Four Tet “There is love in you” (Domino)

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C’era davvero tanta, troppa gente al Wmf Club di Alexander platz per poter saltare e ballare. L’artista era così lontano e nascosto dietro i suoi due Mac che non l’abbiamo nemmeno visto e così al posto del report di un live sul dancefloor mi trovo a scrivere la recensione di un disco ascoltato sdraiato su un divanetto.

Kieran Hebden, famoso nel mondo della musica elettronica col nome di Four Tet, mette infatti in scena il suo ultimo album di studio, “There is love in you“, roba che se non fossimo solo a febbraio potremmo definire già come disco dell’anno.

Basta un flash della strobo per far sì che la musica mi riporti indietro nel tempo, a quegli adolescenziali pomeriggi primaverili trascorsi ad inseguire con la mente le note provenienti dalla finestra aperta invece di concentrarsi sui libri di scuola. Ad un certo punto mi pare quasi di essere disteso su un prato col sole in faccia, pervaso da un piacevole senso di benessere e pace interiore.

Certo, forse sarebbe più professionale da parte mia se mi soffermassi a parlare di come Four Tet, finalmente libero dall’obbligo della ricerca forzata, sia riuscito a portare il sound neotrance teorizzato da James Holden ad un livello superiore, schiarendo l’eclissi di Burial senza comunque rinunciare ad un groove danzerino così mielosamente Pop. Come nel minimalismo di Steve Reich, la sua formula è essenziale ma al tempo stesso stratificata in cui al centro vi è una melodia dolce, trascinante ma mai invadente.

I discorsi, però, qui servono a poco, queste canzoni sono fatte per essere percepite direttamente con il cuore, sono un lungo mantra purificatore della merda che puntualmente ingoiamo ogni giorno, per le quali ogni tentativo di descriverle razionalmente è un atto di violenza verso le nostre anime già ampiamente lacerate.

Un pò come quando esci dalla discoteca col sole già alto e non ti interessa fare la critica della set appena ascoltato perchè con l’ultimo pezzo che ancora ti gira nelle orecchie tutto ti sembra più bello.

Federico Spadavecchia

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