Io faccio un disco solo quando ho qualcosa da dire.
Era il 2008 quando chiusi la recensione di Dirty & Lost citando queste parole di Renato Figoli, producer sardo tra i più apprezzati del panorama techno italiano.
Quel disco segnò la messa in pausa del progetto dell’artista, il quale però non smise mai di supportare la scena locale, aiutando per esempio Alessio Mereu a confermarsi a livello internazionale.
Oggi è finalmente arrivato il momento di ributtarsi in pista, e per l’occasione non c’è niente di meglio che pubblicare un album sull’Amam Records del suo giovane allievo.
L’Arrotino è tornato dunque, ma del suono minimale degli esordi non c’è traccia, perchè questa è ormai la storia di un uomo maturo che ha sì smesso di far mattino nei club, ma che non ha mai abbandonato la passione per la musica.
Punto fermo nell’arte di Figoli è la dub tech di matrice Basic Channel, che qui prende la forma di un malinconico blues cosmico.
La grande novità riguarda il coinvolgimento di musicisti in carne ed ossa di alto livello, come il chitarrista Carlo Ditta ed il trombettista Mario Massa, che improvvisano fughe tra le stelle, lanciati in orbita dal classico basso rotondo e funky di Renato.
Funkoholic ha il senso per il jazz di chi negli anni ’90 è stato sedotto dalle melodie lussureggianti di produttori francesi come Ludovic Navarre e Llorca, e che di Ibiza porta nel cuore il beat caldo di Phil Asher e Gilles Peterson, ma che, quando ha provato a tornare su quelle spiagge assolate, si è dirottato incosciamente su Detroit.
Piccole curiosità, presenti tra note e titoli, sono argomenti personali come la paura di volare (l’annuncio di turbolenze da parte della hostess in apertura) ed il conseguente rifugiarsi nei treni del mattino e della sera.
Il mood generale richiama le sfumature dell’alba o del tramonto; nè il sole in faccia ma nemmeno persi nel buio notturno, nonostante gli echi del dancefloor non siano poi così distanti.
Federico Spadavecchia