Dal 31 luglio fino al 3 agosto la riserva naturale del Turano, un piccolo paradiso terrestre appena fuori Roma, ospiterà il Free Field Fest.
La manifestazione presenta una line up ricca di spunti gettando un ponte tra l’underground della Roma degli eroici anni ’90 e la realtà attuale in Italia e più in generale in Europa, senza però scadere nel mero revival o nel classico mugugno dell’era meglio quando si stava peggio.
Ma per capire meglio come stanno veramente le cose li abbiamo incontrati.
Ciao ragazzi benvenuti su Frequencies, che ne dite se iniziamo col chiedervi come nasce l’idea del Free Field Festival?
Ciao, è un piacere essere su Frequencies.
Il Free Field Fest nasce lo scorso anno in seno ad un percorso di collaborazione tra tre realtà e label romane: STIRPE999, TRUCKSTOP76th, CROMEDROP, ed anche se questa edizione vede la partecipazione attiva solo dei primi due progetti menzionati, in realtà è una delle varie inziative concretizzate insieme negli ultimi anni.
Tra queste le piu importanti sono state sicuramente ELECTRODE fest al c.s.o.a Forte Prenestino, che tra gli altri, annoverava tra gli organizzatori proprio la Truckstop76th (e nelle ultime edizioni anche Stirpe999) e PROVOCAZIONI fest all’interno di un altro spazio autogestito: l.o.a Acrobax, questo interamente curato dai Cromedrop).
Due momenti che hanno lasciato il segno nella nostra città, al punto tale da risultare non piu praticabili a causa dell’eccessiva affluenza di pubblico.
Abbiamo quindi deciso di rimediare creando un fest open air che potesse riempire questo vuoto, uscendo dal guscio della Capitale per avere lo spazio necessario per crescere; ma al tempo stesso conservando i principi alla base di tutte le nostre proposte, in primis l’accessibilità dell’evento e la qualità della proposta artistica.
Scorrendo i nomi in lineup è evidente il legame tra il Free Field e la mitica scena rave della Capitale negli anni ’90. Cosa vi piacerebbe riportare in vita di quei tempi?
Anche niente, ma semplicemente perchè preferiamo fare i conti col 2014 piuttosto che crogiolarci nelle passate glorie cittadine.
Ci spieghiamo meglio. Quelli sono stati momenti magici che abbiamo avuto la fortuna e l’onore di vivere in prima persona. Ma sono momenti figli di una differente condizione storica e culturale, quindi non torneranno.
Abbiamo fatto tesoro di quelle esperienze, sopratutto del contributo artistico che la generazione di producers e djs romani antecedente alla nostra ha saputo lasciare (non solo a noi ma a tutta la scena internazionale); proprio per questo abbiamo sempre guardato avanti e mai indietro, consci del livello della sfida: mantenere vivo e dinamico un linguaggioi musicale che altri si erano presi la briga, se non d’inventare,almeno di concretizzare per primi in termini che ci “coinvolgevano“.
Negli anni l’impegno e l’umiltà ci hanno permesso di confrontarci spesso con i pionieri della scena romana (e con altri di differente provenienza), abbiamo condiviso release e/o consolle con artisti del calibro di D’ARCANGELO, LEO ANIBALDI, SOMATIC RESPONSES, PASSARANI, MAX DURANTE, ANDREA BENEDETTI.
Molti di questi nomi sono ancora attivi ed in grado di regalare perle, quindi mi verrebbe da rispondere che c’è ben poco da riportare in vita, semmai c’è da capire come ottimizzare la dimensione attuale, come collocare l’attuale scena cittadina rispetto alla proposta internazionale.
Come producers (FIRE AT WORK/Mr.3P) e gestori delle nostre label tentiamo di esprimere al contempo consapevolezza delle nostre origini (ed un conseguenziale profilo artistico ben definita) ed apertura totale alle nuove influenze.
L’obbiettivo è evolversi ma al di fuori delle tendenze imposte, lasciarsi influenzare ma senza scimmiottare, concretizzarsi artisticamente all’interno di un perimetro che abbiamo scelto noi in virtù del nostro percorso, che è poi lo stesso obiettivo del Free Field Fest.
Nonostante sia passato parecchio tempo pare che la musica elettronica da club nel nostro Paese non sia stata ancora assimilata dal pubblico generalista e venga ancora vissuta come un’esperienza settaria, siete d’accordo? Che tipo di pubblico vorreste al Free Field?
La realtà dei club a Roma è sempre stata un po’ marginale e settaria, vuoi anche per le difficoltà burocratiche ed economiche che s’incontrano se si pensa di aprire un club. Inoltre la nostra esperienza è intimamente legata a quella degli spazi autogestiti della capitale, quindi forse non siamo i più ferrati sull’argomento “clubbing“. Sicuramente ci sono posti come il Goa o l’Animal Social Club che ospitano artisti molto interessanti, ma è innegabile che l’utenza sia esclusiva visti anche i prezzi.
Non fraintendeteci, non è una critica bensì il riconoscimento di una modalità differente di fare le cose, che probabilmente permette anche piu facilmente di selezionare un pubblico realmente interessato alla proposta musicale (spero che se paghi 10/20 euro sia per l’artista e non per fare il coatto al bancone).
Ma il nostro percorso è differente sebbene l’obiettivo possa coincidere.
Da sempre proponiamo ciò che ci piace e non quello che la tendenza stagionale impone, da sempre ci preoccupiamo che la nostra proposta sia accessibile a tutti, questo ci ha permesso nel corso degli anni di attuare comunque una selezione del pubblico, che ormai conosce bene le nostre proposte, e quindi non viene se non interessato.
