Dieci Anni di Clash of the Titans

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Clash of the Titans è un collettivo berlinese che organizza parties breakcore dal dicembre 2003, portando in città i nomi rappresentativi della scena internazionale.
La crew prende il nome dal titolo di una split release prodotta dalle labels Sprengstoff Recordings e Mindbender Records: un disco 12 pollici hardcore/jungle/breakcore con tre tracce per lato, rispettivamente di LFO Demon e FFF, headliners della serata, uscito in edizione limitata.
Il decimo anniversario di questa consolidata realtà underground è stato una perfetta celebrazione della rave culture.
E se siete legati ad un’idea precisa del termine rave, non c’è bisogno che vi diciamo quanto oramai sia quasi impossibile resuscitare quel tipo di parties.
Sono più di dieci anni che l’inasprimento delle sanzioni ha contribuito pesantemente a decimare le feste illegali, cancellando di fatto un’epoca.
Comunque ciò che di quel periodo rimane è la musica: una vasta galassia di generi, labels, producers e dj’s che hanno sempre spinto qualcosa di più che il semplice suono.
Prima meta della serata è il Cagliostro, un bar a Ostkreuz attaccato allo store della Praxis Rec., dove sta suonando Controlled Weirdness.
Arrivo a metà del set, una selecta acid di spessore, fatta di vinili pregiati come quello con il centrino verde targato Trax Rec. di “Ill Make You Dance” di Kool Rock Steady, e di sonorità più astratte dall’inconfondibile tocco UK come “Transmission 5” di Paranoid London e Mutado Pintado.
Un warm up che cade a fagiolo con la nostra one night, un racconto delle origini dello stile a partire dalla mitica Second Summer of Love (’88-’89).

Alle dieci sul piatto gira l’ultima traccia perchè il Cagliostro ha una policy rigida per quanto riguarda il rapporto col vicinato: è un bar e non un club quindi niente ore piccole, però l’ingresso è gratuito, le consumazioni sono a prezzi onesti e la clientela abituale è lo specchio di un modo preciso di concepire il party: divertimento e soprattutto convivialità.
Il Supamolly, location storica del Clash of the Titans, dovrebbe essere un paio di blocks più a nord, ma essendo la nostra prima volta la ricerca non è semplicissima.
Saremmo sicuramente andati oltre quella scura facciata segnata dal tempo e alla sua porta imbullonata, se non avessimo incrociato una bella ragazza ben informata!!
L’interno è quello caratteristico dei bar berlinesi, con le pareti tinteggiate di marrone tabacco, la luce bassa, e un arredamento realizzato con materiale di recupero  reinventato in chiave ”mutoid “.
Il bancone di tubi e lamiere saldate ricorda da vicino quello del vecchio Link di Bologna.
Per il resto manifesti punk ai muri, il programma della settimana scritto alla lavagna e l’immancabile divieto di fotografia.
Un dub profondo scalda i clienti abituali: vecchi freak dai  pantaloni orientali e cappello da Jäger tedesco, punks dal chiodo borchiatissimo, skinny pants ed anfibi stretti.
Ripenso a “Subculture” di Dick Hebdige, dove viene illustrato il legame tra reggae/dub e punk, una parentela che ancora una volta va a rinfoltire gli elementi di questa serata: acid, reggae, punk attitude, noise, jungle, hardcore, breakcore.
Verso le undici chiediamo al banco dove trovare la festa e ci viene indicata una porta, lucchettata fino a dieci minuti prima, da cui si arriva al basament.

