David Love Calò insieme a Nico Note è stato l’anima del leggendario Morphine, vero e proprio “non luogo” all’interno del Cocoricò di Riccione.
Dj producer eclettico e coraggioso come pochissimi altri in Italia, le sue selezioni sono un sorprendente viaggio dalle mille sfumature all’interno della musica contemporanea.
Insieme a Umberto Saba Dezzi forma i Loudtone interesantissimo progetto “Mutant Disco” che vanta una serie di uscite culto per etichette come Mantra Vibes, Kindisch, Pizzico e Italo Deviance.
Dalla mitica Controradio che ha fatto la storia della radio libere in Italia al Cocoricò degli anni d’oro che ha fatto quella della scena clubbing, a quanto pare ti piace vivere in una leggenda.
Beh guarda più che pensare a due realtà leggendarie, la spinta principale per me, come penso per tanti, e stata la passione. Quando ho iniziato a frequentare Controradio, avevo 12 anni.
La radio aveva una programmazione new wave che viaggiava di pari passo con il Tenax.
Io purtroppo potevo godermi solo la musica perché ai concerti non potevo andarci, ma lo stesso sono cresciuto con Pil, Bauhaus, Killing Joke e col primo hip hop che faceva capolino tipo Afrika Bambataa e Run Dmc.
Per quanto riguarda il Cocorico, l’incontro con Loris Riccardi, il direttore artistico fu casuale: lui cercò proprio a Controradio, una mia collega Dj Loree (amica a sua volta di Nico Note) perché voleva creare uno spazio chill out. Loree però nel frattempo si era trasferita a Londra, allora mi feci avanti e gli mandai una cassetta mixata che evidentemente gli piacque.
Le web radio sono le nuove radio libere o al di là del mezzo accessibile a tutti manca lo spirito che ha segnato quel periodo?
Sono passati quasi 40 anni dalle prime radio libere, ovviamente tutto si vive in modo molto più veloce e frammentario. Si ha però la possibilità di ascoltare di tutto e non credo si sia persa la voglia di sperimentare.
La cosa più difficile e scovare qualcosa di interessante nella moltitudine.
A me vengono in mente Dj Morpheus con Lysergic Factory su Radio Campus o Tim Sweeney e il mitico Beats in Space, due punti di riferimento per cercare qualcosa di originale ma di esempi ce ne sono tanti.
A proposito del Morphine, tutto nasce dal sodalizio tra te e Nicoletta Magalotti (alias Nico Note ndr).
Quando è nato il vostro rapporto e qual è stata la scintilla che vi ha fatto capire che poteva nascere una collaborazione?
Con la Nico ci siamo conosciuti all’inaugurazione del Morphine, la sera stessa. Era il settembre 1994. Fu un flash pazzesco perché non mi ero mai spinto oltre i club e le disco toscane e il Cocorico era veramente un altro pianeta.
Arrivai anche in ritardo e fuori c’era una bolgia pazzesca perché era la riapertura dopo un periodo di chiusura forzata.
All’esterno c’era una performance del gruppo teatrale Societas Raffaello Sanzio, nella mitica piramide fu fatto suonare un dj inglese Jungle di cui purtroppo non ricordo il nome.
Era la prima volta in Italia che si suonava Jungle perlomeno in una discoteca così grande e la risposta fu devastante: tutti si misero a sedere e il povero dj fu costretto a lasciare il posto a Saccoman e Ricci.
Al Morphine insieme a me inaugurò Mixmaster Morris (Irresistible Force), ancora oggi un maestro nell’arte della decompressione musicale.
Nico aveva una storia musicale ma anche di organizzatrice di eventi e nel corso degli anni abbiamo imparato a conoscerci, a improvvisare e ad osare visto che lo spazio ce lo consentiva.
Più che una semplice zona di decompressione il Morphine è stato per molto tempo un vero proprio laboratorio dove sono stati sperimentati nuovi linguaggi, non un privee ma un piccolo universo in una dimensione parallela rispetto al resto del locale. Come siete riusciti a creare questa atmosfera? Quanto c’era di pianificato e quanto di “improvvisato”?
