Hieroglyphic Being & The Configurative Or Modular Me Trio “The Seer Of Cosmic Visions” (Planet Mu)

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Jamal Moss è il boss della Mathematics recordings, etichetta di Chicago che porta avanti l’eredità sonora della città ampliandone i confini a ogni uscita.
Per intenderci nel suo catalogo troviamo nomi storici come Lil’ Louis e Adonis e le conoscenze nostrane Marcello Napoletano, Joe Drive, Simoncino e Giorgio Luceri.
E come se non bastasse c’è lui, il boss dai lunghissimi dreadlocks, un esploratore coraggioso che parte da una ricerca interiore delle proprie influenze per tramutarle in frequenze aliene e psichedeliche, ben distinguibili soprattutto durante i suoi dj set fiume in cui house, disco, noise, electro, jazz, techno ecc…nonostante i mix a strappo e le sovrapposizioni oblique, si scoprono incredibilmente coerenti e fanno ballare chiunque, dimostrando come la buona musica sia davvero linguaggio universale a prescindere dalla presunta difficoltà.
Tra i vari progetti messi in piedi da Jamal, tra cui ricordiamo I.B.M., IAMTHATIAM e The Sun God, Hieroglyphic Being è quello su cui oggi è più concentrato e che in effetti sta ottenendo maggiori riscontri.
The Seer Of Cosmic Visions è una raccolta di vecchie tracce rimasterizzate da Michael Kuhn presso il mitico studio Dubplates & Mastering di Berlino.
L’acquisto è caldamente consigliato a chi si vuole avvicinare all’universo dell’artista americano cogliendone la visione d’insieme, scoprendo l’origine del sound e provando a immaginarne le traiettorie future.
Fin dalla copertina dorata splende la benedizione di Sun Ra, la cui arte è il faro principale dell’opera di Jamal.
La melodia non segue il pentagramma ma le stelle, mentre la ritmica guarda ai seduttori house Ron Hardy e Adonis ma anche all’EBM belga risultando aggressiva, passionale, volutamente rowdy.
La titletrack è uno stomp beat che graffia la corteccia cerebrale; How wet is ur box è una schitarrata in cortocircuito.
Space is the place è definita già dal nome: omaggio intergalattico alla Arkestra che prosegue in Letters from the edge, legandosi a doppio filo all’high tech jazz dei cugini di Detroit.
A Genre sonique è una guerra di trincea mentre The human experience si avvita su sè stessa senza soluzione di continuità.
134340 Pluto documenta le futuristiche danze tribali nella periferia del sistema solare. Calling planet Earth è una storia di archi e tensione emotiva: la disco si fa drammatica e il jazz sbatte con forza contro una drum machine. L’impatto è devastante.
Si chiude con Strange signs in the sky, ancora una volta si volge lo sguardo al cielo per anticipare ciò che ci riserva il destino.

Federico Spadavecchia

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