All’ingresso la line-up definisce gli orari e con soli 5€ veniamo timbrati e ammessi.
Lo scantinato è formato da una serie di stanze su due livelli che si aprono su uno spazio più ampio dove si trova lo stage e l’impianto.
All’inizio siamo una quindicina sparsi in giro e una decina sistemati ai bordi del pit, il termine dancefloor qui non pare appropriato, mentre Hetzer e Pastee in back 2 back riportano al futuro la jungle e raveanni 90: Apache/Amen breaks veloci e sincopati, TB303, hoovers spalmati a diversi pitch e bassi gonfi.
Il pubblico è più variegato che mai sia nel look che nella provenienza, non esiste selezione o dress-code, la festa è estremamente libera.
Gli unici Diktaten riportati sul flyer sono: No nazi! No sexist! No prollos!
Dopo la prima ora una cinquantina di persone si scatenano sotto i  colpi del rullante di “Booyaa (Open Your Mind)”, traccia storica di Amazon II.
Quando il Supamolly è a temperatura è la volta di Sensimüllahaka Zombieflesheater, che propone un compendio di raggacore e breakcore/noise estremo, mixando con violenti cuts vinili tra cui ad esempio l’inossidabile “Clearance Bin” dal 7” di Snares Man.
Una performance esaltante che racchiudeva l’euforia della breakcore.
Lo stile è quello sporco, sfacciato ed esagerato che Zombieflesheater propone anche alle serate del NoiseAngriff, in cui experimental è la keyword che guida la selezione.
Mentre Sensimüllah incastra le ultime tracce si accorda con FFF, ospite estero e primo dei  due headliner nella serata, il quale sta montando un vecchio laptop  tempestato di stickers.
Per lui un classico live con Ableton comandato da un  paio di controllers.
I ballerini vengono crivellati dal suo inconfondibile repertorio di matrice jungle, dove ogni ingrediente viene ridotto allo spasmo tramite hyper-retrigging.
FFF è lineare nel suo set, procedendo senza i picchi noise che caratterizzavano quello di Sensimüllah, facendo quasi un back to the basics e impostando un’atmosfera oldschool che permette l’attacco del secondo headliner: LFO Demon.
Quest’ultimo digga tra i suoi 12” e si riaggancia a FFF con alcune classiche tunes jungle, per poi appesantire di passaggio in passaggio il tiro, calcando la mano e squadrando la ritmica con techno-trance acida e hardcore.
Il dj berlinese è un chirurgo, ogni mix è cristallino, ogni disco si accorda al successivo in una escalation sonica: dove prima picchiavano in serrate frazioni i rullanti dell’Amen-break ora picchiano dritti i gabber-kicks.

Tempo di ballare l’hakken  e sfoggiare frangette e lunghi dreads raccolti, come al ‘T Steegske di Gent, centro di ritrovo per subculture diversissime.
LFO Demon chiude il set plananando coi breaks e passa il testimone a H-Kon, altro dj locale della crew Clash of the Titans, che se la gioca con laptop, serato, e controller.
Lavorando di pitch control sul piatto H-Kon serve tutto il menù riportato sul flyer, a base di breaks e kicks dal sapore jungle/d’n’b oldschool, spingendolo dagli  speakers sfrigolanti, mentre i visual di Sansculotte pulsano da ore sul telo appeso in consolle.
La gente è numerosa e scatenata, brulica la calca sotto cassa ed una ragazza con la t-shirt di Enduser ci allunga gentile acqua fresca perchè la sala oramai possiede ormai un proprio micro clima tropicale.
I collages sonori cambiano nonstop ogni quattro-otto battute e le schegge ritmiche si fondono senza alcuna interruzione anche quando H-Kon fa spazio a  Rokkon che ritorna all’analogico del puro vinile.
A questo punto, stremati, alle sei del mattino, nel guadagnare l’uscita, notiamo Christoph Fringeli, boss della Praxis Rec. che ha trascorso la notte dietro il   banchetto di vinili come da tradizione nelle migliori scene underground.
In conclusione Clash of the Titans non è stata solo l’occasione per festeggiare il decennale di questo coraggioso act underground di Berlino, ma un vero e proprio excursus nella memoria musicale della controcultura rave.
Anche se voci di corridoio dicono sia stato l’ultimo, è comunque la prova effettiva che un party radicale con forti prerogative etiche può proporre una vivida alternativa all’imperante egemonia della club culture più patinata.

Marco Cechet

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