Outis Music: Intelligenza senza Volto

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Ormai le storie di progetti discografici made in Italy che devono uscire dai confini nazionali per riscuotere il meritato successo sono all’ordine del giorno.
Oggi ci occupiamo della Outis Music di Dino Sabatini, label che ha intrapreso un percorso fatto di soundscapes oscure e ritmi profondi.
Sonorità liquide che filtrano attraverso i pori dilatati dei ballerini per arrivare dritte al cervello.
La ciclicità del battito è la base di ogni danza tribale guidata da uno sciamano, qui sperimentatore tecnologico.
Le macchine inducono stati di trance senza tuttavia cedere a facili tentazioni di euforia collettiva tipiche di un certo tipo di musica elettronica da club o al droning selvaggio di una sperimentazione priva di meta.
Il sound delle produzioni Outis è una tessitura elaborata e sempre in controllo, un viaggio cerebrale che rimette in discussione il carattere evocativo del minimalismo techno tra passione sci-fi e costante ricerca.

Ciao Dino ben trovato su Frequencies, che ne dici se iniziamo con ordine e ci racconti quali sono state le tue prime influenze musicali e quando hai deciso di trasformare la passione per la musica elettronica in una carriera vera e propria?

Ciao a tutti, riguardo le mie prime influenze musicali, mio padre e mia madre erano ascoltatori della domenica, ascoltavano ovviamente pop italiano o come si dice da noi “La canzone italiana” il massimo della band di tendenza per loro era i Camaleonti. Poi ricordo i dischi che comprava mia sorella che essendo più grande di me avrebbe dovuto dare il buon esempio ed invece comprava roba tipo Cugini di campagna o Umberto Balsamo, per cui avrete capito che crearmi una sana identità musicale non é stato facile.
Comunque, nei primi anni ’80 quando avevo 12 anni ascoltavo cose tipo, Bob Marley, Dire Straits, Police ed italiani ascoltavo Franco Battiato perché ero andato sotto con “La voce del padrone” che ancora ogni tanto ascolto. Poi qualche anno dopo ho conosciuto albums tipo “Selling England by the pound” dei Genesis o “The dark side of the moon” dei Pink Floyd e qui é iniziato il mio periodo psichedelico.
Subito dopo ho seguito tutto il filone del dark/new age degli ’80 ed a Roma tutti i sabati si andava al Uonna club sulla Cassia dove c’era un dj che spaccava. Ho scoperto solo 15 anni dopo che era Sandro Maria Nasonte diventato poi il fondatore di Elettronica Romana.
Ho avuto poi la fortuna di diventare amico di un tizio che lavorava in un negozio di dischi, un certo Roberto Zeppieri il quale mi ha praticamente insegnato tutto del repertorio rock, blues & jazz internazionale.
Ho cominciato ad interessarmi alla musica elettronica da quando ho ascoltato per la prima volta “On the run” dei Pink Floyd ma ho cominciato a progettare di farla nel ’94 dopo aver ascoltato “Protection” dei Massive Attack, in quel periodo in Italia erano uscite band tipo Almamegretta o come i Casino Royale o i Subsonica tanto per citarne alcuni e sembrava che la musica stesse cambiando direzione, le sonorità erano decisamente mutate, così ho comprato il mio primo PC.
Alla fine degli anni ’90 ho conosciuto Gianluca Meloni con il quale ho poi formato il progetto Modern Heads e con lui ho aperto il primo studio nel quale abbiamo iniziato a fare registrazioni e montaggi audio per spettacoli teatrali e broadcast e tramite questo lavoro ho avuto modo di fare molta esperienza tecnica la quale poi dopo diversi esperimenti e diversi progetti é diventata un lavoro.

Cos’è per te la Techno? Un modo per entrare in contatto con il futuro o un canone estetico attraverso il quale esprimere ciò che provi?

Per me fare techno o fare musica suona uguale, il termine techno ha ormai ramificato in diversi stili e lo usiamo ormai generalizzando, ovviamente fare techno é molto legato alla tecnologia ma questa da sola non fa la techno.
Nel mio modo di fare musica o techno c’é tutto me stesso: le mie emozioni, le mie passioni ed il mio modo di essere e quando riesco a comunicare queste cose la soddisfazione che ricevo é impossibile da raccontare.

