C’è grande attesa per l’unica data italiana dei Clock DVA, band di culto per chiunque ascolti industrial e apprezzi i continui riferimenti al cyberpunk che l’estetica e il sound della band di Sheffield contemplano. E tutta questa concitazione verrà assolutamente ripagata.
Qualche settimana fa il Locomotiv ha prontamente deciso di sostituire un’altra data prevista per il 25 gennaio, regalandoci questo live che si rivelerà a dir poco impeccabile.
Sotto al palco, uno stuolo di fedelissimi di ogni età –svettano gli over 50 reduci dall’Aleph– giunti da ogni parte del nord Italia e desiderosi di riscatto dopo la prestazione poco convincente di un paio di anni fa a Rimini.
Con un abbondante ritardo, sale finalmente sul palco Adi Newton accompagnato dal nuovo innesto Panagiotis Tomaras, artista multimediale che contribuirà non poco alla riuscita del concerto, mappando egregiamente (non a caso vinse i Best Visual Awards dell’Incubate Festival passato) e coadiuvando lo stesso Adi, inserendo occasionalmente basi ed effetti.
Tomaras entrò in pianta stabile dopo aver firmato tutti i video tratti da “Post-sign”, album uscito l’anno scorso in tiratura limitata e composto da vecchi inediti su cui i Clock DVA hanno puntato molto durante il concerto.
Infatti, tranne una versione cibernetica di “Blue Tone” -pura disperazione urbana da metropoli tecnologizzata, il nuovo pezzo “Kabaret 13” (che verrà incluso nel futuro box “Clock2″) e qualche discesa verso “Buried Dreams”, i CDVA puntano sul materiale svecchiato di Post-Sign e su quello prodotto durante la seconda parte di carriera, aprendo con “Phase IV” (sarebbe perfetta per il catalogo Raster Noton) e proponendo in sequenza “Sigma 7” e la trascinante “Transitional Voices”.
L’oretta a disposizione vola, i due escono dalla scena e ritornano per il bis, regalando al pubblico in tripudio una anfetaminica “The hacker”, per un finale in pompa magna.
E mentre si esce dal concerto sulle note dei classiconi new wave selezionati da Balleggi dei Neon, lo si fa avendo tante conferme in mano, una su tutte il fatto che i Clock DVA siano, oggi, tra le poche band del periodo post-punk (insieme a Einsturzende e Chris & Cosey) a reggere egregiamente il palco, nonostante l’età.
Gli androidi sognano ancora pecore elettriche?
Francesco Augelli