Plastikman “Ex (Performed Live At The Guggenheim, NYC)” (Mute)

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E’ stata la notizia del giorno, roba che pompava euforia come non si vedeva da tempo.
Richie Hawtin realizza un nuovo album a nome Plastikman e senza tanti complimenti lo piazza in streaming su Youtube.
Sono passati undici anni dall’oscuro k-hole di Closer, e da allora questo moniker è stato utilizzato soltanto per due cicli di live shows (e per un singolo non proprio indimenticabile, Slinky su M_nus nel 2010).
La storia di Ex, come recita il sottotilo Performed Live At The Guggenheim, NYC, nasce dall’invito ricevuto dal biondo a esibirsi presso il Guggenheim museum nella Grande Mela in occasione dell’annuale party di raccolta fondi organizzato da Dior lo scorso novembre.
A quanto si dice Hawtin provò così tanta soddisfazione nel proporre un set nuovamente incentrato su trame sperimentali, che decise di produrre un disco basato su quelle registrazioni.
Per gli appassionati sono stati mesi di attesa sfiancante, tutti a domandarsi se Richie rich avesse ancora il tocco magico e la sensibilità giusta per riprendere un progetto entrato nel dna della Techno, o se invece si sarebbe rivelata l’ennesima, azzeccata (vista la quantità spropositata di prenotazioni a scatola chiusa del live conseguente e la vendita di special packs ultra limitati), trovata di marketing.
La veste grafica ricorda da vicino l’ultima serie di drum machine e synth Roland, l’Aira, e come per questa ad accendere le discussioni più infuocate è il confronto con il passato.
Fasti difficili da replicare, specie se è da mo’ che hai lasciato la retta via per abbandonarti a un’infinita festa in spiaggia, eppure per i primi sette minuti ci abbiamo creduto: atmosfera sospesa pre temporale, 303 lisergica e bleeps onirici.
Certo, una storia più F.U.S.E. riveduto e corretto, che non uomo plastico con i suoi vorticosi hithat o dai minimalismi in eroina, però l’entusiasmo c’era.
Peccato che nel giro di nemmeno un quarto d’ora ti accorgi che c’è qualcosa che non quadra perchè in effetti al di là di un sound design pulito e ammiccante alla old school non si va.
Le dieci tracce scivolano liquide in sequenza senza mai allontanarsi troppo dal rassicurante 4/4 del club, forse perchè l’autore, memore dei feedback negativi ricevuti dai fans più giovani alla precedente ricomparsa di Plastikman, non se l’è sentita di rischiare (ma se non può permettersi Hawtin di sperimentare e tentare altre vie chi cazzo può farlo?), e via di giochini col filtro per la serie metti/togli la cassa che tanto piacciono ai bimbi di Ibiza.
Ma ancora una volta quando le speranze paiono sopite, a 41 minuti circa il guizzo del genio si manifesta in un contorsionismo acid e un finale intenso, futuristicamente malinconico.
Dopo quattro ascolti di fila il nostro verdetto è che si tratta di un’affascinante opera di manierismo techno, ed in quanto tale incapace di raccontare una storia.
D’altronde quando due persone iniziano ad avere poco da dirsi finiscono col lasciarsi, e ognuna si riferisce all’altra chiamandola Ex.

Federico Spadavecchia

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