Cerchi l’ispirazione solo nel suono o anche in altre forme?

L’ispirazione può arrivare da qualsiasi fonte certo ma parlando di musica l’ispirazione principale viene dal suono.

Come nasce una produzione di Dino Sabatini? Agisci di istinto o ragioni su ogni dettaglio?

Sono molto minuzioso nei dettagli e solitamente per fare una traccia ci metto molto perché devo curare ogni singola parte alla perfezione.

Quando ti sei trasferito a Berlino? In un mondo in cui basta una connessione a internet per essere ovunque la scelta di un luogo fisico in cui lavorare è ancora fondamentale?

Mi sono trasferito a Berlino 7 anni fa. Il discorso del luogo fisico in cui lavorare, come dici tu non é fondamentale ma a Berlino é molto più facile trovarsi faccia a faccia con gli addetti ai lavori e fare il producer a conti fatti costa meno, tutto qui.

In questo momento sono davvero tanti i talenti nostrani che si stanno facendo valere all’estero. Secondo te perché in Italia i club non capiscono che è valorizzando il prodotto locale che si alimenta la scena e, tradotto in soldoni, si generano clienti affezionati che non ti molleranno appena cambia la moda?

Per fare quello che dici tu servirebbero persone veramente appassionate della cultura elettronica, preparate nel genere e pronte ad investire sulla divulgazione di questo genere musicale non solo sotto forma di “party”.
In ogni caso negli ultimi anni ho visto un leggero miglioramento, soprattutto in Puglia dove i ragazzi sono molto attenti e non solo alle novità e da quanto ho visto stanno facendo grandi cose.

Quali pensi che siano gli attuali limiti della scena e come pensi si possano superare?

La scena techno/elettronica é in continua espansione ed in questo senso non vedo limiti ma negli ultimi anni il sovrappopolamento da dj’s del ti posto la playlist di Traktor su FB con 1000 persone taggate comincia a impensierirmi un po’, credo che questo limite di QI lo supereremo con difficoltà.

Ti capita ancora di frequentare i club come un semplice appassionato per sentire un Dj in particolare? Se sì chi hai ascoltato l’ultima volta?

Ogni tanto frequento, non spesso perché il club non mi manca, ma se c’é qualcosa di interessante vado, l’ultima volta che mi sono mosso da casa per andare in club a sentire qualcuno é stato per Alva Noto & Byetone al Brancaleone di Roma.

Hai lavorato con labels molto importanti come Elettronica Romana, Prologue, Sonic Groove e Stroboscopic Artefacts, da cosa nasce l’esigenza di aprire una tua etichetta personale?

Dalla passione di fare musica e decidere come, quando, dove pubblicarla.

Nella presentazione del progetto spieghi come il nome Outis derivi dal mito di Ulisse nel suo scontro con Polifemo. Come mai questo episodio ti ha così colpito da dedicargli il tuo lavoro?

Mi ha attirato la storia, l’intelligenza di un piccolo uomo che vince sulla forza e la violenza di un gigante ed il significato del nome Outis che é simbolo di anonimato – Outis = Nessuno o Ignoto = un uomo senza identità.

Chi hai voluto coinvolgere in questa avventura? Che caratteristiche deve avere un artista per salire a bordo?

Ho coinvolto alcuni amici con i quali ho collaborato in Elettronica Romana, Gianluca Meloni, Donato Dozzy, Giorgio Gigli e Brando Lupi e sto coinvolgendo alcuni nuovi talenti italiani come Claudio PRC, Ness, Nuel, Luigi Tozzi. Per salire a bordo un artista dovrebbe essere se stesso e farmi viaggiare con la sua musica.

Quali saranno i prossimi appuntamenti con Outis?

La prossima release “Outis 008” sarà l’esordio di Luigi Tozzi in Outis Music, Outis 009 sarà invece un recall di “Chapter II” dei Modern Heads con i remix di “Beginning” da parte di Brando Lupi, Donato Dozzy & Giorgio Gigli. Infine ad ottobre la release del mio nuovo album.

Federico Spadavecchia

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