Oren Ambarchi + Dean Roberts Live @ Standards

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È sempre bello quando apre un posto nuovo, ancora di più quando dietro ci sono due tra i più attivi esponenti delle scene sperimentali come Alberto Boccardi e Nicola Ratti. Oltre ad essere il loro studio/base operativa, Standards è concepito per ospitare concerti, inutile precisare che saranno “di un certo tipo“. Per questo evento inaugurale la sala, ancora odorosa di vernice, è stipata da una quantità di folla che il Milan a San Siro quest’anno non ha mai visto. Non si tratta di martiri della fede calcistica inclini al masochismo, ma del fior fiore del pubblico milanese più curioso, c’è anche qualche grande nome.

La chitarra acustica di Dean Roberts, cantautore neozelandese fuori dagli schemi, apre le danze (si fa per dire).
Un set scheletrico fatto di rumori umorali e voce incrinata da una sofferenza interiore non detta: c’è qualche spunto interessante, ma non è pane per i denti dei lettori di Frequencies. Mentre i glutei cominciano a dolere per quella sindrome da gradinata di cemento che chi ha frequentato gli stadi quando i numeri dei calciatori arrivavano all’11 ben conosce, Oren Ambarchi imbraccia la chitarra. L’Australiano, tra i musicisti più brillanti comparsi in ambito ambient/drone negli ultimi 15 anni (il più brillante?) inizia con dei crepitii magnetici che ben presto si dilatano in un drone, con una nota di mi basso in loop a comandare un ritmo lentissimo.

Il tempo si cristallizza, vedo gli spettatori disidratarsi sotto i miei occhi…finchè Ambarchi non intraprende un rumoroso e interminabile assolo che mi riporta alla realtà. Sensazioni di noise giapponese (Keiji Haino, Suzuki Junzo) che gradualmente si placano, portando a conclusione la performance con gli stessi temi esplorati nella parte iniziale. Circolarità zen. Fuori è buio: prima non lo era.

Andrea Cazzani
Foto: Barbara Scabini

PS: Si ringrazia l’organizzazione per l’apprezzata fornitura di fave e pecorino.

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