Violet Poison “Sovrastrutture” (Opal Tapes)

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Evoluzione è uno dei termini più abusati di sempre quando si parla di musica, il più delle volte utilizzato per giustificare fesserie oltre l’umano sentire.
Poi c’è un 10% dei casi in cui questa parola si riempie di significato e testimonia un percorso concreto, come per esempio quello di Francesco Baudazzi in arte Violet Poison.
Nato come Obtane, Francesco dimostra fin dall’esordio il suo immenso talento, attirando su di sè l’interesse di mostri sacri quali Damon Wild e Adam X che lo vogliono sulle rispettive etichette.
Successivamente, insieme a Giorgio Gigli, da vita a Zooloft che, tra il 2009 e il 2012, affianca Sandwell District nella consacrazione della deep techno: pulsazioni oscure attraversate da correnti lisergiche.
In tempo zero la label diventa un culto.
Ma nel momento in cui potrebbe passare all’incasso cambia pelle: si rifugia nell’anonimato rassicurante del misterioso Violet Poison (che funzionerà anche da etichetta), ed insieme a Nino Pedone alias Shapednoise fonda i Violetshaped, uno dei gruppi più interessanti del neo nato movimento industrial dance.
Anche in questo caso però, dopo appena un paio d’anni, la società si scioglie, l’identità segreta viene rivelata ma il nickname resta, e oggi Violet Poison è un viaggiatore solitario.
Sovrastrutture è il suo secondo album su cassetta, dopo Voices From The Hell uscito nel 2013 sulla Hospital Productions di Dominic Fernow.
Il nastro si srotola con Gabbia di Faraday, noir cyber-noisey che rimanda al cinema di fantascienza apocalittica, e struscia quindi ai riverberi claustrofobici di Me, You & Nothing Else, storia di amori totalizzanti al confine con l’ossessione patologica.
Rottami Sparsi inietta benzina nel motore da una pompa EBM per poi riavvolgersi nelle rumorista Circuito Chiuso, e finalmente esplodere grazie a Lisergico, techno a la Regis di grande impatto e turbe psichiche.
Ascoltando Run si fa un salto indietro nel tempo tra post punk e EBM; Visione, invece, è quello che promette di essere: un’immagine sfocata impossibile da capire se reale o meno. Un collage ambient di ricordi inconsci e stimolazioni del sistema nervoso in stile Onethrixpointnever ma più denso.
Il risveglio è una fresatrice in faccia: The Key, vortice techno industriale con spoken words.
In chiusura la titletrack romba in crescendo e regala la probabile hit dell’album.
Sovrastrutture è uno di quei dischi da non farsi scappare, e se volete un consiglio lasciate perdere la versione digitale e tirate fuori dal cassetto il caro vecchio walkman, vi sembrerà di essere ancora ai tempi del liceo quando, mani in tasca e sguardo incazzato con il mondo, pensavate che la musica fosse l’unico futuro possibile.

Federico Spadavecchia

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