La festa è davvero finita? Si rincorrono da un po’ di tempo, le notizie che vorrebbero il Ministry of Sound, lo storico tempio della musica dance londinese, prossimo alla chiusura. Il motivo? la speculazione edilizia che ha colpito nell’ultimo decennio gran parte della capitale del Regno Unito, spazzando via come un ciclone le aree “alternative” dove si concentrava il cuore della chiacchierata nightlife londinese, è ora arrivata alle porte del celebre club di Elephant and Castle.
La pietra del contendere è una palazzina, che nei piani dei costruttori, dovrebbe sorgere a ridosso del Ministry, con i suoi 335 appartamenti ed il peso della massiccia opera di “riqualificazione” dell’ex-ghetto non lontano da London Bridge.
Ma la questione a monte è che le antiquate normative sugli schiamazzi, comuni a tutti i paesi europei, non hanno mai realmente contemplato la presenza di aree di divertimento, limitandosi negli anni ’80, a tollerarne la presenza in zone considerate “malfamate” e di scarso interesse commerciale.
Ma le cose cambiano e allora, oggi, che il sud-est di Londra non è più terra di nessuno, le autorità rispolverano l’artiglieria legislativa usata ora come singolare strumento di pianificazione urbana. D’altronde il comune non appare in alcun modo intenzionato ad indietreggiare ed il conservatore Boris Johnson, “sindaco sceriffo” ha rifiutato persino di confrontarsi con il management del mega-club, certamente una contro-parte docile e ben accondiscendente con le autorità. Il Ministry ora lancia appelli e petizioni, cercando di mobilitare una generazione intera di clubbers anche se la battaglia appare senza storia: il sindaco ha il potere assoluto di revocare la licenza ed imporre la chiusura definitiva. E se non lo facesse il sindaco, sarebbe sufficiente la denuncia di un (futuro) abitante della “ripulita” Elephant & Castle per porre fine alle lunghissime notti del Ministry: con un solo esposto, infatti, una società che fattura diversi milioni di euro l’anno, può dire addio alla sua licenza.
La questione, aldilà del nome altisonante della “vittima” di turno, non comincia e non si esaurisce con il Ministry; d’altronde in tanti si chiedono dove fossero i boss del club fino ad oggi, dato che il braccio di ferro per “normalizzare” la vita notturna di una delle più vivaci capitali del mondo, è in atto ormai da un pezzo.
Facciamo musica non politica, dicono molti club. Bene ma allora sarà la politica a far cambiare musica. O magari a spegnerla.
Massimiliano Sfregola
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