Dopo un inizio in cui ha sguazzato nel nulla, scatta qualcosa. La seconda metà dello show è occupato da una lunga cavalcata psichedelica: il foyer, di forma circolare, diventa una astronave. Siamo di nuovo in orbita. E sono solo le 18. Prima del Baker Trio si era esibito Idklang, autore insieme a Baker di un recentissimo lavoro (In the red room). Il suo solo show, fatto di voce, laptop e chitarra è così fragile da sembrare sull’orlo del collasso in ogni momento, ma come tutte le cose fragili, è stato di una preziosità rara di questi tempi, una specie di B. Fleischmann in fieri. Intermezzo con il duo italiano Quiet Ensemble e la loro notevole performance di luci e suono ’The Enlightment’ aiutati da una location che da sola valeva la visita: un cellar gotico sotterraneo che sembra uscito dal Nome della Rosa.
Tornati alla Stadtsaal, parte il match finale: apre Klara Lewis, che anche questa volta mi sorprende per la sua maturità a dispetto del suo aspetto da adolescente, questa volta ancora più godibile per la possibilità di assistere al concerto su comode sedie. Sedie che scompariranno in un attimo, perché arriva Prurient. Vince facile: assistito dal mega impianto audio, bombarda con il suo ultimo Frozen Niagara Falls, pesante e distruttivo ancora di più di quanto lo possiate ricordare nelle vesti di Vatican Shadow. La sua devastazione ultra-industrial si ama o si odia. Io voto per l’amore, i costruttori di microfoni anche, visto che ne distrugge due.
Se c’è stata una delusione, quella è stata il live set di Shifted. Mixerone a 15 canali, ma alla fine si son sentiti 45 minuti di monotona cassa continua e sopra degli incompiuti e casuali spruzzi acidi. Niente a che fare con la superlativa produzione discografica. Una occasione sprecata, purtroppo, e mi duole dirlo. Sono le due e mezza, alcuni si chiedono se Actress abbia paccato anche qui.
Invece arriva, infagottatissimo in un pesante parka, cappuccio tirato su e serrato sul viso reso quasi invisibile, ed enorme zaino in spalla, come se fosse appena arrivato da una spedizione artica.
Si china sul suo laptop ed inizia a proiettare una stupefacente sequenza di quadri sonori, rifiniti e profondi, appropriandosi di stili, sequenze e sonorità performate con padronanza ed nonchalance a cui è impossibile resistere, ed ugualmente impossibile da descrivere, se non notare la precisa sensazione di avere assistito ad un evento raro e prezioso, indipendentemente dal grado di adorazione che si ha per Actress. Il nostro alza la testa, sembra totalmente perso nella sua musica che ha appena finito di suonare, poi invece sorride, l’ultima cosa che ti aspettavi potesse fare. Ancora, a luci accese inizia un imprevisto ed improvvisato pezzo alla batteria elettronica.
Fine. Perfetta.
Prima di essere ingoiato nella pioggia notturna verso la stazione dei treni, prendo appunti: ’Prossimo anno: tornare all’Heart of Noise.’
Amedeo Bruni