Kenobit: Love is a Game Boy

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Primo album omonimo dopo svariate produzioni per il milanese Kenobit aka Fabio Bortolotti, uno dei più convincenti e interessanti musicisti della scena 8bit in Italia.
Happy chipcore, techno, weird experimentations sono le definizioni di genere che troviamo nella sua bio, e che naturalmente caratterizzano anche quest’ultima produzione, disponibile sia in formato digitale (su Bandcamp con la formula decidi tu il prezzo) sia in sfizioso e limitato vinile bianco.
Ombre dubstep e pezzi ad atmosfera greve si mescolano a casse dritte sparatissime (ecco l’happy chipcore); Kenobit costruisce strutture molteplici rielaborando il limitato spettro sonoro di vecchi videogiochi, dimostrando quanto sia profonda la propria vena creativa.
Vengono rimaneggiate soundtracks (come Fire walk with me, cfr. Twin Peaks ed una accelerata trasformazione di Nightmare), sferzate combat (una frizzante Fischia il Vento a bpm velocissimi), partiture classiche immerse nel mondo Nintendo (Fugue in chip minor).
Conoscendo nei minimi particolari delle schede audio montate su console leggendarie, Fabio riesce a servirsi di chip basici per progetti innovativi aperti ad ogni contaminazione seguendo unicamente la fantasia. Quest’album è un ottimo punto di partenza per approcciare il mondo 8 bit-micromusic, una nicchia stimolante da scoprire. Altri nomi che segnaliamo con piacere nell’ambito nazionale sono Pablito El Drito, Arottenbit, Mat64, e gli anomali e disciolti (?) Circo Bazooko, duo  triestino che incorporava elementi 8 bit  e circuit bending in un’ulteriore ibridazione con elettronica live.

Ciao Fabio, come sei entrato in contatto con la scena musicale 8 bit/chiptune (dicci tu il termine che ritieni più corretto, siamo neofiti) e hai deciso di intraprendere quest’ avventura musicale?
Anni fa, ancor prima di scoprire il Game Boy come strumento, caricai una cover della sigla de “Il pranzo è servito” (giuro) su 8 Bit Collective, un sito ormai defunto. Non era un vero pezzo 8 bit, anche perché non era altro che un VST che imitava il vecchio NES. La scelta della canzone, italianissima, ha attirato l’attenzione di un altro membro nostrano del sito, Arottenbit. Di lì a poco l’ho conosciuto nel mondo reale, a un concerto a Milano con lui, Pablito El Drito e Tonylight. Loro erano la cellula milanese di Micromusic.net, il sito/movimento dal quale è partita l’ultima ondata di chiptune. Vedendo le potenzialità del Game Boy, mi sono subito tuffato su LSDJ, e nel giro di un paio di mesi ho iniziato a suonare in giro con i ragazzi di Micromilano, esibendomi con Arottenbit (al quale devo moltissimo, anche a livello tecnico e stilistico). Perché ho iniziato? Sono nato e cresciuto in mezzo ai videogiochi, e certe sonorità mi fanno stare bene. Non è, però, solo una questione di nostalgia. Quello che è iniziato come un recupero delle antiche onde quadre si è trasformato in un lavoro di ricerca: le limitazioni del Game Boy sono feroci, ma il bello è inventare soluzioni sempre nuove per aggirarle.
Ah, preferisco il termine chiptune, seguito a ruota da micromusic e da 8 bit (il meno appropriato, ma il più commerciale).
Quali sono i Paesi in cui questi suoni hanno un maggior scena e seguito?

La scena è nata in Europa e in un primo momento ha visto una forte spinta dai paesi scandinavi, anche grazie alla Demoscene, che ha tenuto in vita il gusto per la chiptune anche nei suoi anni di minore popolarità. La vera esplosione è stata in America: la scena di New York ha messo la chiptune sotto i riflettori, attirando nuovi fan e ispirando nuovi artisti in tutto il resto del mondo. Oggi gli artisti sono così tanti che è difficile fare un vero e proprio censimento: America, Europa e Giappone sono tutte zone attivissime. A livello di pubblico, le feste più grandi che ho visto sono in Olanda: i ragazzi di Eindbaas organizzano serate piene di gente, in locali belli e grandi. Anche Spagna, Francia e Germania non sono male. Non si parla sempre di club o di grandi locali. Moltissime serate sono organizzate in spazi più popolari, come gli squat e i circoli. Anche il pubblico oscilla: capita di suonare davanti a 200 persone, ma anche di suonare davanti a una decina di appassionati (che vanno benissimo lo stesso! Il bello della chiptune è che la scena è composta da gente alla mano, spinta da una passione molto sincera). In Italia ci sono moltissimi artisti e un numero nutrito di fan, ma i locali che scommettono sulla chiptune sono veramente pochi.
Ultima domanda: visto il genere ci saremmo aspettati un album su cartuccia o cassetta, come mai la scelta del vinile (tra l’altro molto bello, oggettisticamente parlando)?
Innanzitutto c’è il fascino del formato, del vinile, e lo sfizio di combinarlo con delle sonorità puramente a 8 bit. Ci sono anche dei punti di contatto inaspettati.
Il vinile è bello, ma anche scomodo e pieno di limitazioni (soprattutto a livello logistico: senza l’aiuto di Pablito El Drito non sarei mai riuscito a pubblicare il disco). In questo senso è come il Game Boy: se hai la pazienza di amarlo, ti dà grandi soddisfazioni. Poi c’è la questione della copertina.
È un lavoro di LRNZ, e quando l’ho vista ho deciso che dovevo pubblicarla su un formato che la valorizzasse. È un’immagine potentissima, realizzata pixel per pixel e poi messa su un vero tubo catodico. La pixel art dell’era d’oro dei videogiochi era legata a doppio filo alla presenza delle scanline: vederla in alta definizione è sfizioso, ma snatura il suo spirito delle origini. Pubblicarla solo come un quadratino in una release digitale sarebbe stato un affronto all’arte di Lorenzo. E poi, grazie al formato, sembra davvero di guardare un vecchio televisore a tubo catodico!

Cannibal Se-lecter

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