Schlagstrom ’14: Cercando Rifugio nell’Oscurità

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Un migliaio di adepti in uniforme nera che occupano per tre giorni un ex deposito ferroviario nel verde pallido di Schöneweide, periferia berlinese, possono dare adito a qualche fraintendimento, roba che in Italia sarebbe finita con un’irruzione della digos o peggio ancora con un dj set di Gabry Ponte a braccio teso.
Fortunatamente per noi, invece, eravamo allo Schlagstrom Festival, ultimo baluardo della cultura industriale nella sempre più ubercoolische capitale tedesca.
Un intero weekend dedicato alla vivisezione del suono più oscuro nelle sue diverse sfumature: EBM, industrial, noise, techno, ambient.
Purtroppo per motivi organizzativi ci tocca saltare il venerdì, perdendoci soprattutto i live di Absolute Body Control, leggendario progetto di Dirk Ivens, Monolake, in pausa da Lumiére, Portion Control e Winterkälte.
Il sabato prende forma dallo stupore per la suggestiva location e la mostra fotografica di Alice Angeletti, Through a Glass Darkly, all’interno della Water Tower.
Al made in Italy spetta anche il ruolo di primo grande ospite della serata: da Torino la Wuornos/Aileene Bande, formazione composta dai coniugi Basili alle macchine (synth, moduli e drum machines) e da Laura Agerli e Lorenzo Nascitari (in procinto di partire in tour per gli USA con il suo noise solo project) alla voce.

La performance è una piéce tumultuosa di critica sociale rigorosamente in lingua madre, a metà strada tra il comizio politico (vengono infatti distribuiti i testi dei brani su cui campeggia un eloquente Vote for us) e il giudizio universale.
Laura si muove solenne sul palco, narratrice/sommo inquisitore interroga e incalza un Nascitari, che incarna i conflitti dell’uomo. Oppresso dai dogmi della società (rappresentati da cravatta e calze di nylon che gli stringono la gola), urla e si dimena sullo stage e fuori, cercando di sopravvivere a cotanta sofferenza.
Il sound è una cornice rumoristica urticante (un inno al do it yourself post punk) mentre i video sono un Blob impietoso della cancrena in cui vegeta il nostro Paese.
Highlight dello show il discorso di Pasolini su cui è basata Io odio lo Stato in cui vivo. Uno scandalo che per godere di un gruppo del genere bisogna andare fuori confine!
Dopo un proficuo giro nell’area merchandising (colossale offerta sul materiale KK/Nova Zembla records), è il turno di Maschinenkrieger kr52 vs. Disraptor, duo breakcore noise d’assalto figlio del digitale.
Live intenso ma senza uscire dai canoni classici del genere.
I Sardh feat. blue voice preparano la pista per il live più atteso della serata: Chris & Cosey.
Gli ex Throbbing Gristle ripropongono la scaletta già vista al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano per S/V/N/ Machines lo scorso anno, ma a differenza di allora Carter salta definitvamente nella techno, dando ai pezzi originali un tiro poderoso da fare invidia a qualsiasi Dj del Berghain.
I puristi dell’industrial storcono il naso, ma per chi viene dalla dance è una goduria e una lezione di creatività per tutti coloro che vogliono fare musica elettronica.

Quanto ai Greyhound, si posizionano nella stessa nicchia di Maschinenkrieger kr52 vs. Disraptor ma meno interessanti.
Chi invece semina il panico è Monolog, che ibrida IDM, noise e breakcore, scorticando i timpani e il sistema nervoso dei presenti.
Sorprende, in positivo o in negativo a ‘sto giro dipende solo dai gusti, il live di Adam X nelle vesti di Traversable Wormhole.
Il producer americano infatti, a dispetto della techno spigolosa delle release firmate TS, si prodiga in atmosfere da viaggio interplanetario sospinte da un beat morbido e profondo.
A chiudere la nottata tocca ancora una volta a Dirk Ivens, questa volta in scena come Sonar, in compagnia di Erik Van Wonterghem, che dal 2000 ha preso il posto di Patrick Stevens.
Il sodalizio nato nel 1996 conta una ventina di uscite (tra cui una collaborazione con Muslimgauze nel ’98), riporta al centro dell’attenzione l’anima delle macchine. Bastano una vecchia Korg Electribe R e un campionatore a citfono per improvvisare una furiosa tempesta rave, che richiama i fasti della early techno belga.
La domenica il mood è chiaramente più rilassato anche se il nero resta l’unico colore che brilla.
Phelios ci prende per mano e iniziamo a scendere nell’abisso. Il festival prende le forme di uno sleeping concert volto a stimolare incubi e malinconia.
Ci provano gli Apoptose ad alleggerire la tensione tessendo eterei ricami onirici a la Cocteau Twins e This Mortal Coil, ma è vana fatica poichè sul palco c’è lo svedese Raison D’etre.
Peter Andersson racconta una storia sull’ineluttabilità del destino e della morte servendosi di basse frequenze, echi pestilenziali e video girati negli ossari;  un’affascinante sinfonia di spettri e fuochi fatui.
Lo Schlagstrom si conferma una manifestazione per iniziati, provato dall’afflusso buono ma contenuto e dall’età alta del pubblico, che, orgoglioso delle proprie radici, esplora generi musicali diversi per definizione ma strettamente legati per attitudine e voglia di darci dentro finchè ce n’è, anche a costo di isolarsi dal resto del mondo.

Federico Spadavecchia

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