Tutto era improvvisato. Avevamo veramente la libertà di proporre suoni e linguaggi. Lo spazio poi lo consentiva. Ogni 6 mesi mutava radicalmente: una volta era un campo con erba vera in cui si poteva consumare solo acqua e farsi fare massaggi, un altra volta era uno chalet di montagna oppure una stanza essenziale tutta dipinta di rosso un po’ David Lynch, un po’ Shining.
Avevate piena autonomia nella gestione artistica della sala?
La gestione artistica della sala era fatta da Loris e Nico che quindi davano un vestito allo spazio e un’impronta molto forte sulla direzione da prendere . Musicalmente potevo realmente sbizzarrirmi a proporre dall’ avanguardia tedesca dei primi 70 a Sun Ra a roba tipo Mo’ Wax o Squarepusher per fare i primi nomi che mi vengono in mente.
Inutile dire che in tanti anni, dalla posizione privilegiata della consolle hai sicuramente visto e sentito di tutto.
Ci puoi raccontare un aneddoto curioso che riesca ad essere la “sintesi” di quello che è stato il Morphine targato Nico Note e Love Calò?
Di aneddoti ce ne sarebbero veramente tanti. La serata più bella in assoluto per me e stata quella con Arto Lindsay.
Dopo aver fatto un concerto, (dove arrivò portando lui stesso amplificatore e chitarra) in un Morphine stipatissimo fece trenta minuti di improvvisazione noise veramente pazzesca. Purtroppo di quello e di tutti gli altri momenti indimenticabili non ci sono testimonianze video. Eravamo così presi a vivere quello spazio che non abbiamo mai pensato di fermare qualcosa su pellicola o video.
Perché è finita la collaborazione con il Cocoricò?
La nostra esperienza al Morphine è andata avanti dal 1994 al 2007 . Sono tredici anni e non sono pochi direi. Il locale evidentemente forse anche per il cambio di gestione non se l’è più sentita di investire su uno spazio così all’avanguardia e radicale ma allo stesso tempo calato nella contemporaneità dei club extra italiani.
Il Cocoricò come la stragrande maggioranza dei club italiani negli ultimi anni è cambiato radicalmente: da club dove si andava a scatola chiusa per ascoltare i resident a “contenitore” in stile ibizenco, un locale che vive di singoli eventi con grandi nomi senza più quell’identità che lo caratterizzava soprattutto negli anni 90; secondo te si tratta di un’inevitabile evoluzione dovuta ad un cambiamento del modo di intendere il club o di un passo indietro?
Nettamente di un passo indietro. Una volta se andavi al “Cocco” ci andavi per vivere una realtà veramente a parte. Oggi non c’è più la voglia di rischiare.
È più facile fare un eventone come Skrillex o Guetta che costano tanti soldi ma che danno un ritorno di immagine coi media e interessano le giovani generazioni. È triste e banale dirlo ma fuori dall’Italia si rischia e si propone molto di più poi ovviamente ci sono le eccezioni ma sono pochi club.
Con il Cocco è cambiato anche il Morphine che continua la sua storia ma rispetto al passato ha tenuto solo il nome.
L’attuale situazione, musicalmente rischia spesso di confondersi con quella delle altre due sale, tuttavia più di qualcuno definisce comunque le scelte musicali dell’attuale Morphine “coraggiose”.
La domanda è, si deve per forza parlare di sperimentazione e scelte “audaci” perché il brand Morphine lo richiede o più semplicemente il concetto di sperimentazione e ricerca non è più quello di una volta e basta scostarsi leggermente dalla massa per apparire “folli e visionari”?
Mi ha molto colpito il fatto che si sia mantenuto il nome Morphine. Non mi è sembrata una scelta molto azzeccata perché se davvero si vuole proporre qualcosa di nuovo oggi forse sarebbe bene partire dal nome. Poi non ho assolutamente niente contro i dj che stanno proponendo ora, tutti molto interessanti ma, speravo si osasse un po’ di più anche perché lo spazio lo permetterebbe.
