Carlo Mameli alias BXP è uno dei nomi più conosciuti nell’underground bolognese, ma tra le altre cose è stato anche resident della Notte di Asterix del Rocket a Milano, ed ha inciso per label quali Modr, Noisybeat e Sostanze Records.
In questi giorni è in uscita il suo ultimo lavoro discografico, Italo Acid EP, così abbiamo deciso di farci raccontare qualcosa di più direttamente da lui davanti ad abbondanti calici di Amarone.
Ciao Carlo, partiamo dalle informazioni di base: chi si cela dietro al moniker BXP?
Ciao lettori di Frequencies! Sono Carlo detto BXP, producer e dj nativo di Nuoro anche se, in pratica, ho sempre vissuto a Sassari fino a quando mi sono trasferito, nel 2001, a Bologna. Da quando sono approdato qui non ho mai smesso di suonare: musicalmente parlando prima facevo un po’ di casino, diciamo, ora un pò meno dai, però io sono sempre il solito casinista. La sigla BXP è nata in una freddissima notte d’inverno in un appartamento non riscaldato in via Don Minzoni, qui a Bologna, durante la quale un mio amico disegnò su un foglio un “ragazzino esplosivo”, ovvero un ragazzino con una valigetta sospetta in mano e con un cazzo di fungo atomico alle sue spalle. Da li ho pensato: cavolo, spacca, abbreviamolo in BXP!
Del resto “Bambino esplosivo” come moniker avrebbe fatto un po’ cacare, no?!
La spina dorsale della tua musica è quel taglio rave UK anni ’90, parliamo di IDM, di Warp, Skam e Rephlex – e anche il nuovo Ep “Italo Acid” lo conferma. Otre a questo immaginario di riferimento, solitamente quando produci –e , nello specifico, riguardo a questa tua ultima uscita- quali sono le influenze maggiori nel tuo modo di comporre? Artisti a cui ti senti affine?
Allora, per quanto riguarda le influenze hai visto giustissimo: io arrivo dalla roba inglese anni ’90, acid techno e acid house, le prime uscite della Warp, la Mille Plateaux, ma anche bass music e Uk garage. Il mio un percorso musicale è stato influenzato molto anche dalla glitch, anche se all’inizio mescolavo molto generi diversi, tipo jungle, ambient e IDM appunto. Creavo una sorta di “bolla” in cui svuotavo tutto il mio cervello, applicando in pieno l’indole di produzione Warp che prevedeva la totale assenza di un genere definito ma la condivisione comune di un’attitudine.
In occasione di questa mia uscita, dopo un sacco di anni di breakcore e IDM ho cercato di svuotarla quella “bolla”, svuotarmi da tutte queste ritmiche – a volte anche troppo complicate- che non riuscivo più a gustare e ad apprezzare. Ho cercato qualcosa di semplice che mi desse base e stimoli per iniziare un nuovo percorso, in modo da ritornare alle origini di quello che mi è sempre piaciuto.
Ho “asciugato” il più possibile il mio sound, diciamo, ho cercato di curare più che altro il groove, speranzoso di creare un “bel pezzo” (ride) anche se credo non mi uscirà mai, lo so che sembra pretenzioso ma è una cosa mia, intima.
Ti metti a produrre, pensi: “ok, stavolta faccio un bel pezzo d’impatto”, poi dopo lo risenti e ti viene automatico criticare tutto il lavoro e pensare: “potevo fare questo quello ecc.“, però, per ora, sono molto contento di come è uscito questo progetto.
Artisti a cui mi sento affini beh, sicuramente il primo Aphex, la R&S records e i suoi successi -pietre che non mi toglierò mai dalla testa, Luke Vibert che per me è un grande – soprattutto come Amen Andrews e Kerrier District perché unisce in modo stiloso afrobeat e acid. Le robe Wagon Christ mi piacciono molto ma non mi rappresentano a livello sonoro.
“Italo Acid” EP è un chiaro omaggio alla scena con lo smile, ma secondo te non si richia di cadere nel mero revival ripescando le drum machines della Roland e tutti i suoni da Summer Of Love?
L’acid non è mai morta. Spesso sono andato a serate o festival a Utrecht, Amsterdam, Eindhoven e lì è ancora una realtà viva e vegeta, la scena è composta da gente molto creativa e non da rimastoni anni ’90, per intenderci.
Anche a livello di mercato sono tornate in voga le macchine Roland, ho visto aste improponibili. Ma questo business è servito a molto. Sai, una volta l’acid era apprezzata più che altro da chi la faceva e da qualche addetto ai lavori, chi la ascoltava e basta non riusciva a coglierla appieno. Ma ora stanno tornando di moda quei suoni tra i produttori e di conseguenza molti club si sono aperti ad essa.
