Renato Figoli è uno degli interpreti della Techno made in Italy post 2000 che ci piace di più. Questo perchè oltre a fare musica molto piacevole è dotato di qualità assai rare in un ambiente in cui i palloni gonfiati la fanno da padroni: innanzitutto l’ironia, con cui si possono affidare ad una battuta tagliente messaggi seri ed importanti, quindi la capacità di stare in silenzio e riflettere, ed infine il senso di comunità per la propria scena, con cui ha supportato i talenti locali senza manie di protagonismo nonostante le lusinghe di brand quali Cocoon o Trapez.
Dagli esordi minimali ad oggi è trascorso del tempo ed il suo sound si è evoluto in una matura deep house jazzeggiante, così abbiamo deciso di incontrarlo e farci raccontare direttamente da lui come stanno andando le cose.
Ciao Renato partiamo subito dal tuo motto: “faccio un disco solo quando ho qualcosa da dire”. Di norma dovrebbe essere sempre così ma oggi chi vuol vivere di musica se lo può permettere?
Ciao Fede! Credo che se lo possa permettere, comunque la maggior parte dei soldi li guadagni con le gigs per cui puoi anche permetterti di “centellinare” le produzioni. Ma parlo di quei pochi che riescono a sopravvivere di musica.
Nella tua formazione la scuola di Francoforte ha avuto una grande importanza, più volte hai dichiarato che senza la città sul Meno non avremmo nessuna Berlino, e nel 2006 hai preferito esibirti al Green & Blue ad Obertshausen che all’Amnèsia di Ibiza. Cosa ci puoi raccontare del tuo rapporto con questa città?
La conosco bene, ho dei parenti tedeschi che vivono li per cui almeno una volta all’anno ci sono sempre andato e negli anni ho visto la skyline prendere forma. Mi ha sempre affascinato e l’ho sempre vista e vissuta come una città all’avanguardia e culturalmente avanti, a Francoforte mi sento a casa.
Oggi sembra che non esista altro che la Capitale tedesca, e questo ha provocato un netto calo delle scene elettroniche nelle altre città. Il Cocoonclub ha addirittura chiuso. Come giudichi questa migrazione? Alla lunga sarà dannosa?
Non parlerei di migrazione, mi vengono in mente pochissimi esponenti della scena di Francoforte che siano emigrati a Berlino. In buona sostanza, a Berlino emigrano più i Djs stranieri (europei e tanti americani) e quelli che vengono dalle cittadine e i paesini piccoli tedeschi. La scena di Francoforte è ovviamente minore perchè la città è molto più’ piccola (circa 1/10 di abitanti rispetto alla capitale) però funziona bene. Il problema del Cocoon è diverso, Sven Vath and Co. hanno fatto un progetto molto ambizioso che alla fine non ha pagato o ha pagato fino a un certo punto. Un club di quelle dimensioni con quelle spese e quelle rifiniture è già difficile che riesca a sopravvivere con la massa delle serate commerciali, se poi lo crei per le serate di nicchia come sono le serate techno e cerchi di attirare la massa magari sopravvivi qualche anno ma poi i nodi vengono al pettine. Il club techno deve essere poco dispendioso, magari una struttura preesistente in disuso oppure non tanto grande per poterci guadagnare qualcosa e poter sopravvivere.
Tu sei tedesco da parte materna non ti è mai venuta la voglia, specie dopo il decollo della tua carriera, di trasferirti in Germania?
Ce l’ho tutti i giorni. In questo periodo poi ancora di più ma non ho la possibilità.
Rimanendo in Sardegna sei stato fondamentale per lo sviluppo della scena locale aiutando a sviluppare diversi talenti tra cui quello di Alessio Mereu che oggi con la sua Amam records ha prodotto il tuo ultimo album. Quali sono le potenzialità dell’elettronica sarda e com’è riuscita a farsi così apprezzare all’estero?
Siamo i migliori ed essendo i migliori ci vogliono tutti 🙂 Scherzo ovviamente. Credo sia stata un po’ una moda nel senso che quando sono emersi i primi nomi qualche anno fa, grazie anche alle “voci” che girano incontrollate nelle cittadine come Cagliari, sono partite le “leggende” tipo “lo sai che tizio ha fatto un disco e ora vive a Berlino in un castello e guadagna millemilamiliardi al mese facendo serate in mezzo a donne bellissime e hotel 5 stelle” e cazzate del genere…allora tanti, tantissimi giovani hanno visto la musica come un modo per vivere bene facendo ciò che piace e una via di fuga dai paesini e le cittadine sarde che, per quanto belle, non danno nessuna prospettiva.
Io in tutto ciò non credo di aver giocato alcun ruolo se non quello di aver riconosciuto e supportato in tempi non sospetti il talento e la vera passione per la musica di giovani talenti e amici come Alessio, Claudio PRC, Mr.Bizz e Madutech…tutti così bravi e talentuosi che non hanno sicuramente avuto bisogno del mio supporto per avere successo…ma sono comunque molto orgoglioso di loro.
Visto il tuo lavoro di affiancamento alle nuove generazioni, che idea ti sei fatto del panorama attuale? Ogni settimana si grida al miracolo incensando un nuovo fenomeno, ma c’è davvero qualcosa o qualcuno che continueremo ad ascoltare tra dieci anni?
Essendo completamente fuori dal panorama attuale non saprei proprio cosa risponderti.
Le tue produzioni sono sempre state un mix di rigor minimal teutonico, impossibile non notare l’influenza Basic Channel, e funk mediterraneo con quel bel basso rotondo. Con Funkoholic il funk si trasforma in jazz, con il coinvolgimento di musicisti in carne ed ossa, e ci tornano alla memoria produttori come Saint Germain e Llorca. Cosa ti ha condotto a questo cambio di atmosfera?
Io vado di istinto, non ci sono ragionamenti o preparazioni. Forse il fare meno serate rispetto a prima ha un pò influito.
Dopo esserti dedicato principalmente al dancefloor con questo disco vuoi riaffermare l’importanza dell’ascolto rispetto al ballo?
La musica è fatta prima di tutto per essere ascoltata. In ogni caso col dancefloor non ho ancora chiuso 😉
In questi giorni stanno uscendo anche i remix per i club, chi avete coinvolto e perchè?
I remixer sono Ed Davenport, Losoul, Sascha Dive e Christopher Rau e li abbiamo scelti con Alessio perchè ci piacciono e crediamo che possano integrare al meglio l’album. I vinili usciranno il 27 Maggio.
Che progetti hai per la versione live? Porterai sul palco anche altri musicisti?
Ho preparato quest’inverno il mio live-set. Purtroppo per motivi logistico/economici non posso per ora portare altri musicisti con me.
Per chiudere che ne dici di salutare chi ci sta seguendo da casa ed in particolare il nostro amico Betto?
Ora che finalmente ha appeso le cuffie al chiodo per andare a lavorare in una agenzia di scommesse ci frequentiamo di meno. Menomale.
Federico Spadavecchia