E’ difficile trovare le parole giuste in momenti come questi. Roby J è stato certamente una leggenda della consolle, ma per me era soprattutto un amico e un maestro.
Quando lo conobbi di persona collaboravo con il Club Zerodieci a Genova, una realtà molto piccola e underground, ma lui aveva accettato con entusiasmo di entrare a far parte del gruppo, senza far valere il suo status di superstar per imporre la propria linea anzi, mettendosi a completa disposizione dei suoi compagni d’avventura.
Da lui ho imparato che un bravo Dj non resta attaccato alla gloria dei tempi andati per vivere di rendita, che la via più facile è quella sbagliata, e che non deve aspettare che sia un altro a montargli la consolle.
Possedeva una passione pura, incondizionata, gli piaceva chiudersi nel locale dopo le riunioni perchè voleva registrare qualcosa e ci stava fino all’alba. Preferiva esibirsi nella sala due per essere libero di andare avanti a oltranza: poteva succedere qualsiasi cosa (e puntualmente succedeva) ma lui restava al suo posto, felicemente perso tra accordi, cassa e armonie, sentendo il dovere di soddisfare un pubblico numeroso rimastogli fedele negli anni.
Ma ciò che mi mancherà più di ogni altra cosa sarà l’umanità di questo gigante che, nonostante la sua lealtà venisse spesso tradita, trovava sempre il coraggio di riporre fiducia nella gente e nel futuro; se avevi bisogno potevi stare tranquillo: il Totem c’era, con la sua risata contagiosa e quegli occhi grandi e sinceri che attraverso le lenti tonde sembravano ancora più grandi.
Amava la natura, mi rimproverava perchè mangio troppa carne rossa e perchè ero più presente alle riunioni che alle serate: “Strano che ci sia Fede, non c’è mica riunione oggi!“, “Roby ma se non giro poi cosa scrivo su Frequencies?” gli rispondevo, e giù a ridere e a far girare un altro cannone: “Anche se non ho i capelli sono il più rasta di tutti!“, scherzava.
Era da un po’ che non ci sentivamo, sapevo che non stava troppo bene ma volevo chiamarlo per parlare ancora di musica e nuovi progetti, per realizzare finalmente quell’intervista.
Poi la notizia che ti asciuga ogni sillaba.
La morte non è mai giusta e arriva sempre troppo presto, l’unica consolazione che ci resta è sapere che Roberto ha vissuto secondo il suo credo senza scendere a compromessi, lasciando sulla terra un’immensa eredità artistica e morale.
Arrivederci amico mio, ovunque tu vada sarà un gran viaggio.
Federico Spadavecchia