Alla fine la Cultura vince. Ecco cos’hanno affermato i ragazzi di S/V/N/ organizzando la quarta edizione del loro festival, Savana Machines, presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano.
Niente flute di pisciazza venduta per Moet, nè volti noti del circo (politico, televisivo, djistico, a vostro piacere…), solo tanti appassionati di tutte le età provenienti dagli ambienti più diversi che si scoprono una grande famiglia (Addams).
L’evento inizia presto, verso le 19, con l’incontro con Baffo Banfi, icona del prog rock (tastierista de Un Biglietto per l’Inferno) e pioniere del suono elettronico italiano tra i ’70 e gli ’80.
I concerti hanno luogo nel padiglione aeronavale, nella “plancia” e nella “stiva“.
In verità il primo live act nella sala Biancamano ci lascia alquanto perplessi: si tratta di Lorenzo Senni, artista multidisciplinare milanese conosciuto per i progetti Stargate e One Circle, nonchè fresco di uscita su Editions Mego, che avevamo già sentito in occasione dello scorso Club To Club a Torino.
I suoi arpeggi ripetuti in loop ed infarciti di reminiscenze old school rave ci dicono davvero poco sia in termini di tecnica che di creatività.
Chi invece si conferma in stato di grazia è Rabih Beaini.
Il Libanese dal fortissimo accento veneto attraverso uno show full analog mette in luce le infinite possibilità offerte dalla musica elettronica: tra gorgoglii modulari e battiti inquieti il sound di Morphosis è un free jazz futurista, difficile e al tempo stesso affascinante. Sfido chiunque l’abbia sentito ad essere uscito senza la voglia di riempirsi la casa di sintetizzatori.
Ad accoglierci sottocoperta c’è Crono con uno spettacolo audio video focalizzato sull’estetica tecnologica e meccanica del primo ‘900. Musicalmente potremmo definirlo come ciò che resta del dark dopo la rivoluzione house. Highlight del set il sermone di Giovanni Lindo Ferretti.
E’ giunta l’ora che il bianco alienante dello spazio navale Polene venga ridipinto di nero dalle trame oscure dei Raime.
Il gruppo di punta della Blackest Ever Black ripropone i brani dell’album Quarter turns over a living line caricandone le frequenze, e mettendo a dura prova l’impianto (che per ovvi motivi non poteva essere un Funktion One, siamo pur sempre in un luogo istituzionale).
La staticità dell’esibizione viene bilanciata dall’intensità dei visual. Nell’istante prima di morire tutto rallenta, e nell’oblio dei sensi l’anima risplende.
Piatto forte della festa è l’unica data italiana di Chris & Cosey, padrini dell’industrial dance che va tanto di moda attualmente.
Chris Carter e Cosey Fanni Tutti, ovvero il genio dietro al muro sonoro dei seminali Throbbing Gristle e la loro sacerdotessa, oggi paiono una tradizionale coppia di coniugi inglesi in là con gli anni, eppure una volta sul palco è evidente quanto siano stati importanti, e quanto lo siano ancora.
Cambiano i mezzi ma l’impostazione è la medesima degli esordi: Cosey imbraccia una chitarrina midi che insiste a percuotere più che suonare, e soffia in una specie di tromba giocattolo che, come la sua voce, viene manipolata dal marito attraverso un pc ed un mini kaosspad. Ai beats ci pensa un mini kaossillator Korg. Una strumentazione tanto semplice quanto ultra efficace.
Naturalmente a fare la parte del leone sono i grandi classici del passato (come Walking through Heaven e October Love Song), mentre la chiusura è affidata ad un pezzo nuovo Coolicon.
Per continuare il party ci spostiamo al club Q21 per l’aftershow gestito in collaborazione con il Dancity Festival di Foligno.
Ai controlli ritroviamo Morphosis, stavolta in versione Dj, che pesta giù duro di techno noise e armonie acid.
Nella sala piccola invece il resident S/V/N/ Modz Wayne completa l’opera con una selezione più scarna e veloce.
Inizia ad albeggiare quando G-Amp e Giesse salgono in consolle per il back to back finale.
Dopo i successi alla Buka S/V/N/ ha vinto la scommessa ancora una volta, alzando l’asticella di parecchie tacche.
Attendiamo con ansia la prossima sfida.
Federico Spadavecchia