Dal 7 Giugno: Art or Sound c/o Fondazione Prada, Venezia

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La Fondazione Prada presenta nella sua sede veneziana di Ca’ Corner della Regina la mostra “Art or Sound”, a cura di Germano Celant, dal 7 giugno al 3 novembre 2014.
Concepita come un’indagine attraverso il passato e il presente, “Art or Sound” affronta le problematiche, scaturite dal Cinquecento a oggi, relative al rapporto tra arte e suono, agli aspetti iconici degli strumenti musicali, nonché  al ruolo dell’artista musicista e agli ambiti in cui arti visive e musica si sono incontrate.
La mostra vuole indagare la relazione di simmetria e ambivalenza che esiste tra opera d’arte e oggetto sonoro.
L’intento è di proporre una rilettura dello strumento musicale che diventa entità plastico-visiva e del manufatto artistico che produce suono, in una continua invasione e inversione di campo.
Il percorso espositivo si sviluppa nei due piani principali di Ca’ Corner della Regina e riunisce più di 180 opere e oggetti, tra automi e macchine musicali, dipinti e partiture, sculture e readymade, strumenti musicali decorati, assemblati, immaginari e silenziosi.
Per la prima volta sono utilizzati il portego e le stanze laterali del secondo piano nobile: 800m2 restaurati nel quadro del programma di recupero architettonico intrapreso nel 2011 dalla Fondazione Prada.
Il titolo “Art or Sound” tende a non esprimere un’opposizione, ma piuttosto il confronto tra due ambiti indipendenti.
Individua un territorio di libero transito che negli ultimi cinque secoli ha fatto fluire l’arte nel suono e il suono nell’arte, mantenendone la reciproca autonomia. Pertanto lo spettatore, osservando e ascoltando le opere in mostra, è invitato e stimolato a identificare la varietà di trame e percorsi attraverso i quali arte e suono hanno intrapreso un itinerario comune o si sono intrecciati.
Il risultato espositivo e museale aspira a offrire una partecipazione allargata rispetto al percepire univoco del manufatto artistico, dominato dalla dittatura dello sguardo, così da affiancare l’elemento sonoro a quello visivo.
Il fine è di esplorare la possibilità di un esporre sempre più multisensoriale dove al vedere si aggiungano l’ascoltare,il toccare, l’odorare e il gustare, così da arricchire attraverso tutti i sensi la conoscenza dell’arte.
Cercando di documentare questo passaggio tra ascoltare e vedere e viceversa, il percorso storico prende il via con i dipinti a soggetto musicale realizzati da Bartolomeo Veneto e Nicola Giolfino tra il 1520 e il 1530 e una serie di strumenti musicali del secolo successivo che, pur riproducendo i suoni in maniera tradizionale, sono caratterizzati da un elemento estetico e visivo che si traduce in una plasticità sorprendente.
Si va, ad esempio, dalle chitarre e violini in marmo intarsiato di Michele Antonio Grandi e Giovanni Battista Cassarini, a un cornetto a forma di serpente e testa di dragone del Seicento, oggetto unico per l’originalità del suo aspetto esteriore e la qualità della lavorazione, nonché per i risultati sonori.
A seguire, l’esposizione riunisce una serie di automi musicali settecenteschi, come i preziosi orologi a forma di gabbietta dello svizzero Pierre Jaquet-Droz, già famoso all’epoca in tutta Europa per il grado di eccellenza raggiunto nella costruzione di meccanismi musicali.
Prosegue con strumenti automatici dell’Ottocento come il pirofono, lo strumento a gas inventato nel 1870 da Frédéric Kastner che, se suonato, produce segnali luminosi. Sono presentate anche le ricerche nel campo della sinestesia e le sperimentazioni che, dal Futurismo al Dadaismo, hanno comportato l’integrazione e l’assunzione in musica di rumori, come i celebri intonarumori (1913) di Luigi Russolo, o di suoni vernacolari come il Ciac Ciac (1914) di Giacomo Balla, mentre in With Hidden Noise (À bruit secret) (1916) Marcel Duchamp esplora per la prima volta la dimensione del silenzio nell’arte.
