Concrete Records: La Techno romana emerge dal Buio

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Roma ha sempre avuto un rapporto speciale con la Techno, dall’era mitica dei pionieri Lory D e Leo Annibaldi al minimalismo liquido e vaporoso di Donato Dozzy & Neel che sta conquistando il mondo.
Oggi la Capitale accoglie la Concrete Records, nuova label attiva dal 2009 circa, dedita all’esplorazione e all’approfondimento della materia Techno.
Nel roster ritroviamo volti ben noti nel panorama internazionale affiancati da giovani talentuosi dagli approcci originali, tutti accumunati dalla capacità di muoversi in più direzioni rispetto al canonico quattro quarti e dalla passione per le trame oscure.
Decisi a saperne di più abbiamo contattato uno dei fondatori, Francesco Maddalena, già noto come Phooka, per conoscere meglio questa realtà.

Iniziamo con ordine: quando nasce Concrete Records e chi ne è responsabile?
L’idea di fare una label viene da Maurizio Cascella che me ne parlò nel 2007, anno in cui ci siamo incontrati, durante una data in Sardegna. Fin da subito si sono uniti a noi Daniele Bazzanti e Joe Casagrande, quest’ultimo ha poi abbandonato lasciando solo noi tre a gestire l’etichetta negli ultimi due anni. Tutti avevamo in comune una certa idea di musica elettronica e della produzione in generale, anche se poi ognuno ha gusti personali diversi, ma proprio questa diversità ci ha in un certo senso accomunati in Concrete Records.
Sulla vostra homepage vengono evidenziate le seguenti frasi: “surrounded by people, completely alone”, “close the circle and arrive at the solution”, “Be concrete, in form and in ideas”. Cosa potete raccontarci della filosofia che anima il progetto

L’idea è di condividere prima di tutto un approccio, in un certo senso trasversale, nei confronti della musica elettronica.
Un’idea che anima tutti noi nel momento in cui facciamo musica o la ascoltiamo, il desiderio di non arrivare mai sopra agli altri ma ad una filosofia se vogliamo più ‘di basso profilo’, che mira ad approfondire il fulcro delle cose.
Non ci interessa “fare musica per…” o “essere quelli che”, ci piace semplicemente quello che produciamo, e soprattutto condividiamo l’approccio di chi come noi si pone dietro a qualcosa (la musica in questo caso) e non avanti agli altri.
Detto questo, il nostro motto non vuole essere una esaltazione del sè, ma un evidente segno di distacco da un certo tipo di mondo, che vede l’io e il fanatismo prima di ogni cosa.
La sede della label è Roma, quali sono le ragioni che vi hanno spinto a puntare sull’Italia? Il nostro Paese offre ancora delle prospettive a chi si muove in campo artistico?
Dirti di sì equivale a mentire spudoratamente, quindi ti rispondiamo dicendoti che per quanto ci riguarda rimanere in Italia è un modo come un altro per complicarci ulteriormente la vita.
Scherzi a parte, crediamo comunque che in Italia ci sia ancora parecchio da dire e da fare, nonostante tutto e tutti, tanto del materiale che produciamo arriva dall’Italia, quindi la scena è viva nonostante navighi da tempo in acque “marroni”.
Crediamo fermamente nel nostro paese, anche se quest’ultimo sembra non credere più in nessuno, ma a noi importa poco, quello che ci interessa è la musica, il luogo è relativo.
Inoltre il nostro sguardo è da sempre rivolto a ciò che succede fuori da un contesto locale e/o italiano, cercando di rivolgerci ad un pubblico e ad una situazione più vasta, coinvolgendo artisti da ogni luogo e producendo musica che non guardi soltanto al panorama italiano.

Sfogliando il catalogo dell’etichetta vediamo un mix interessante di nomi nuovi affiancati ad altri già ben affermati, come selezionate gli artisti adatti al vostro progetto?
Ascoltiamo tutto il materiale che viene inviato alla nostra etichetta, cercando in ogni demo qualcosa di personale ma che si avvicini in qualche modo alla nostra idea di musica elettronica. Molte volte siamo noi stessi a contattare l’artista che ci interessa dopo averlo ascoltato dal vivo o dopo aver ascoltato qualche sua traccia su soundcloud o su altre releases.
Dal punto di vista del suono c’è una buona varietà di stili in cui il filo conduttore mi sembra da ricercare più che altro nelle atmosfere, soundscapes sospese su differenti architetture ritmiche. E’ corretto? Qual è la dimensione sonora cui mirate?
Esattamente, hai centrato proprio il punto. “Il malessere”… ovviamente scherziamo .. quello che ci interessa nelle tracce è sicuramente la capacità di creare certe atmosfere e un certo grado di personalità e individualità. Penso ad esempio a Uncode o Damaskin, ma anche a MSTK o The Dromer, che ad esempio fanno generi completamente diversi.
Quali sono le vostre maggiori influenze?
Di sicuro amiamo molto un mondo, così fitto e vario, che è quello della musica elettronica.
Ultimamente, ad esempio, la techno si sta riavvicinando all’industrial e a suoni ancora più scuri e sperimentali, e questo è per noi ancora più motivo di interesse. Crediamo sia proprio questo il punto, la capacità di un genere musicale di rinnovarsi pur ripetendosi ciclicamente o ripescando da qualcosa che si è già detto o fatto, riuscendo però a mantenere sempre quel grado di novità e tradizione che da sempre lo caratterizza.

