Berlin Club Transmediale ’13

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Berlino è cambiata. Del resto era inevitabile, difficile pensare che sarebbe rimasta per sempre la fortezza della cultura alternativa, il villaggio di Asterix che resiste imperterrito agli attacchi dell’impero conformista.
I giovani senza futuro, che scappavano nella capitale tedesca per evitare responsabilità mescolando sogni ed impulsi artistici, sono diventati uomini d’affari che gestiscono club, etichette, gallerie al pari dei loro colleghi in ogni altra metropoli del mondo.
Il dato che spaventa di più tuttavia riguarda noi Italiani: siamo la seconda comunità per dimensione dopo quella turca!
Il basso costo della vita insieme alla fama della sue notti senza fine ha alimentato le speranze e la voglia di divertirsi di migliaia di ragazzi, che ne hanno fatto il proprio Eldorado.
Questa migrazione di massa però non è stata bilanciata da un’adeguata crescita economica, e le conseguenze sono riscontrabili in maniera evidente nel taglio dei sussidi di disoccupazione, nell’aumento degli affitti e nel calo delle attività culturali ricreative.
Come ci hanno detto i Dadub (Stroboscopic Artefacts), durante un’intervista realizzata a Kreuzberg, Berlino è sostanzialmente una città povera la cui ricchezza proviene dalle persone stesse che ci vivono: se avete un progetto preciso in mente, ed avete voglia di darvi da fare sul serio, allora qui troverete l’ambiente giusto perchè c’è tutto ciò che occorre (soprattutto contatti e spazi), al contrario, se vi illudete che solo il fatto di abitare da queste parti conduca a qualcosa, sarebbe meglio lasciar perdere.

La Club Transmediale è il momento migliore per farci un bel giro e schiarirci un pò di dubbi; il sottotitolo scelto per questa edizione, The Golden Age, offre già in partenza un ottimo spunto di riflessione (ed amara ironia).
Presenti fin da mercoledì, a saltar subito all’occhio guardando il ricco calendario è la totale mancanza di alternative al Berghain, addirittura anche nel weekend.
Non c’è un club con una programmazione all’altezza, a febbraio, per esempio, al Watergate si salvano quattro nomi in croce!!
Altra cosa che ci ha fatto storcere il naso a livello organizzativo è stato il prezzo elevato degli abbonamenti e della diffusione dell’odiosa usanza degli ingressi in lista.
Durante le oltre trenta ore trascorse nella ex centrale energetica di F’hain abbiamo potuto apprezzare lo showcase della PAN Records di Bill Kouligas di cui sottolineiamo: un istrionico e geniale Mark Fell ha messo in scena una parodia della Rave Culture servendosi di tre pupazzi gonfiabili giaganti, mentre Florian Hecker ha sonorizzato contemporaneamente tutte le stanze del Berghain sperimentando diverse tipologie di surround; l’arte modulare di Keith Fullerton Withman ci ha estasiati (putroppo niente video come da politica del club), ed anche Lee Gamble, in versione dance oriented, non è stato male.

Del giovedì, invece, vale giusto la pena di confermare la piacevolezza dello show di Kuedo che, nonostante non abbia ancora prodotto nuovi inediti, se ascoltato con un impianto come si deve continua a brillare.
Venerdì l’Inghilterra conquista il tempio del sound teutonico a cominciare da Samuel Kerridge live tra angoscia e paranoia, cui segue un set spiazzante di Shed, il quale per una volta mette da parte il rigore ritmico marziale e il dub meccanico in favore di early rave made in Uk, come se dovesse fare l’apertura a Mark Archer, peccato però che dopo di lui ci siano due performance d’ascolto, Powell (quando sarà pronto il live?) ed Evol (il Raster Noton inutile).
Al Panoramabar, diventato invivibile con modelle e fighetti in cocaina, andiamo solo per Schackleton featuring Monolake; per la serie tutto quello che avreste voluto sapere sul basso e non avete mai osato ascoltare!
C’era molta curiosità intorno alla performance di Andy Stott e, seppure come per Kuedo non ci si sia allontanati troppo dalla scaletta del long playing, il risultato è affascinante, da ballare e sognare.
All’alba tocca ad uno dei nostri eroi preferiti, un vero prime-mover che ha dominato nei ’90: Mark Archer!
Rimasto fedele al verbo della vecchia scuola l’ex Altern-8 sconvolge il dancefloor trasformando il Berghain nell’Hacienda, da Berlino a Madchester applausi a scena aperta, tricks & scratch, e ricordi del DeeJay Time 1991.

Povera Lower Oder Ethics a dover suonare dopo di lui! Ottima selezione techno dark e post punk ma lo stacco è davvero netto!
Il sabato pomeriggio finalmente un evento al di fuori dei soliti circuiti: nella suggestiva cornice della Funkhaus Nalepastrasse a Karls Horst, ex sede della Compagnia Radiofonica della DDR, i concerti di Frank Bretschneider della Raster Noton e l’anteprima mondiale di Biosphere & The Pitch alle prese con il Subharchord, un sintetizzatore costruito in Germania Est negli anni ’60 e di cui esistono sette esemplari al mondo.

Per la notte si torna al Berghain per una furiosa dodici ore, dalle 03.00 alle 15.00.
Il benvenuto ce lo da il granitico Sigha per poi salire di livello con il live di James Ruskin che sfocia nel set degli O/V/R insieme all’amico Regis. Quattro ore di catene industriali e chiodi nella carne.
Ma chi ci ha stupito più di tutti è stato un rinato Luke Slater con il moniker Planetary Assault Systems. Una panoramica di ciò che è la techno dagli anni ’90 ad oggi, con un gusto da fuori classe impiegando vinili, cd e penne usb. Un Maestro.
L’ultima sequenza di dischi ce la regala Dj Pete aka Substance, una delle menti della Basic Channel. Il suo è un viaggio cosmico in cui si diverte a fare l’autoscontro tra gli asteroidi.
Tirando le somme questa CTM 2013 ha avuto ottimi argomenti per sostenere la supremazia berlinese, ma occorre impegnarsi molto di più affinchè la Golden Age non sia solo un qualcosa da guardare con nostalgia.

Federico Spadavecchia

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