Dopo il disguido con l’agenzia di booking che aveva fatto saltare l’evento nella scorsa stagione, i Clock DVA sono infine approdati al Magazzino sul Po per trasportarci nel loro universo futuribile.
“The future begins now” sono infatti le parole con cui Adi Newton, fondatore e mente della storica formazione britannica, introduce The Konstructor, brano di apertura del recente Clock 2, album d’inediti disponibile solo in formato chiavetta USB.
Accompagnato dal fedele Maurizio “TeZ” Martinucci e dalla new entry Panagiotis Tomaras, responsabile dei visuals, il grande veterano di Sheffield appare in forma smagliante e perfino comunicativo con il pubblico, che risponde con grande entusiasmo e si lascia risucchiare nelle spire ad alta tecnologia del trio.
Già nel 2011, anno del ritorno sulle scene, avevamo potuto constatare come il fattore nostalgico non fosse contemplato nelle esibizioni dei rinati Clock DVA, che avevano preferito concentrarsi su materiale nuovo di zecca e su ripescaggi di inediti rimasti negli archivi dell’Anterior Research dopo lo scioglimento di metà anni ’90. Proprio da quel materiale, pubblicato l’anno scorso con il titolo di Post-Sign, il gruppo riparte anche a Torino, proponendo i due brani più riusciti, Phase IV e Sigma 7, ancora più ammalianti ed ipnotici nelle nuove versioni live.
Ampio spazio, ovviamente, agli inediti estratti dal succitato Clock 2, con l’eccellente Rayonist e la lunga e martellante Kabaret 13.
L’unica concessione al repertorio storico arriva con Sound Mirror, dal capolavoro Buried Dreams, anch’essa in versione remixata e rimaneggiata.
Lo schermo alle spalle del gruppo è grande e permette ai geometrici visuals di Panagiotis Tomaras di accompagnare degnamente i beats.
Nel bis ci vengono offerti ancora Re-Konstructor, remix ad opera degli stessi DVA, e la storica The Hacker, smembrata e ripensata per il III millennio in versione Re-Hacked.
La resa sonora all’interno del Magazzino non è certo impeccabile, specie per quanto riguarda il microfono di Adi Newton, che nel finale è disturbato da fischi continui e rimane poi per un momento del tutto muto, ma il bilancio è comunque positivo.
I Clock DVA danno prova di saper gestire il loro ingombrante passato proiettandosi ancora una volta verso il futuro. Esattamente quello che ci si aspetta da un gruppo che ha sempre spostato in avanti i confini della musica e della sperimentazione elettronica.
Simone Valcauda