Puntate sia al mercato analogico che a quello digitale, quali strategie commerciali deve seguire una casa discografica underground per poter sopravvivere al giorno d’oggi?
Ci sentiamo abbastanza al di fuori del mercato. Per il semplice fatto che secondo noi il supporto debba essere sempre subordinato al prodotto.
Ad esempio in Cdr non uscirà mai un Ep di 4 tracce, perché pensiamo di produrre solo album di ascolto, più introspettivi e strutturati, rispetto a singole tracce che magari possono trovare una loro dimensione sul digitale.
Tutto quello che sta succedendo con il ritorno all’analogico e al supporto, ci sembra interessante, ma il fanatismo che si sta sviluppando dietro questa cosa ci lascia un po’ perplessi.
Ora è l’anno dei tapes, e via tutti a fare cassette, ma per quale motivo? Se fai la cassetta non è che vendi di più, o fai musica migliore rispetto a coloro che producono solo musica digitale, magari sei più cool, ma una label va avanti (fortunatamente) grazie alla musica e alla professionalità di tutte le figure coinvolte (dall’artista alla press agency).
Occuparsi di una label è occuparsi di tutto, cercando di starci dietro e dentro. Personalmente ci sembra ridicolo nel 2014 fare ancora discriminazioni su analogico/digitale, rock/elettronica, tracktor/vinile.
Siamo in un epoca molto fortunata, abbiamo tutti i mezzi per fare qualsiasi cosa, spostare l’interesse sul mezzo e non concentrarsi sul fine ci sembra veramente una delle cose peggiori che una persona possa fare.
L’esplosione di internet ci ha messo davanti all’inadeguatezza delle normative vigenti sul diritto d’autore. Quali possibilità ha oggi un artista di guadagnarsi da vivere grazie alla propria arte? E le etichette che ruolo dovrebbero ricoprire?
Per quello che ci riguarda, viviamo questo periodo, fiduciosi e allo stesso tempo sconfortati. Se da un lato sappiamo che la democratizzazione della tecnologia porta tanta freschezza e tanto materiale, dall’altro ci rendiamo conto che le vetrine diventano sempre più piccole, e gli spazi sempre più serrati.
Ci piacerebbe l’idea di una cultura libera, se veramente da parte di tutti ci fosse un’idea consapevole di libertà e di cultura.
Proviamo a spiegarci meglio, non possiamo pretendere che il dj o l’appassionato X conosca tutte le nuove uscite e le nuove etichette, quindi di per se chi ancora acquista dovrebbe essere informato adeguatamente su tutto.
Ma siamo coscienti del fatto che sia una mossa impossibile, la visibilità rimane l’unica via per andare avanti e ‘vuoi o non vuoi’ è veicolata dalle dinamiche del mercato, che c’è e che riteniamo ci sarà sempre.

Si parla con insistenza di rilancio del vinile eppure i pre order sono sempre più determinanti per le politiche discografiche e il numero medio di stampe si attesta sulle 300 unità, più che di edizioni limitate bisognerebbe ammettere che è la quantità massima che il mercato può assorbire. Cosa ne pensate?
Pensiamo che dipenda da quello che offri.
Noi con Voices From The Lake, abbiamo fatto oltre sei ristampe e tutt’ora abbiamo richiesta, tanto che adesso stiamo pensando di sospendere le ristampe per dare un po’ di respiro e spazio anche alle altre releases.
In ogni caso le edizioni limitate sono molte volte conseguenza del portafoglio di chi produce e non di un’idea di marketing vera e propria.
Cosa che invece in alcuni casi segue una logica ben precisa, quella della divulgazione.
Penso ad esempio a quello che sta facendo la Vod Records, che oltre a ristampare tanto materiale di artisti molto prolifici e sfortunatamente poco famosi, si affaccia sul mercato proponendo ai suoi utenti l’abbonamento come formula di marketing. Oltre a trovarla una mossa geniale, pensiamo sia un servizio decisamente utile e innovativo.
Ok siamo arrivati alla fine di questa chiacchierata, che ne dite di anticiparci qualcosa sui vostri nuovi progetti?
Questo mese uscirà il nuovo vinile, che vede Damaskin (un artista emergente che ha all’attivo una sola release in vinile su Unknown Precept) con rmx dei Cassegrain. Sempre ad aprile o ai primi di maggio uscirà il Cdr di JFM. All’interno del Cdr ci sarà un artwork curato dall’artista stesso.
E poi il digitale, con artisti italiani e non, molti di questi alla prima release, ma che siamo orgogliosi di avere con noi.

Federico Spadavecchia

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