Il mio primo ricordo del Link è una locandina appiccicata su un muro di Bologna: Locust dal vivo.
In quel preciso momento ho scoperto che esisteva in Italia un posto dove suonavano artisti di musica elettronica sino ad allora conosciuti solo tramite i dischi. “Sarebbe bello portare la mia musica in questo Link”, pensai.
Chi l’avrebbe detto che quel locale avrebbe caratterizzato i miei anni a venire, come performer in alcune serate, come semplice supporter in altre.
Sintetizzatori analogici, batterie elettroniche, computers, video installazioni, tutta roba mai vista in giro per lo stivale: un labirinto emozionale che ti portava dalle atmosfere lounge alla techno, dalla braindance alla d’n’b dell’Arena.
Gladiatori in divisa minimale armati di rivoltelle al silicio sempre cariche, cavi, connessioni.
E un nome che allora era solanto presagio di un’era digitale che da lì a poco avrebbe invaso il mondo: un collegamento di nome e di fatto tra persone distanti ma simili, un electro-bosco di tendenze e modelli che sarebbero diventati popolari anni dopo, ma che lì erano germi seminali di un futuro solo immaginato.
Al ventennale non parteciperò, ho deciso di ricordarmi del Link e dei suoi abitanti da giovani.
Preferisco tornare con la mente alle sculture gigeriane dei Mutoidi, alla prima volta che vidi quei droidi alieni che ti accoglievano immobili alla guisa di inquietanti maggiordomi.
E poi l’aprirsi di un dungeon dove potevi incontrare chiunque. Ed intrecciare amicizie che altrimenti non avrebbero potuto nascere; come quella con Sinapsi, i cui abiti sono ancora avanguardia adesso.
Lo showcase di Betulla records e la presentazione della compilation “Save the Future” affiancati al tour della Rephlex e di Aphex Twin è stata forse la serata che ricordo con maggior entusiasmo, mi capita di riviverla ancora oggi, mentre lontano da quel mondo mi dedico all’orto sinergico e vesto i panni di un anarchico ecologista stufo della tecnologia e delle città.
Il Link è stato uno spazio unico nella geografia della mente di molti sperimentatori e in quella terrena dell’Italia, una parentesi quadra come l’onda di un SH-101 che difficilmente potrà ripetersi.
L’interazione che ha portato artisti e produttori a conoscersi nei festival come Distorsonie è forse il punto di forza di un luogo che da utopia è diventato un biotopo laterale e creativo inimitabile.
Bando al conformismo dilagante, il Link ha indossato i panni di una città-stato autonoma basata sull’innovazione creativa scevra da vincoli stilistici e mode del momento, sporca e glaciale allo stesso tempo.
Una moltitudine di ragazzi di tutte le regioni italiane si è data appuntamento in questo locus fuori dalla banalità e dal piattume televisivo imperante, vivendo un’epoca artisticamente rivoluzionaria, accalcandosi nei meandri di quel fabbricato che ha reso celebre via Fioravanti a Bologna.
E poi il cesso rotto da Cylob, Boris nella stanza dei bottoni, le note inconfondili dei gemelli D’Arcangelo che permeano l’aria contaminata con beats fratturati, la borsa rigata dei dischi acid di Mike Dred e gli occhiali neri più grandi del mondo di Zombie Nation, tutti artisti con cui intrattengo rapporti di amicizia sincera anche dal mio eremo in Piemonte.
Alcuni di loro sono addirittura venuti a trovarmi, anche questo è il Link. Ah sì, c’è anche Facebook, ma quella è un’altra cosa.
Piercarlo Bormida (aka Procton, Strek vs Atzmo, Acid Front, Cervo Boys, Daisuke – Betulla records)
Playlist del ventennale del LINK a cura di Piercarlo Bormida:
Plaid ‘Sincetta’
D’Arcangelo ‘Diagram VII’
Global Goon ‘Roller’
Throbbing Gristle ‘Hot on the heels of love’
Aphex Twin ‘On’
Squarepusher ‘A Journey to Reedham’
Atzmo ‘Rosenstock’
Bochum Welt ‘Feelings on a screen’
Freddie Fresh ‘Tarantula’
Bogdan Raczynski ‘Bombs over Ibiza’
µ-ziq ‘Hasty Boom Alert’