Quando sento parlare di Dj’s eclettici il mio pensiero va subito a te, ogni tuo set è una sorpresa, indovinare in anticipo il disco che metterai dopo è come giocare alla lotteria. Tutto fa pensare che tu sia mosso dall’istinto e che la parola “compromesso” non faccia parte del tuo vocabolario. E’ veramente così?
Suoni solo quello che ti piace e che ti senti di suonare in quel determinato momento o pianifichi tutto nei minimi dettagli interpretando la parte del genietto “nerd”?
Ti ringrazio per il genietto nerd ma lascerei solo il nerd perché semplicemente, oggi più che mai io come tutti ho la possibilità di ascoltare veramente di tutto e anche chi va in un club fa lo stesso. Si tratta quindi come dicevi tu di seguire l’istinto e di riuscire a unire linguaggi musicali diversi.
Se vuoi far ballare, divertire e far stare bene la gente devi unire il tuo flusso e quello di chi ascolta poi mica sempre riesce però almeno ci si prova.
A sentirli tutti i Dj’s si definiscono eclettici e tutti affermano di suonare esclusivamente ciò che amano poi però di fatto mai come in questo periodo storico il suono sembra omologato. In realtà cosa sta succedendo? sono solo ipocriti senza il coraggio di sperimentare veramente o manca loro direttamente la cultura?
E’ difficile generalizzare ma il Dj non ha mai spiccato per la sua cultura musicale a parte qualche caso. Ognuno ha il suo genere su cui è forte ma pochi riescono a evadere. Perchè rischiare quando la pista è piena? tra quelli che riescono a tirarsi fuori degli storici mi viene in mente Baldelli che non a caso ultimamente si accompagna nelle produzioni a Dj Rocca, un altro che ne sa un bel po’.
Oltre che nei club molto prima di tanti colleghi hai suonato anche in luoghi non convenzionali come i musei. I tuoi set sono più finalizzati all’ascolto o al ballo?
Dipende da dove sei e che tipo di pubblico hai. Alla fine comunque un po’ cerco di far ballare sempre, anche nell’appuntamento più serio ed istituzionale . Certo non si può proporre in un club la stessa musica che si fa per un’installazione in museo.
Nella tua carriera hai lavorato con vere e proprie leggende come Aphex Twin, Roger Eno, Marion D’Amburgo, Susumu Yokota, Roberto Cacciapaglia ecc ecc chi ti ha sorpreso di più?
Tutti. Ognuno ha portato la sua visione del mondo e chi ha ascoltato ne è uscito sicuramente più ricco.Aphex in realtà non ha mai suonato, partecipò solo come accompagnatore per i dj della sua label. Roger Eno e Roberto Cacciapaglia fecero due performance memorabili di solo piano sconvolgenti per il pubblico del Cocco.
Susumu Yokota invece fu abbastanza deludente perché portò 15 dischi contati, mise l’orologio sul mixer e suonò un ora precisa.
Anche come produttore ti sei avventurato in strade poco battute, mi vengono in mente i tuoi lavori come Loudtone al limite della psichedelia, qual è il tuo approccio come producer? Dove vuoi arrivare quando ti metti in studio?
Il progetto Loudtone nasce insieme a Umberto Saba Dezzi, un vero genio della composizione con strumenti analogici.
Io porto il mio bagaglio da dj e insieme si cercano di fare cose che principalmente piacciano a noi, poi se qualche etichetta e interessata, tanto meglio.
Per esempio ora sono in uscita un pezzo col berlinese Dj Kaos (Dfa, Jolly Jams) per la compilation del decennale del negozio londinese di dischi Phonica e poi più avanti un album con la Pizzico Records.
Ci puoi elencare i 5 dischi che hanno segnato la tua vita?
Direi Lanquidity di Sun Ra, Selected Ambient Works 1 e 2 di Aphex Twin, il primo album degli Orb, Tago Mago dei Can e Claro Que Si degli Yello. Ma ce ne sarebbero tanti altri.
Dove sta andando David Lovè Calò e dove andrà in futuro?
Sarebbe bello riuscire a fare un live con dei musicisti magari proprio coi Loudtone. Boh chi lo sa vedremo…
Samuele Dalle Ave