Shackleton “Three Eps” (Perlon)

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Sammy Shackleton ovvero the darkside of the dubstep, ovvero colui che ha avuto il coraggio di mandare all’aria una label di successo come la Skull Disco perchè non più in linea con la propria idea sonora.

Oggi per definire la sua dimensione, e quella del suo ex socio Appleblim, bisogna ricorrere al termine post-skulldisco rimarcando quindi con forza l’originalità che li contraddistingue (anche se seguono percorsi diversi) dagli esordi e che non può essere appiccicato ad altri pur meritevoli discendenti.

Dopo aver flirtato con diverse etichette Shackleton decide di pubblicare una raccolta di singoli inediti su Perlon, chiarendo subito che non si tratta di un album vero e proprio.

La scelta della label berlinese, che già in passato l’aveva visto protagonista con un remix all’amico/fan Ricardo Villalobos, suona come la carica definitiva del dubstep alla conquista della Terra Santa della minimal techno, con la differenza che però i conquistatori non cospargono di sale il suolo su cui cavalcano, quanto piuttosto ne assimilano la cultura e le tecniche di produzione.

Come nella minimale del Dj cileno più famoso del mondo le tracce sono lunghe suite dove, su un basso meditato e profondo, succede di tutto per dare l’ipnotica sensazione che non sia mutato nulla.

Si galleggia alla deriva sospinti da una corrente di percussioni mediorientali (da sempre marchio di fabbrica di Shackleton) e micro structures, mentre il canto delle sirene ci sibila nelle orecchie sottoforma di echi e riverberi richiamando la tradizione locale Basic Channel/Chain Reaction.

Un disco da assaporare stando seduti in poltrona in una fredda notte d’inverno coccolati dai suoi mille dettagli o da ballare con energia saltando sugli iperbassi enfatizzati dai potentissimi Funktion One. D’altronde con Sammy è così, inutile cercare di appioppargli una definizione bisogna soltanto goderselo.

Federico Spadavecchia

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