Underworld “Barking” (Underworldlive.com rec.)

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Ci ero quasi cascato perchè ascoltandolo alla colonnina della solita Fnac le melodie mi erano parse spumeggianti e quel basso così stretto mi aveva dato l’illusione di una motosega. Potenza della patina Pop.
Invece una volta inserito nel lettore mp3 ed avergli dedicato tutta l’attenzione del caso Barking si rivela per quello che è: una bandiera bianca.

Gli Underworld tornano nei negozi dopo quell’Oblivion with bells che aveva convinto solo nei remix di Innervisions e Peter Heller, accompagnati da un esercito di produttori come a voler accontentare tutti i gusti ma anche come ad ammettere di non sapere dove andare a parare.

Il risultato è quindi una Techno Sarabanda in cui il massimo giubilo per l’ascoltatore sarà indovinare chi si cela dietro alle manopole di ogni pezzo perchè l’apporto del gruppo si fatica davvero a trovarlo.

L’inizio con Bird 1 è il canto delle sirene ma basta concentrarsi e non vi sono dubbi: Dubfire confeziona una veste in stile progressive house (in Uk sta tornando alla grande) che si apre con un rombo di tuono da far pensare che da un momento all’altro un colpo di cassa distruggerà il mondo, ed invece ad infrangersi sono solo i nostri sogni quando parte un ritmo blando e una chitarrina al posto della mitica Tb 303, per il resto sono tastiere anthemiche e la voce intonata di karl Hyde.

Che c’è, qualcosa dell’ultima riga non vi torna? No, no, avete letto bene Karl Hyde qui viene fatto cantare da tutti i primari come un qualsiasi emulo di Dave Gahan!!!

Sono finiti i tempi delle litanie metalliche che lo facevano apparire come uno strumento d’ipnosi collettiva manovrato da qualche cyborg alieno; qui ora c’è un uomo maturo che, quasi privo di effetti, vi chiede di battere le mani a tempo con lui.

Il termine corretto per un disco del genere è Big Room Trance: inni per i grandi festival open air estivi dove tutti trovano la carica per saltare in melodie così sdolcinate ed imponenti da risultare sì stucchevoli ma perfette per far da razzi propulsori all’MDMA.

Come volevasi dimostrare Always Loved a Film va esattamente in questa direzione grazie a Mark Knight e D. Ramirez. Replicare la perfezione armonica di Two months off resta una chimera non solo perchè la ricchezza percussiva non è nemmeno lontanamente all’altezza ma in sostanza, a redaje, proprio a causa di Hyde a sto giro erroneamente scambiato per Bernard Sumner dei New Order.

A suonare la carica ci prova Scribble in cui High Contrast (superstar della d’n’b) riporta gli Underworld sui binari giusti dei vocal e dei, seppur datati, beats. Peccato che tutto venga mandato in vacca dal solito ed invasivo synth Trance.
Hamburg Hotel è la coca cola che si bevono Appleblim e Al Tourettes mentre aspettano i ragazzi in studio: un sound liquido e frizzante ma comunque analcolico.

In Grace, dolce pop prog house, Dubfire arriva a resuscitare brandelli del Tiesto di Lethal Industry,mentre nella successiva Between Stars

Mark Knight e D. Ramirez lanciano la sfida al Maestro Paul Van Dyk per la creazione del riff perfetto.
Il Dj berlinese è però una star irraggiungibile che dai clubs è oggi passato a rappresentare l’intera musica Pop tedesca, ed infatti la sua Diamond Jigsaw è una macchina da classifica che non teme sconfitta.

Le restanti tre tracce, infine, sono al limite della noia e dell’inconsistenza.

Amavamo gli Underworld perchè a differenza di formazioni come i Prodigy erano una band Techno senza compromessi, prendere o lasciare, capace di sfondare le charts mondiali (di cui a loro nulla importava) con neppure un minuto e mezzo di melodia e altri tre di cassa durissima a 140 bpm!

Oggi, il tempo è passato e prima che all’alba i ravers tornino a casa, il duo britannico esce dalla lunga oscurità per godersi serenamente gli ultimi applausi.

Federico Spadavecchia

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