Ci rendiamo conto che possa sembrare che siamo noi i primi ad imporre una dimensione “settaria” ma non è così.
Roma è una citta dove la risposta del pubblico è forte, all’inzio è sempre bello, ma dopo un po’ diventa una necessità ribadire la centralita della proposta musicale a discapito della mera movida, anche se comporta un abbassamento del profilo in termini di audience.
Per il Free Field speriamo semplicemente nel nostro pubblico, quello che ci sostiene da tanto e che negli ultimi anni sembra crescere di volta in volta, speriamo che ci premi anche quest’edizione del FFF.
In molte capitali europee la musica elettronica ha creato un business non indifferente che in tempi di crisi come questo non sono assolutamente da sottovalutare, eppure le autorità italiane sono restie a concedere credito a manifestazioni di questo tipo, secondo voi perché?
Da una parte gioca sicuramente un ruolo il profilo socio/culturale del nostro paese. La parte piu reazionaria della middle-class inglese o tedesca non lo sarà mai quanto quella del paese dei papi.
Inoltre la stampa e i media hanno spesso demonizzato questo tipo di esperienze e il risultato è che dopo piu di 25 anni questo linguaggio musicale e le esperienze di socialità ad esso correlate sono ancora considerati borderline. Anche molti organizzatori ed utenti hanno fatto la loro parte, avallando e/o privilegiando l’aspetto dello sballo e i relativi business.
Ma qualcosa si sta muovendo, oltre a noi sono molti i festival in giro per l’Italia, alcuni anche più maturi del FFF, piano piano ci stiamo riuscendo anche qui, meglio tardi che mai!
La scelta della location è molto particolare, non un capannone industriale come nel più classico dei rave ma una riserva naturale vicino Roma, come mai questa scelta?
Perchè il FFF non è un rave. La location ci è stata proposta dallo stesso sindaco di Turania, noi stavamo cercando posto per riproporre un evento open air sulla falsa riga di ELECTRODE, e quando siamo entrati in quella valle ci siamo subito innamorati.
Il connubio musica/natura può offrire importanti spunti di riflessione, pone in una condizione percettiva a nostro avviso ottimale.
Insomma rappresenta una condizione perfetta per fruire un’esperienza artistica e musicale. Inoltre in molti paesi del nord europa è una formula già adattata da tempo (in forme ecocompatibili intendiamoci). Abbiamo pensato fosse giunto il momento di provarci anche noi.
Che rapporto esiste per voi tra musica elettronica e techno? Evoca un po’ un immaginario steampunk/post civiltà che ne dite?
Che siamo in una condizione di post-civiltà ci sembra evidente, se per civilizzazione s’intende il progresso delle relazioni sociali in termini di giustizia e adeguata redistribuzione della ricchezza.
A livello estetico cresciamo umanamente ed artisticamente a cavallo tra l’analogico ed il digitale; da pischelli non avevamo neanche il telefonino.
Abbiamo vissuto un passaggio epocale, abbiamo visto il mondo cambiare dopo la caduta del Muro e cambiare un’altra volta dopo l’11 settembre.
Insomma sarebbe impossibile negare questo tipo d’immaginario, quest’universo simbolico di riferimento.
Tra noi è sicuramente Stirpe999 quella più legata all’estetica e alla scena industriale/post-cyberpunk, mentre il percorso della Truckstop76th è più direttamente inscrivibile nel solco della tradizione techno romana.
Parlando degli artisti coinvolti, chi siete più curiosi di ascoltare?
Il giovedì aspettiamo con ansia i nuovi live set della scuderia RXSTNZ, mentre il venerdì, per quanto risulti impossibile pensare ad una guest centrale rispetto al resto della line up, credo che Mike Dred sia il più atteso dal pubblico.
Personalmente invece c’interessa molto il live di Ruby My Dear che abbiamo il piacere di ospitare per la prima volta in Italia.
Il sabato c’aspetta la battaglia tra Rother e Rebotini. Il solo pensiero di tutti quegli strumenti sul palco ci fomenta da mesi, li piazzeremo uno di fronte l’altro e che vinca il migliore.
La domenica confidiamo nella durezza del set della Fraulein Z, che Miss Loony (direttrice artistica della nottata) e Mr.3P avevano gia avuto occasione di portare ad un ELECTRODE di qualche anno fa.
In scaletta c’è una forte presenza della scena underground italiana, come avete gestito le relazioni con le diverse crew?
In maniera naturale come sempre. Tutte le realtà coinvolte hanno già collaborato con noi in passato, alcuni come RXSTNZ/KAIJU e RAW WAXES con STIRPE999 e FIRE AT WORK.
Le altre più techno oriented principalmente con la TRUCKSTOP76th. Alla base c’è un percorso di condivisione degli orizzonti professionali quanto dei contenuti che li sorreggono, e questo rende possibili le collaborazioni anche in a fronte di supposte incomparibilità musicali.
Certo sono stati necessari due stages e differenti giorni per poter calibrare bene la proposta senza “saltare de palco in frasca” come si dice a Roma, cioè garantendo al contempo la trasversalità della proposta musicale ma anche una certa dose di coerenza.
Se un novello techno head decidesse di venire al Free Field che tipo di percorso musicale gli consigliereste?
Gli consiglieremmo di venire il giovedì e andarsene la domenica, cercando di prestare la medesima attenzione alle differenti proposte musicali che incontrerà.
Ma sopratutto gli consiglieremmo di non ridursi a merda, perchè altrimenti diventa inutile parlare di musica.
Ok per salutarci diteci qual è il miglior motivo per venire al Free Field Fest:
Il Free Field Fest!
Federico Spadavecchia