L’Italia è il Paese dei 60 milioni di commissari tecnici, commentatori politici, consulenti d’azienda, fotografi, esperti di comunicazione e chi più ne ha più ne metta.
Insomma non esiste argomento alcuno su cui noi eredi di Romolo non siamo in grado di esprimere appassionatamente la nostra opinione anche se, come succede sempre alle Olimpiadi con gli sport meno conosciuti, fino a pochi istanti prima ne ignoravamo l’esistenza.
Tuttavia siamo anche un popolo devoto ed attento ai comandamenti, il cui più importante mescola sacro ed il caro vecchio buon senso popolare: Scherza coi fanti, ma lascia stare i Santi!
E chi sono i santi che oggi non possiamo permetterci di toccare?
A leggere alcuni commenti all’articolo del nostro collega Massimiliano Sfregola, che partiva dal famigerato video di Richie Hawtin all’Amnesia per ragionare su come le regole dello showbiz si siano imposte anche sul djing come nel rock e nel pop, pare proprio che siano i Big della consolle a far bella mostra di sè sopra all’altare.
Ai tempi delle discussioni infinite sui forum erano almeno i diretti interessati a difendere le proprie posizioni, o a limite si delegava ai PR del relativo staff, ed in ogni caso le riviste del settore erano un ottimo filtro.
Oggi invece l’illusione del contatto diretto tra artista e fan (hey sono amico di Richie su Facebook!) fa sentire quest’ultimo coinvolto in prima persona, investito come un cavaliere templare della missione volta a liberare la Terra Santa dagli infedeli, ed i giornalisti, quelli veri, devono vedersela con promoters e manager mascherati da intenditori che spacciano comunicati stampa come articoli e video promozionali come interviste.
Qualsiasi cosa l’idolo di turno propini è accolto con gioia come la divina annunciazione, senza più interrogarsi sull’effettiva bontà della performance o del disco.
Jeff Mills in una recente intervista a Fact Mag l’ha detto chiaramente: “People just don’t ask for better anymore. I think we’ve lost the knowledge of how to do that. I assume that we’ve reached a point where that to expect more from entertainment is a request that often get over shadowed by the powerful marketing machines and the waves of popular persuasion. It’s much harder to be different and to ‘stand out’ than it used to be, and I can imagine many people in the creative fields aren’t willing to work very hard for it anymore“.
Bisognerebbe ricordare che alla base della Club Culture non c’è il Dj ma il pubblico, e che forse prima di pretendere rispetto dall’ennesima superstar sarebbe il caso di esigerlo da sè stessi.
Federico Spadavecchia