Uwe Schmidt è uno dei grandi filosofi dell’elettronica contemporanea. Nato a Francoforte a fine anni ’60 è stato una colonna portante della scena locale portando in scena numerosissimi alias e collaborazioni di cui ricordiamo quella con il genio dell’ambient recentemente scomparso Pete Namlook.
Sempre critico nei confronti del modo in cui un vero artista dovrebbe approcciare la musica, ad un certo punto ha abbondanato il minimalismo techno per rileggere i Kraftwerk in chiave latinoamericana in segno di protesta contro il piattume creativo imperante.
HD è un progetto a nome Atom Tm iniziato nel 2005 ma rimasto incompiuto fino allo scorso anno.
Il titolo è l’abbreviazione dell’originale Hard Disc Rock e può essere considerato come una summa del pensiero Pop di Uwe che lo trascrive alla sua maniera con ricercata ironia, non a caso la prima traccia, intitolata Pop HD, rimette in corsa i ciclisti di Dusseldorf sospinti da asettici beats e glitch a la Raster-Noton per scalare il ripido passo montano di Strom.
Con il funk cibernetico di I love U (Like I Love my Drum Machine) si cita l’electro anni ’80 a base di cantatone e campionamenti famosi introdotti dallo stesso autore: to use the words of Martin Luther, now hear my drum computer.
The Sound of Decay è una Personal Jesus virata echo ai raggi laser in cui spuntano frammenti di chitarra. Il gioco di parole techno pop Empty/EmpTV anticipa la wave più oscura di Riding the Void.
Il manifesto schmidtiano è Stop (Imperialist Pop) in cui su una base a la Fad Gadget un freddo vocoder arringa contro il fascist control delle major discografiche. My Generation, l’inno dei The Who scatena il pogo tra i ravers.
Ich bin eine Machine è la realizzazione definitiva del sogno kraftwerkiano in cui l’uomo è arrivato a sincronizzarsi del tutto con la propria strumentazione.
Federico Spadavecchia