Quando abbiamo letto del ritorno di Global Underground (city series), la storica etichetta che ha fatto scoprire la progressive a tanti appassionati di musica elettronica, e che ha lanciato nel mondo Dj’s come Nick Warren, John Digweed e Sasha, non neghiamo di esserci sorpresi, visto il lungo digiuno di release (l’ultima datata 2010 di Dave Seaman).
Per noi vecchi fans di questa serie, affezionati ai vecchi suoni progressive, è difficile comprendere la convocazione dell’artista incaricato del rilancio, Solomun, Dj simbolo della nu house.
Ascoltando però il primo cd la selezione musicale e la tecnica dei passaggi sono di primissimo ordine e, come ormai di consuetudine per i doppi mixati, è uno scoprire un lato più soffisticato e ammiccante che fonde insieme deep/tech, una buona dose di vocal, e parti melodiche più sperimentali.
Riassumendo, possiamo affermare che il primo set rappresenta la parte più maliconconica di Solomun, e il tutto viaggia in armonia e con una discreta varietà ritmica.
Il secondo disco invece non rimanda in alcun modo allo stile dell’artista, quanto piuttosto a un Oliver Huntemann (primo disco proprio suo) o a un Digweed. Non intendiamo sminuire il lavoro di Mladen, che ha creato un’ottima atmosfera da club, decisamente spinta a tratti e con sonorità che sfociano nella tech più mentale.
Il divertimento è assicurato grazie a melodie sintetiche, percussioni distorte e clap a mitraglia, e l’inserimento a sorpresa di un classico come Radio Slave My Bleep (Roman Flügel Remix).
Insomma un buon cd mix ma ancora continuiamo a domandarci se questo nome sia stata una mossa azzeccata: è giusto richiedere ad un artista di snaturarsi per rispettare le aspettative dei fans della famosa compilation? O sono i proseliti della serie a doversi staccare dalle proprie radici?
Il mercato per G.U. era morto, e probabilmente la scelta di Solomun (in realtà in fase discendente anche lui) è stata un’operazione di marketing che ha portato a dei risultati visto che se ne è parlato molto di questo ritorno, ma noi appassionati abbiamo impressa nella mente ben altra musica, ben altri Dj’s e ben altre emozioni, che causa evoluzione della musica non rivivremo più se non ritirando fuori le vecchie puntate.
Omar Abdel Karim