Chinese Man: Da Marsiglia con Furore

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Un pò Fat Freddy’s Drop, ma con piatti e campionatore, un pò Wax Taylor, ma più urban, Sly, Ze, Mateo ed High Ku, meglio noti come Chinese Man, sono un eccellente esempio dei nuovi collettivi che negli ultimi anni stanno spopolando tra club e festival di mezzo mondo, dove un concept-contenitore, riunisce musicisti tradizionali, producers, grafici, Vjs e chi più ne ha più ne metta. Questa posse del III millennio ha dalla sua l’omonima label, un lavoro di produzione (e promozione) a ciclo continuo ed un’attività di ricamo di generi (dal dub al funk, con la supervisione tecnica e stilista dell’inossidabile hip-hop) impreziositi dalla classe, spesso sottovalutata, della vastissima cultura musicale francese.
Chinese Man nasce a Marsiglia, l’east coast del rap francese, nel 2005 ed in pochi anni diventa un nome di punta sulla scena urban-underground mondiale. Molto apprezzati anche in Italia, il loro tour nella penisola, organizzato da Low Fi, ha toccato Bologna e Roma. Entrambe le date hanno registrato il sold-out.

Chinese Man: una nome ed una label che nasconde una crew, mille influenze e soprattutto un connubio di audio, video e grafica. Chi è (chi sono) Chinese Man? Ma in particolare: dove vuole (vogliono) andare?
Chinese Man nasce nel 2005 come etichetta con lo scopo di unire un collettivo di producers, video makers e DJ. Per noi fu vitale fondare una struttura che potesse dare corpo ai nostri progetti, rimanendo aderente alla nostra visione. Ma Chinese Man è per prima cosa un collettivo che esiste grazie a Sly, Ze, Mateo ed High Ku. In pratica una grande famiglia!
Durante gli spettacoli, vi vediamo on-stage indaffarati a combinare scratch con rime, a programmare sequenze e manipolare tracce video. Il workflow è vitale per un collettivo impegnato in uno show 2.0, dove tecnologie ed abilità differenti richiedono precisione ed equilibrio. Qual’è stato il vostro percorso, dal più lineare turnatablism di una volta, al sofisticato lavoro odierno? Come bilanciate materiale preparato prima con parti lasciate all’improvvisazione?
La struttura della traccia viene preparata in anticipo ma lasciamo sempre un pò di spazio per della sana improvvisazione, dato che MC e musicisti apportano quell’energia in più che a volte manca in esibizioni live di musica elettronica.

Che rapporto avete con la musica campionata?
E’ certamente l’ingrediente principale delle nostre produzioni. Tutto inizia con un campione, sempre: cosi abbiamo imparato a fare musica. Ora certamente ci affidiamo anche alle tastiere o a musicisti che collaborano con noi ma il campione resta sempre il punto d’inzio. Amiamo campionare vecchi vinili e riscoprire musica che la gente spesso ha dimenticato.
Per producers e label owners come voi è certamente evidente come il confine tra un dj set tradizionale ed uno show live si sia, negli ultimi anni, assottigliato fino a sparire. Quali differenze notate tra un set del 2005, quando avete iniziato ed uno odierno, in termini di attrezzature impiegate? Usate software o impiegate anche macchine, vinili e la “cara vecchia” MPC?
Già, la tecnologia musicale si è evoluta alla velocità della luce! A dire il vero, il nostro set, da quando abbiamo iniziato, non è cambiato troppo. Utilizziamo ovviamente computer e controllers e poi impieghiamo i piatti, un trombone e tanto, ma tanto, sudore della fronte! Le nostre performance sono un mix tra Djing tradizionale ed una band elettronica, con la presenza di MC e musicisti. Quando lavoriamo in studio, utilizziamo la nostra collezione di vinili ed una serie di synth ma ovviamente la nostra fonte primaria restano i vinili da campionare e quindi i piatti.
Per le linee di basso, le melodie e l’arrangiamento non impieghiamo virtual instruments controllati via MIDI ma hardware. E per il nostro album abbiamo lavorato con musicisti che hanno aggiunto quel tocco di “organico” al lavoro.

Parliamo di Chinese Man Records: come è iniziata l’avventura della label e come state affrontando la crisi dell’industria?
La label parti nel 2004 come un semplice progetto che coinvolgeva 3 amici, High Ku, Sly e Ze Mateo: il nostro obiettivo era solo di pubblicare un EP, senza alcuna ambizione e senza altri propositi se non quello di diffondere la nostra musica nella piccola scena locale in cui ci muovevamo. Poi, inaspettatamente, il progetto è cresciuto ed ora possiamo vivere della nostra musica e addirittura definirci “musicisti”!
Quanto alla domanda sulla crisi: possiamo definirci fortunati. Siamo un’etichetta indipendente ed i nostri obiettivi sono ben diversi da quelli delle majors. Senza la necessità di vendere milioni di dischi per sopravvivere, ogni release paga abbastanza per poter coprire il progetto successivo e la gente coinvolta. Stesso discorso per lo show: i nostri tour fanno entrare a sufficienza per retribuire tutti. Fino ad ora a funzionato, per noi, a perfezione!
Racing With the Sun, uscito di recente, è il vostro primo album “stutturato” dopo aver pubblicato per anni, collezioni di singoli ed EP usciti in tempi diversi. Quali sono i progetti futuri di Chinese Man, oltre all’esercizio costante della vostra “dura disciplina orientale”?
Magari smetterla di rilasciare interviste in inglese, oggettivamente troppo difficili!!! Scherzi a parte: stiamo lavorando alla versione deluxe del nostro nuovo album ed al nuovo 12” del nostro MC Taiwan. Poi ovviamente, andare in tour in giro per il mondo e diffondere lo spirito Zen, resta una missione!

Massimiliano Sfregola

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