Un particolare rilievo è dato alle partiture originali della fine degli anni Cinquanta elaborate da John Cage,compositore d’avanguardia e figura di riferimento per il movimento Fluxus – rappresentato in mostra dalle opere di George Maciunas e Joe Jones – e per tutti gli artisti che hanno esplorato il principio d’indeterminazione e casualità nella musica e nell’arte contemporanea. Sul piano dell’oggetto che comunica in maniera tautologica il suono prodotto in fase di costruzione o in grado di esprimersi autonomamente una volta acceso, vengono esposte le scatole di Robert Morris, Nam June Paik e Bruce Nauman, oppure sculture cinetiche realizzate da artisti come Stephan von Huene e Takis.
Le opere dei Nouveaux Réalistes, come Arman e Jean Tinguely, documentano attraverso strumenti o dispositivi musicali fenomeni di distruzione e assemblaggio fortuito, mentre Oracle (1962-65) dell’artista americano Robert Rauschenberg, nel seguire gli stessi principi, si presenta come un environment sonoro costruito con oggetti di recupero e materiali d’uso comune.
In mostra sono presenti anche esempi di appropriazione iconica e formale dello strumento musicale, come gli insiemi pop – da Tom Wesselmann a Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen – o i pianoforti di Günther Uecker, Richard Artschwager e Joseph Beuys, a cui si aggiungono strumenti ibridi, vere e proprie sculture da suonare, come le chitarre e i violini di Ken Butler e i banjo di William T. Wiley.
Nel territorio dell’esecuzione e della performance che allarga il significato della pittura, affiancando la presenza di un violinista e di una ballerina che eseguono lo spartito visivo, si pone l’opera Senza Titolo (da inventare sul posto) (1972) di Jannis Kounellis, mentre Handphone Table (1978) di Laurie Anderson, Crossfading Suitcase (2004) di Loris Gréaud e Marble Sonic Table (2011) di Doug Aitken sono opere che richiedono l’interazione con il pubblico per esprimere la loro sonorità.
Questa esplorazione nel territorio aperto, ibrido ed ambiguo tra arte e suono si spinge verso le ricerche più recenti di artisti quali Christian Marclay, Janet Cardiff, Martin Creed, Thomas Demand, Maurizio Cattelan e Rebecca Horn, fino a documentare la produzione di una nuova generazione di artisti sonori o visivi, di performer o compositori rappresentata, tra gli altri, da Anri Sala, Athanasios Argianas, Haroon Mirza, Ruth Ewan, Walter Kitundu, Tarek Atoui, Riccardo Beretta, Pedro Reyes, Alberto Tadiello e Maywa Denki.
Il progetto di allestimento di “Art or Sound”, ideato dallo studio 2×4 di Michael Rock, richiama uno spartito, dove la struttura lineare crea la planimetria e la disposizione ambientale dei supporti, mentre i singoli elementi della scrittura musicale sono sostituiti dagli oggetti e dagli strumenti in mostra.
Un materiale fonoassorbente ricopre piedistalli e pavimenti dei due piani di Ca’ Corner e attenua la diffusione allargata dei suoni così da consentirne la percezione relativa ad ogni singola opera.
La mostra è arricchita e completata da una pubblicazione che ricostruisce storicamente e analizza le analogie, le osmosi e le corrispondenze tra le ricerche e le sperimentazioni in campo artistico, sonoro e musicale dal Rinascimento a oggi.
Attraverso i numerosi contributi scientifici di artisti e musicisti, storici d’arte e di musica come Jo Applin, Germano Celant, Luciano Chessa, Christoph Cox, Geeta Dayal, Patrick Feaster, Christoph E. Hänggi, Bart Hopkin, Douglas Kahn, Alan Licht, Andrea Lissoni, Noel Lobley, Deirdre Loughridge, Simone Menegoi, Holly Rogers, Jonathan Sterne, David Toop, John Tresch, Eric de Visscher e Rob Young, il volume intende essere un ulteriore contributo allo studio di una percezione multisensoriale delle arti.

Comunicato stampa

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