Credo però che la retromania non sia di casa, in questo preciso momento storico parliamo di acid ma tutti cercano un nuovo modo per interpretare questo genere che spopolava nei ’90: i pezzi sono più complessi, c’è stata comunqueun’evoluzione del genere, credo, e non una semplice riproposizione di vecchi clichè. E poi è quello che ho cercato di fare anche io in questo ep, interpretando questo suono con il mio stile. E’ quello che secondo me dovrebbe fare ogni producer, poi dovrebbero trasparire sì le influenze, ma bisognerebbe cercare di evitare certe retromanie.
E con le origini jacky di Chiacago come la metti?
Sinceramente potrei sembrare quasi blasfemo, ma non l’ho molto ascoltata la scena di Chicago. Io ero molto più “monoteista” quando ho iniziato ad ascoltare acid e mi sono sempre focalizzato sulle produzioni inglesi. Poi certo, dopo ho recuperato qualcosa: Dj Pierre -ad esempio- mi piace molto, anche se preferisco le sue cose meno acid, forse.
Mentre con l’Italo, presente anche nel titolo del disco?
L’ italo del titolo invece è un “trick”. L’italo disco non l’ho mai considerata, l’ho saltata in pieno, non ho mai ascoltato Den Harrow ma solo Giorgio Moroder (risate collettive), ti spiego: in pratica, trovandomi spesso a bordo di un treno di una famosa compagnia italiana privata -a causa delle varie date che hanno caratterizzato la mia intensa attività live quest’anno- ho composto un pezzo acid, quindi il titolo è venuto in automatico. Un Montezemolo sotto acido! Poi se ci metti che il mio cognome è uguale a quello dello scrittore che scrisse il testo dell’inno italiano, tutti i miei amici mi hanno spinto ad usare “Italo” prima di acid, soprattutto per questo motivo.
Sull’italo disco sono nati feedback e inconvenienti assurdi, ad esempio c’è stato chi mi ha detto: “non male la preview dell’ep però io non ascolto italo“, gli avrei sputato in faccia! (ride), non c’ha capito nulla!
Che strumenti e programmi hai usato per produrre l’ep? E di cosa necessita solitamente BXP durante la dimensione live?
Per produrre questo ep ho usato bassline analogiche, TB303, Moog slim phatty, un semi modulare della Analog solution con cui ho fatto tutti i miei cablaggi malati -molti suoni non li ho usati, li ho salvati e li userò in futuro. La maggioranza delle volte uso questo strumento come processore di suono per altri synth. Poi ancora, ho adoperato la MFB, una drum machine emulatore della 808. Poi ho mixato tutto su un banco Lombardi, un mixer analogico anni ’70, veramente storico.
Live invece uso sempre una drum machine analogica, esterna quindi, con Ableton live e molti sample, un controller midi e – a secondo dell’occorrenza- anche qualche synth e qualche bassline.
Tu che suoni parecchio in giro e che fai spesso spola Bologna-Milano (nella città meneghina hai suonato alla Triennale nel 2011 e sei resident della Notte di Asterix al Rocket), cosa ne pensi dello stato attuale della scena elettronica italiana?
Secondo me negli ultimi anni la scena è cresciuta molto, ci sono un sacco di produttori di qualità in Italia. Io sto collaborando con Ayarcana e Phooka della Concrete records, poi segnalo connazionali sardi come ARPxp che incide sotto Metalheadz, gente di spessore riconosciuta a livello internazionale.
Anche la scena di Torino merita, la NoMad Records, Unstable Compound, tutta gente che fa uscire produzioni di altissima qualità, gente veramente brava e ispirata, con le palle.
Non vedo, però, quello che dovrebbe stare dietro a questa crescita: sembra brutto da dire ma parlo di business, non mainstream e non composto da squali discografici, ma indipendente. Qui non esiste un artista alle prime armi che può produrre e fare serie esperienze live, in tour magari, o sei nessuno o sei dio.
A Milano ho suonato con dj’s producer di 19 e 20 anni come South London Ordnance e Paleman che non prenderanno cachet alti, ma che comunque hanno dietro qualcuno che li fa crescere in quanto artisti. In UK c’è un movimento che qui manca da sempre: ci sono magazine, radio, network e gli artisti hanno la possibilità di farsi conoscere. Li c’è un circuito, qui non sei mai valorizzato.
Progetti in pentola?
Prossimamente ep uscirà un vinile limited edition, solo per i più fighi (ride) in occasione della 50esima release della Sostanze records e oltre al sottoscritto ci saranno anche Digi G’Alessio, Dj Balli, gli Apes On Tapes e tantissimi altri! Inoltre Ayarcana e Phooka stanno lavorando a due rmx di un mio pezzo che speriamo vedano la luce a metà novembre.
Ultime considerazioni, saluti, offese all’intervistatore, motti in sardo ?
Saluto tutti quelli che mi vogliono bene e soprattutto quelli che mi vogliono male. Long Live ACID!
https://bxpmusic.bandcamp.com/album/italoacid-ep
Francesco Augelli