Boxcutter “The Dissolve” (Planet Mu)

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Il dubstep è stata l’unica vera novità musicale degli ultimi dieci anni capace di lanciare nuovi stili e nomi di riferimento in grado di arrivare persino in top ten.
Certo che a guardarsi indietro di strada se ne è fatta parecchia se pensiamo alle 2 tavole della legge edite da Soul Jazz (Box of Dub vol.1 e 2), in cui la ritmica dava l’illusione di un genere lento ed il basso, culturista da competizione, faceva da palco a cantati reggaeggianti.
Ma la reale grandezza del dubstep, così come per la techno, sta sicuramente nella sua struttura aperta ad ogni influenza che rende nullo ogni tentativo di stretta codifica in un unico schema sicuro e prestabilito.
Per dirla alla Kode9 il dubstep in sè è solo un piccolo pianeta della costellazione post garage, ma il dubstep inteso nel suo significato più ampio è la culla dei mille sottogeneri che si stanno facendo spazio in consolle: wonky beats, techstep, future garage, per citare i più famosi.
Uno dei talenti più interessanti della scena è Barry Lynn noto ai più come Boxcutter. Inglese, classe 1980, appena ventenne riesce a catturare l’attenzione di una label come la Planet Mu di Mike Paradinas protagonista della cultura Rave fin dai primissimi ‘90 ed attenta osservatrice delle nuove tendenze restando sempre all’avanguardia.
Il nostro eroe lo riconosci subito con le sue atsmosfere idm ed il fare di tutto per stare fuori da ogni tentativo di catalogazione; questi sono infatti i tratti portanti dei suoi primi tre album (Oneiric, Glyphic e Arecibo Message).
Barry ha una visione d’insieme coerente ma continua, ad ogni passo successivo, ad introdurre novità interessanti.
Con The Dissolve entriamo nella sua cameretta da adolescente dedito alla psichedelia. Lunghi pomeriggi a far finta di studiare con gli amici ascoltando musica sballati sul pavimento mentre si naufraga nella luce del lampadario. Probabilmente se si fossero assunti gli acidi al posto di MDMA e ketamina oggi il dubstep sarebbe suonato così: un fluido mix di funk e disco, chitarre sintetiche ed idm.
ll passo più rilassato riporta aria nei fumosi warehouse e permette di sentire addirittura gli uccellini (quelli di Sueno Latino) e riflette la passione dell’artista verso l’house di Theo Parrish e l’hypnagogic pop (la dissolvenza del titolo è già un’ indizio cosìccome i colori scelti per la copertina).
I suoni della prima giovinezza verso cui si prova nostalgia però non sono già più quelli del rock ma quelli dell’house, conosciuti attraverso le cassettine dei compagni di scuola più grandi, distorti dalle lenti dell’Uk bass e del Sega Mega Drive.
Ora anche gli amanti del wobble bass potranno godere delle gioie degli after sotto il sole.

Federico Spadavecchia

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