Ad esclusione del giro heavy metal e hardcore/gabba, trovare festival rimasti fedeli alle proprie radici è diventata merce rara, perchè tra l’imbastardimento degli stili classici e le sirene di guadagni milionari è facile perdere la rotta.
Eventi come Monegros e I Love Techno per esempio, che devono la popolarità all’essersi fatti bandiera di una precisa corrente, hanno venduto l’anima al diavolo passando da appuntamenti irrununciabili per duri e puri a costosi luna park per bambini.
Fortuna che ci sono situazioni come Awakenings capaci di coniugare la coerenza artistica con il business dell’intrattenimento, puntando sull’esplorazione della techno nel suo presente, coinvolgendo tanto il pubblico vicino a sonorità di ricerca quanto quello attirato dal trend del momento.
Il rischio di una politica così impostata è trovarsi di fronte a lineup identiche da un anno all’altro fino all’esplosione di un nuovo stile dominante, ma il successo è garantito dall’altissima qualità della macchina organizzativa, sempre impegnata a fornire la migliore esperienza possibile fotografando comunque lo status quo della scena.
In effetti i promoter olandesi rasentano la perfezione: Awakenings prende i canoni del rave e li trasla in un comodo resort safari, dove il clubber/turista soddisfa la sua voglia d’avventura senza rinunciare ad alcuna comodità.
Location dell’evento è il parco di Spaarwoude, pochi minuti di treno da Amsterdam, che nel tempo è stato riprogettato per permetterne l’ampliamento e la godibilità, diventando sede anche di altri parties importanti.
Cinque aree dedicate alla cassa in quattro, di cui due stage all’aperto e tre tendoni, che forse sarebbe più corretto definire hangar vista la solidità della struttura. Gli impianti ruggiscono feroci e cristallini.
Per il resto i servizi offerti fanno concorrenza a quelli dei club Med con punti di ristoro per ogni gusto, birre gelate a prezzo modico e soprattutto senza aspettare mezzo secondo in coda, bagni decenti, e siccome il tempo è l’unico imprevisto occhiali da sole regalati all’ingresso e pavimenti galleggianti per non farsi prendere male dalla pioggia. Wifi gratis ovunque.
L’edizione 2014 presenta inoltre la novità assoluta di allungarsi sull’intero weekend (soluzione già approvata per l’anno venturo), proponendo sostanzialmente i medesimi artisti salvo qualche integrazione e modifica.
Un’opportunità per gli artisti anche di fama per mostrare sfumature differenti del proprio repertorio.
Nell’abbondanza del cartellone la nostra scelta ricade sulla domenica quando ci aspettano dodici ore di battiti meccanici senza compromessi.
Il passo è dettato dal nostro Giorgio Gigli che getta le fondamenta della festa, allestendo un ottimo set oscuro e mentale.
Ciò che avviene dopo è il vantaggio della stessa programmazione su due giorni ovvero mescolare le carte, portando un matrimonio consolidato come Pariah e Blawan (i Karenn) a praticare lo scambio di coppia.
Succede quindi che il primo si trova in back to back con Panagea, con il quale condivide curiosamente il primato di aver portato in auge l’effimero future garage mettendo in contatto house e dubstep.
I tempi di quel mood sexy e delicato paiono inghiottiti in un buco nero, l’oggi è un poderoso sound techno di scuola inglese che fa tremare i muri.
Blawan d’altra parte non è da meno, e arricchisce le scudisciate di Sigha (bravo ma poco vario) di elementi metallici e industriali.
A farci uscire da questo eccitante antro della tortura celebrale è il richiamo di Jeff Mills.
The Wizard è in forma strepitosa: cdj e Tr-909 per uno show sublime privo di pause, dita velocissime sui comandi e la solennità di una funzione religiosa. The Bells dovrebbe essere eletto inno nazionale del mondo unito. Immortale.
Maya Jane Coles, aspetta ansiosa il suo turno, e proviamo simpatia per lei ma bastano i suoi primi due dischi, inconsitenti, per farci tornare all’ovile per un’ora di hardcore fin troppo esagerata, ma cazzo se divertente, di Perc & Truss.
Penultimo act in timetable è Zeitgeber ovvero il progetto di Lucy e Speedy J.
La vecchia volpe olandese, ben conscia dei suoi attuali limiti creativi, si è circondata di dj e produttori estremamente promettenti.
Il giovane patron della Stroboscopic Artefacts prende le ritmiche di Mr. Pullover e conferisce loro sostanza e dinamica, confermandosi un punto fermo della new wave techno.
Per la chiusura abbiamo deciso di affidarci al caro vecchio Sven Vath, giusto per ascoltare un paio di classiconi prima di andar via.
E qui però scatta la sorpresa: Sven, l’abbiamo ripetuto più volte su Frequencies, ama essere un Dj, e nonostante lo status di superstar i dischi li ascolta ancora e prova gusto nel selezionarli e mixarli.
Fanculo le mode e la matura età che lo costringe a portare gli occhiali: sguardo chino sul mixer e musica seria ricca di carattere.
La techno alla fine è come il sole estivo del nord, l’orologio ci può anche dire che è notte ma di tramontare non ne ha la benchè minima voglia.
Federico Spadavecchia